L’acqua, un business da un miliardo e mezzo di euro

L’acqua, un business da un miliardo e mezzo di euro

L’Unica Asti fa parte di un nuovo progetto di newsletter locali, che parte da quattro province del Piemonte. Per dubbi, domande, suggerimenti puoi scriverci a info@lunica.email. Se vuoi saperne di più qui trovi la pagina principale.

Un miliardo e mezzo di euro. La partita che sta per cominciare ad Asti ha una posta altissima e riguarda un’area che comprende la provincia astigiana, con l’aggiunta di una quarantina di comuni dell’Alessandrino e poco meno di una decina nel Torinese. È il territorio dell’ATO 5 – il quinto Ambito territoriale ottimale del Piemonte – l’ente che si occupa del controllo degli acquedotti. Una montagna di soldi e l’acqua, il denaro che tutto può muovere, il bene più prezioso e sempre più raro, l’elemento che da millenni condiziona il nostro modo di vivere. In tutti i sensi: il concetto di società è nato nel Neolitico, in Cina o in quello che oggi chiamiamo Medio Oriente, sulle rive dei fiumi dove l’acqua scorreva in abbondanza. Per contro, anche la Mafia è nata dove c’erano i pozzi: chi li controllava aveva il potere in Sicilia.

Torniamo a noi: entro il 31 dicembre 2030 la legge impone la creazione di un «gestore unico» per i territori dei vari ATO sparsi in Italia. Avverrà così anche per il territorio dei 152 Comuni dell’ATO5 e l’ente dovrà bandire una gara europea per assegnare la gestione dell’acqua astigiana. Un business che vale complessivamente circa 50 milioni di euro all’anno e che dovrà essere messo a bando per altri trent’anni. Un miliardo e mezzo, appunto, attualmente diviso tra i quattro gestori degli acquedotti: “ASP” – Asti Servizi Pubblici – per la città, “Monferrato” per la parte nord-orientale della provincia, “della Piana” per quella nord-occidentale e “Valtiglione” per il Sud. Cinque, se si considera il comune di Castello d’Annone, che ancora gestisce le risorse idriche per conto suo.

Una corsa contro il tempo

Si sa, in Italia le scadenze sono fatte per essere aggirate. L’acqua degli astigiani non fa eccezione: l’idea è di ottenere entro il 2027 una concessione decennale, in modo da scavalcare la deadline del 2030. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre presentare un piano di investimenti sufficiente per sostenerlo. L’ATO potrebbe approvarlo soltanto se i vantaggi dell’utenza fossero comprovati per tutto il decennio coperto dalla nuova concessione. Se i finanziamenti non fossero all’altezza, l’ente potrebbe approvare il piano per un periodo inferiore, andando comunque a gara nel 2030.

Così, dopo anni di inattività, è tornato a riunirsi il Consiglio d’amministrazione del Consorzio SIAM – Servizi Idrici Astigiani e Monferrato – del quale formalmente fanno parte i quattro acquedotti del territorio. In sostanza una scatola vuota creata nel luglio del 2007, quando per la prima volta si cominciò a parlare di unificazione. A dire il vero, da allora qualcosa si è mosso: a novembre del 2009 gli acquedotti astigiani avevano addirittura 58 padroni diversi. Oggi i gestori saranno ancora troppi per la nuova legge, ma si contano comunque sulle dita di una mano. Di gestore unico, però, non si parla più da anni. ASP e Valtiglione sarebbero stati anche d’accordo, ma il Monferrato si è sempre messo si traverso, salvo cambiare idea negli ultimi mesi: «È una scelta obbligata. L’unica soluzione che possiamo portare avanti», dice il presidente del consorzio Aldo Quilico. «Dobbiamo arrivare ad avere un gestore che sia unico per davvero e non disperderci in interessi da cortile».

L’ASP spinge per arrivare a una soluzione nel breve periodo, per evitare i rischi legati alla gara. L’acqua sta diventando preziosa come il petrolio, e ad Asti ce n’è. Viene anche sfruttata bene: tutti e quattro gli acquedotti hanno ricevuto un premio da ARERA, l’Autorità di Regolazione di Energia Reti e Ambiente che sovrintende il mercato: all’ASP sono stati assegnati 6 milioni di euro, all’acquedotto del Monferrato 1,8 milioni, all’Acquedotto della Piana circa 830 mila euro e a quello della Valtiglione 350 mila.

Insomma, la Rete dell’Astigiano è sana, e in una gara internazionale potrebbe far gola a molti. Anche perché quella di Asti è un’«acqua di grande qualità, quasi una minerale. L’80 per cento dell’acqua prelevata dai pozzi arriva nelle case dei cittadini», dice Fabrizio Imerito, presidente di ASP. Le perdite per dispersione, infatti, sono contenute al 20 per cento del totale, contro una media di spreco nazionale che sfiora il 40 per cento.

La ricchezza dei pozzi

Ma da dove arriva tutta questa ricchezza? In località Valmaggiore, più o meno a metà strada tra Asti e Torino, ci sono 27 pozzi. A Cantarana, piccolo comune a una dozzina di chilometri dal capoluogo, se ne contano 22. Altri 5 sono a Ferrere, qualche chilometro più in là. Da questi 54 pozzi arriva l’80 per cento dell’acqua immessa nelle reti di ATO5. Il restante arriva dai pozzi di Saluggia, nel Vercellese, che da sempre forniscono l’acqua all’acquedotto del Monferrato.

Nel 2012, era stata creata una connessione tra l’acquedotto del Monferrato e le reti ASP, all’altezza di Casa dei Coppi, nei pressi di Portacomaro. Costata 18 milioni di euro – nove a carico delle finanze pubbliche e nove con un mutuo contratto da SIAM – può pompare fino a 150 litri al secondo.

La parola chiave è “diversificare”. I pozzi di Valmaggiore sono profondi e non hanno ancora risentito della siccità, ed è stata trovata acqua anche nella vicina Villafranca, dove per ora ci sono due pozzi pilota di ultima generazione. Il tempo stringe perché sia il 2030 e ancor più il 2027 sono già dietro l’angolo.

I timori per l’aumento delle bollette

Gli scenari possibili sono tre. «Il Siam riprenda a funzionare realmente e non solo per finta, il piano d’investimenti è adeguato e allora si andrà al prolungamento della concessione», spiega il presidente di ATO5 Federico Gerbi. Se non accade questo si aprirà la gara: «Vi possono partecipare tre tipi di soggetti: soggetti privati, a capitale misto o interamente pubblici».

 Il problema, nell’Astigiano, è che tre gestori sono a capitale interamente pubblico (acquedotto della Valtiglione, della Piana e del Monferrato) e uno a capitale misto (ASP, con il 45 per cento di proprietà di NOS, società privata controllata da IREN). Con le leggi in vigore, «se si costituisse una società a capitale pubblico si potrebbe arrivare alla concessione anche subito – dice Gerbi –. L’alternativa per ASP potrebbe essere liquidare il socio privato, tornare pubblica e aderire a un consorzio di stampo interamente pubblico». Iren rimarrebbe come operatore e non come gestore, un po’ come l’idraulico che aggiusta i rubinetti e non come il padrone di casa. IREN accetterà?

Su questa non semplice situazione se ne innesta un’altra. Il rapporto del centro studi IRCAF – l’Istituto per le Ricerche su Consumo, Ambiente e Formazione – pone le bollette del settore idrico dell’ASP in cima alle classifiche nazionali. L’incremento di spesa per i cittadini astigiani, tra il 2017 e il 2024, è stato del 2,88 per cento, cioè il più basso d’Italia. Seconda, dopo Asti, viene Reggio Emilia, ed è staccata di parecchio con un aumento dal 2017 del 4,93 per cento. La bolletta media di una famiglia astigiana di tre persone che consuma 150 metri cubi d’acqua all’anno è di 303,74 euro, contro una media nazionale di 392,95 euro.

In provincia le cose vanno diversamente. L’acqua in città viene pagata 1,8 euro al metro cubo. Per arrivare ai 303,74 euro di spesa media in bolletta, bisogna sommare l’11,7 per cento di spese per la fognatura, il 26 per le spese di depurazione, il 9 per cento di quote fisse, il 3,8 di quote perequative e infine aggiungere l’IVA. La base di calcolo per gli acquedotti che dovranno unirsi all’ASP per creare il Gestore Unico del servizio idrico di bacino, è molto diversa.

L’Acquedotto della Piana, che serve le aree di Villanova e del Pianalto, fa pagare l’acqua 2,2 euro al metro cubo e la bolletta per tre residenti che consumano 150 metri cubi all’anno si aggira sui 331 euro, cioè circa una trentina di euro in più che ad Asti. Nei paesi del Moncalvese, serviti dall’Acquedotto del Monferrato la tariffa, considerando gli stessi parametri, si aggira sui 450 euro (un metro cubo d’acqua viene pagato sui 3 euro). Peggio ancora nei paesi del Sud dell’Astigiano. Le stesse tre persone che ad Asti pagano poco più di 300 euro all’anno, a Nizza Monferrato o a Canelli, ne pagano circa 490. L’acquedotto della Valtiglione vende la sua acqua a 3,3 euro al metro cubo. La domanda è una sola: con l’unione dei quattro acquedotti, di quanto salirà la bolletta per gli abitanti di Asti?

Questa puntata di L’Unica Asti termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

Ti consigliamo anche:

🛣️ A Torino c’è una superstrada che fa litigare tutti (da L’Unica Torino)

🚔 Che cosa cambia con il decreto “Sicurezza” (da Pagella Politica)

🫣 La Casa Bianca ha pubblicato un rapporto sanitario con studi inesistenti e “allucinazioni” dell’intelligenza artificiale (da Facta)