A Novi Ligure lo stoccafisso convive con il cioccolato

A Novi Ligure lo stoccafisso convive con il cioccolato
Foto generica di un uomo che pulisce il pesce – Pexels

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Si possono lavorare baccalà e stoccafisso nella città del cioccolato? La risposta è un deciso sì. Lo dimostra la storia di quella che, sul proprio sito, si definisce con un ossimoro: «Una start-up con 150 anni di storia».

A Novi Ligure, città di confine fin dal suo stesso nome – capace di trarre in inganno illustri candidati alla presidenza della Regione Liguria – la tradizione dei dolciumi risale ad anni lontani, ben più antichi del «Cioccolato svizzero? No, Novi!» del tormentone pubblicitario. È il 1903 quando la Fabbrica Italiana di Confetture, Cioccolato e affini (FICC) inizia la sua quasi unica esperienza di cooperativa di produttori. Nel 1935 diventa “Novi Cioccolato”. Cinquant’anni dopo entra a far parte del gruppo Elah-Dufour-Novi della famiglia Repetto. Ancora più lunga è la storia di Pernigotti: i primi passi dell’azienda che oggi, dopo una crisi che sembrava mortale, sta vivendo un importante e coraggioso rilancio risalgono infatti al 1860.

Le radici di “Unifrigo Gadus” – la start up centenaria – affondano in quegli stessi anni di cambiamenti politici ed economici: nel 1878 Abramo Pontecorboli, un visionario imprenditore che aveva iniziato la carriera commerciando acciughe in Spagna, si traferisce a Napoli con l’idea di importare i pregiati merluzzi dei mari d’Islanda. E da lì, per quanto possa sembrare strano, comincia la storia degli stoccafissi di Novi.

Dal mare di Napoli alle colline di Novi

La vicenda che porta un’impresa che nasce sul mare, viaggia sul mare e commercia sul mare ad aprire una sede in una città che di ligure ha soltanto il nome è lunga e affascinante. Tutto nasce da una famiglia. Ai primi del Novecento la primogenita di Pontecorboli sposa Arturo Eminente, un medico napoletano che porta i figli nell’azienda dando il via a una gestione familiare che oggi è arrivata alla sesta generazione: l’ingegner Gianluca Eminente è il presidente, e il figlio Andrea l’amministratore delegato. Quest’ultimo, con L’Unica, scherza sul titolo di studio di entrambi: «Siamo un famiglia di ingegneri pescivendoli», sorride.

La storia che porta gli Eminente in Piemonte è affascinante, ma è pure anomala. Le tipiche aziende familiari italiane sono chiuse, gelose della loro identità, le collaborazioni con altre imprese che fanno lo stesso mestiere sono rare. In Piemonte addirittura rarissime.

Qui, invece, le cose vanno diversamente. Già a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo sono addirittura tre le famiglie che decidono di unire le forze per migliorare gli affari. Nell’Italia nata da poco le distanze pesano ancora sugli affari, e le alleanze possono consentire di estendere il proprio raggio d’azione. Così Pontecorboli, insediato a Napoli, avvia una collaborazione con i La Rocca di Bari e i Gismondi di Genova. La prima famiglia era un punto di riferimento per la vendita di pesce conservato nelle regioni del Centro e del Sud, celebre tra l’altro per il marchio del tonno Alco, poi ceduto a Palmera, fortissimo su mercato fino agli anni Ottanta. La seconda, invece, era specializzata da decenni nella vendita di prodotti ittici nel Nord Italia.

Negli anni Settanta, quell’accordo di collaborazione diventa una fusione e nasce la Unifrigo Gadus. La società resta in comune tra le tre famiglie fino al 2016, quando gli Eminente – anche perché sono gli unici ad avere una nuova generazione pronta a prendere le redini del business – acquisiscono l’intera proprietà. Compresa la sede di Novi, che dal 2005, su iniziativa dei Gismondi, si era affiancata a quella storica di Gricignano di Aversa, nel Casertano.

Uno stabilimento da chiudere

Se lo si cerca sulle mappe, lo stabilimento novese di Unifrigo Gadus si trova a mezza via tra lo stabilimento dell’ex-Ilva e il Museo dei campionissimi: la siderurgia e il ciclismo, gli altri due simboli della città. L’acciaio a Novi arriva nel 1912: la sede attuale risale all’inizio degli anni Sessanta. Oggi è l’incarnazione di una crisi industriale che attraversa l’intero settore, ma a lungo è stata un vanto per l’industria italiana: alla nuova inaugurazione del 1992, dopo importanti lavori di ammodernamento, che ne fecero «il più moderno impianto d’Europa», venne anche Giulio Andreotti, allora presidente del Consiglio. Il ciclismo ha più o meno gli stessi anni: il museo ricorda i fasti di Costante Girardengo – “l’omino di Novi” che tra l’altro vinse sei Milano-Sanremo tra il 1918 e il 1929 – e quelli di Fausto Coppi che, ragazzo, a Novi veniva ogni giorno in bici, da Castellania, per lavorare come garzone nella salumeria del signor Merlano.

Acquisita l’azienda, la famiglia Eminente si trova di fronte a una scelta difficile. Il sito di Gricignano può essere ampliato, e il sacrificato dovrebbe essere proprio Novi, stabilimento giovane ma in condizioni tutt’altro che buone, che avrebbe richiesto investimenti importanti.

L’idea di chiudere tutto era più che una tentazione, tanto più che la città qualche anno prima era stata protagonista di un precedente non troppo edificante per il mondo dell’ittica: la famiglia Mazzola, produttrice del tonno Maruzzella, aveva deciso di aprire uno stabilimento in città, ma aveva incontrato la netta opposizione dell’altra Novi, quella del cioccolato. Il prodotto ha delle caratteristiche che «possono essere alterate a causa della sua spiccata capacità di catturare odori e aromi estranei. Conseguentemente le esalazioni, i vapori e gli odori provenienti dalla lavorazione del tonno e del merluzzo sono suscettibili di contaminare l’aria così da compromettere la qualità e la commerciabilità stessa del cioccolato», aveva sostenuto Flavio Repetto, patron della Novi.

La guerra con Maruzzella era finita al Tribunale amministrativo regionale (TAR), senza alcun rispetto per il passato. Per ironia della storia, infatti, il fondatore dell’azienda che con i suoi odori minacciava la purezza del cioccolato “non svizzero” era Igino Mazzola, stretto collaboratore di Abramo Pontecorboli nei tempi eroici delle navi cariche di merluzzo sulla rotta Reykjavik-Napoli.

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Lo spirito di rivalsa

La prima valutazione degli Eminente fu che non ne valesse la pena, e a Novi Ligure con la missione di chiudere venne mandato Andrea, classe 1986, ingegnere gestionale, in azienda da pochissimi anni. Ma la storia italiana ha illustri precedenti di decisioni di chiusura trasformate in successo: nel 1945 Enrico Mattei ricevette l’incarico di liquidare Agip, e tutti sappiamo come andarono a finire le cose.

Raccontandosi a L’Unica, Andrea Eminente parla di «spirito di rivalsa e di affermazione». Arrivato a Novi Ligure con l’incarico di chiudere, pur prendendo atto delle (notevoli) difficoltà, dice a sé stesso: «Non battiamo in ritirata». Pure qui troviamo un altro leitmotiv dell’imprenditoria familiare italiana, dove il ricambio generazionale è spesso difficile e il mestiere di figlio di imprenditore può rivelarsi complicato.

I primi anni di Andrea a Novi non sono facili, e non sono facili le relazioni con un posto tutto da scoprire. E qui aggiungiamo un altro elemento comune del fare impresa in Italia, dove la burocrazia è complicata – per usare un eufemismo – e le stesse regole non sempre si applicano in maniera identica nei differenti territori. Eppure, se dieci anni fa Unifrigo Gadus era un’azienda che fatturava circa 20 milioni di euro, un quarto circa prodotti a Novi, oggi viaggia verso i 45 milioni di euro e il contributo novese è salito a oltre un terzo del fatturato. Come ci si è arrivati?

L’eccellenza novese

Lo stoccafisso è un prodotto fortemente territoriale, le regioni in cui lo si consuma per tradizione – con decine se non centinaia di varianti – sono sei: Marche, Campania, Calabria, Sicilia, Veneto (ma lì lo chiamano baccalà) e Liguria, con storica invasione delle terre piemontesi di confine lungo la Via del Sale.

Baccalà e stoccafisso, inoltre, sono prodotti fortemente stagionali, di nuovo per tradizione – il pesce conservato veniva consumato quando non era disponibile il pescato – e per le ricette che ne hanno fatto, specie nel Sud d’Italia, un tipico cibo delle festività, in particolare natalizie.

Il rilancio dello stabilimento di Novi, oltre agli investimenti, ha richiesto anche la necessità di differenziare, allargando la produzione ad acciughe, aringhe e sarde, e affiancando al marchio storico “Excelsior” il rilancio della linea “Scudo Genova” da destinare a consumatori più giovani, che lo possono trovare nella grande distribuzione, con sulle confezioni anche le ricette per cucinare i prodotti.

Per «vantarsi di essere un’eccellenza novese sul territorio bisogna radicarsi. Mi hanno conquistato partendo da cucina e vini, e dalla passione familiare per la montagna, che da qui è vicina», racconta Andrea. Poi è arrivata la decisione di comprare casa: «Non sono più il napoletano che ogni tanto viene a gestire lo stabilimento, a Novi vivo almeno dieci giorni ogni mese, e la casa è a disposizione dei nostri collaboratori, per favorire lo scambio tra le due sedi». Intanto si sono intensificati i contatti con le istituzioni, all’inizio non facili, e «gli ottimi rapporti con l’attuale amministrazione comunale sono per me un motivo di orgoglio».

Un futuro sostenibile

Oggi affiancano Eminente alla guida dello stabilimento di Novi quattro giovani donne, età tra i 27 e i 33 anni, e all’indice di legalità l’azienda sta affiancando la certificazione della parità di genere. Inoltre, ci lavorano due persone rifugiate di guerra originarie dell’Africa, a cui è stato messo a disposizione un alloggio. In vista del bilancio di sostenibilità, che verrà predisposto con l’Università Parthenope di Napoli, tutta la filiera viene controllata, dalla pesca certificata da un’organizzazione non profit indipendente che lavora per salvaguardare l’oceano (Marine Stewardship Council) agli imballaggi leggeri e flessibili, più facili da smaltire ma pure da produrre e trasportare, riducendo le emissioni di CO2.

Con l’obiettivo di diventare in futuro una società benefit, cioè un’impresa che vuole generare un impatto positivo sulla società e sull’ambiente, adottando pratiche sostenibili e trasparenti.

Questa puntata di L’Unica Alessandria termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

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