Da La Paz ad Alba, il calcio per i bambini come scuola di cittadinanza

Da La Paz ad Alba, il calcio per i bambini come scuola di cittadinanza
Foto: Unsplash

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Il campo di calcio di Cristo Re, ad Alba, va oltre la sua funzione di semplice rettangolo di erba sintetica. È un presidio sociale, uno spazio di incontro e di memoria, un crocevia in cui si intrecciano storie e vite differenti. Qui lo sport si trasforma in laboratorio di cittadinanza: è la casa della scuola calcio popolare gratuita promossa dall’associazione albese APEA e rivolta ai bambini delle scuole elementari.

A guidare questa esperienza è Stefano Salomone, presidente di APEA. L’Unica lo ha incontrato in un pomeriggio di allenamenti, per ascoltare la storia di un progetto che nasce dall’idea di mettere lo sport al servizio della comunità.

Il progetto della scuola calcio popolare

Per Salomone la gratuità non è solo una scelta pratica, ma un principio fondante. «Il calcio qui non è soltanto sport, è occasione di formazione. Non vogliamo solo far giocare a pallone, ma offrire ai bambini uno spazio libero», ha detto. L’accesso gratuito è al centro dell’esperienza di APEA: non un semplice criterio organizzativo, ma una dichiarazione di intenti. Lo sport non deve essere un privilegio. Significa abbattere barriere economiche e costruire spazi di uguaglianza. Significa educare i giovani a prendersi cura degli altri e del proprio quartiere. «Oggi trovare spazi gratuiti è difficile: se vuoi che tuo figlio provi a giocare a calcio ti può costare dai 200 ai 400 euro, e non tutte le famiglie se lo possono permettere. Noi vogliamo offrire un’alternativa. Il calcio diventa un’occasione di aggregazione, inclusione e crescita, perché insegna regole e rispetto reciproco».

Questa filosofia nasce dall’esperienza di APEA, acronimo che sta per “Acción por una educación activa”, realtà che dal 2011 intreccia sport, educazione e impegno sociale. Il nome in spagnolo ricorda le radici internazionali dell’associazione: se Cristo Re è la casa principale della scuola calcio, il suo cuore pulsa in Bolivia, dove l’albese Francesco Foglino (per tutti Checco), scomparso prematuramente nel 2022 all’età di 51 anni, aveva fondato una scuola calcio nei quartieri di La Paz.

La storia è iniziata proprio lì, tra le alture della capitale boliviana. Era partito per un periodo di servizio civile con una ONG tedesca, impegnata in progetti di cooperazione allo sviluppo. Quell’esperienza, nata come un’occasione temporanea, si è trasformata presto in una vocazione. A La Paz, Foglino ha scoperto una dimensione umana e sociale che lo ha affascinato profondamente: il valore delle relazioni, la forza delle comunità che, pur tra mille difficoltà, riescono a costruire solidarietà e speranza. Dopo un’esperienza progettuale a Cuba – dove si era occupato di allevamento di maiali – ha sentito che il suo cammino non poteva che riportarlo in Bolivia.

Così è tornato nel Paese che lo aveva conquistato e ha cominciato a lavorare a un progetto educativo e aggregativo, in cui lo sport rappresentava il filo conduttore. Nelle periferie di La Paz, ha fondato l’associazione APEA e ha costruito una rete di attività che coinvolge ancora oggi bambine, bambini, adolescenti e persone con disabilità. La sua idea era semplice e rivoluzionaria insieme: usare il calcio come strumento di crescita, di emancipazione e di coesione sociale. Il pallone era un pretesto per parlare di diritti, uguaglianza e partecipazione; il campo, uno spazio libero in cui imparare il rispetto, la collaborazione, l’ascolto. È in questa visione, nata tra le montagne andine, che affondano le radici della scuola popolare di Alba.

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La Paz chiama Alba

Dopo la scomparsa di Checco, la scuola di La Paz è andata avanti sotto la guida di sua moglie Maya, sostenuta dai fondi raccolti con le cene organizzate ad Alba. Ma è proprio dopo la scomparsa di Checco che è nata l’idea di portare avanti la sua eredità nel paese natale, dando vita a una scuola calcio popolare fondata sulla stessa filosofia. Circa tre anni fa, la prima esperienza è nata in collaborazione con il campo sportivo di Cristo Re: pomeriggi dedicati agli studenti delle medie in uno spazio poco utilizzato della parrocchia, dove i ragazzi potevano giocare gratuitamente. «Da quell’esperienza è emersa una domanda: perché non creare una scuola calcio popolare, gratuita e aperta, partendo dai bambini delle elementari?», ha raccontato Salomone a L’Unica.

Cristo Re è uno spazio messo a disposizione senza costi per l’associazione. «C’è un buon rapporto con la parrocchia: credono in questo progetto e ci supportano. È una prosecuzione dell’idea di aggregazione che una volta animava il luogo: un tempo la parrocchia era un punto di ritrovo naturale per la comunità, un posto dove le persone si incontravano, si scambiavano esperienze, organizzavano attività. Oggi molti spazi di questo tipo sono chiusi o poco utilizzati, e il senso di comunità rischia di affievolirsi. Noi vogliamo restituire a Cristo Re questa funzione, trasformandolo in un punto vivo, aperto e accessibile a tutti, dove lo sport diventa occasione di incontro e crescita collettiva», ha detto ancora il presidente di APEA.

Così è nato un piccolo progetto, che è stato presentato al Comune e alla Fondazione CRC (Cassa di risparmio di Cuneo), la quale ha finanziato una parte dell’iniziativa. Anche il Comune ha contribuito e si spera che possa continuare a farlo. Grazie alla collaborazione di tre allenatori – Sadi, Andrea e Roberto – che ricevono un rimborso spese, quest’anno è stata inaugurata la scuola calcio dedicata ai bambini.

Un progetto per il futuro

«Ora abbiamo due allenamenti alla settimana», ha raccontato ancora Salomone. Nelle prossime settimane si prevedono anche attività per le medie, in collaborazione con il CAM di Alba, il Centro di attività per minori, un servizio pomeridiano extra-scolastico finalizzato alla prevenzione e al superamento di situazioni di disagio socio-familiare o a rischio di emarginazione sociale. «Abbiamo chiesto un incontro con il Comune per strutturare questo progetto in maniera continuativa e magari aprirlo anche ad altri sport: pallavolo, basket, eccetera. Qui gli spazi si prestano a diverse attività. Ma servono più risorse: vogliamo stampare le magliette, aprire a più pomeriggi. Noi ci crediamo molto e vogliamo che diventi qualcosa di duraturo, non un’iniziativa sporadica».

«Pensiamo che ci sia bisogno di spazi liberi e progettati», ha concluso Salomone guardando i 24 bambini che giocano ascoltando i consigli dell’allenatore. «Lo sport è un’occasione di incontro, socializzazione e inclusione, e vogliamo che Alba abbia un posto del genere. Il calcio diventa un linguaggio universale: qui ci sono più di venti bambini di provenienze diverse che giocano insieme. È proprio questo che ci motiva: creare un luogo dove chiunque possa sentirsi parte di una comunità».

Insomma, in un’epoca in cui il tessuto sociale delle città rischia di sgretolarsi sotto il peso di esclusione e indifferenza, esperienze come quella di Cristo Re mostrano una via diversa. Una via in cui lo sport diventa motore di coesione sociale e di educazione alla cittadinanza.

Questa puntata di L’Unica Cuneo termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

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