L’enogastronomia non basta più. Alba vuole aprirsi all’arte
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Il progetto è sotto gli occhi di tutti, e tra una settimana – il 16 ottobre – potrà dare i suoi frutti. Alba vuole imporsi all’attenzione non soltanto per la qualità dei suoi vini, per l’eccellenza dei tartufi (di cui celebra proprio in questi giorni l’unicità con la sua Fiera internazionale) e in generale per la sua enogastronomia, in molti casi stellata. Vuole altro. Perché manca ancora qualcosa a suggello di un modello di crescita che fin qui ha già raggiunto molti traguardi e che è partito dalla famigerata malora raccontata da Beppe Fenoglio. Quella condizione di povertà assoluta si è trasformata ai giorni nostri in una realtà di benessere diffuso. Sono pochi i territori che hanno conosciuto un’evoluzione come quella che ha contraddistinto le Langhe nel giro di pochi decenni. Le colline oggi protette dal patrimonio Unesco, un tempo panorama desolato e grigio, sono diventate simbolo di ricchezza e di imprenditorialità, con l’esempio principe della Ferrero e dei tanti produttori di vino pregiato. Le Langhe sono diventate anche un centro d’attrazione turistica per un numero crescente di visitatori “altospendenti”, in arrivo da tutto il mondo.
Per completare il piatto manca un ingrediente. Perché se è vero che assaporare un Barolo o un Barbaresco assieme ai tajarin al tartufo rappresenta un po’ un atto culturale e non solo fisiologico, allora serve rendere più solida la narrazione di questo contesto, c’è bisogno di allargare l’offerta. Anche qui, non c’è da inventare nulla, ma c’è molto da valorizzare.
Gli amministratori locali lo sanno bene. Non a caso nel 2023 fu presentata la candidatura a capitale italiana della cultura 2026 unendo il territorio all’insegna del brand “Alba Bra Langhe Roero”. Il progetto era ambizioso e strutturato, puntava già a una nuova consapevolezza, ma poi la scelta cadde su L’Aquila, un incentivo alla ricostruzione di una città martoriata dal terremoto. Messa da parte quell’idea, nel Basso Piemonte è maturata nel frattempo una nuova visione e, di conseguenza, una nuova candidatura: quella a capitale italiana dell’arte contemporanea 2027. Il 16 ottobre il progetto, insieme a quello delle città concorrenti, sarà presentato al Ministero della Cultura.
Le carte in tavola
Non si tratta di un’idea campata in aria. Il dossier creato per sostenere Alba e le Langhe si intitola “Le fabbriche del vento” ed è un omaggio a due tele dell’albese Pinot Gallizio, pionere dell’arte industriale e figura simbolica della sperimentazione locale. Il suo forte legame con Alba promette di trasformare l’evento legato alla candidatura in una realtà stabile.
La volontà è chiara: fare dell’intero territorio Langhe-Roero-Monferrato un laboratorio culturale diffuso, capace di generare relazioni tra centri, periferie, imprese e comunità. Il progetto è promosso dal Comune d’intesa con un comitato guidato da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, dal sindaco Alberto Gatto e dal curatore Nicolas Ballario. «Questa candidatura è un progetto culturale radicato, condiviso e concreto. Non vogliamo momenti isolati, ma una rigenerazione profonda, sociale e culturale, in dialogo con la comunità, il paesaggio e la memoria – ha dichiarato in occasione della conferenza di presentazione, a cui L’Unica era presente, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo –. L’arte contemporanea deve diventare parte della vita quotidiana». Dal canto suo, il sindaco Gatto ha affermato: «Vogliamo che Alba diventi un laboratorio culturale diffuso, capace di mettere in relazione centro e periferia, arte e impresa, tradizione e futuro». E l’assessora alla Cultura albese Caterina Pasini ha aggiunto: «Alba non sarà una capitale isolata, ma un motore di relazioni, produzione artistica, educazione e accessibilità».
Il modello è quello di una “capitale diffusa”, già ipotizzato in occasione della precedente esperienza come capitale della cultura. La nuova candidatura nel campo dell’arte contemporanea coinvolge anche Bra, Neviglie, Guarene, Roero, Monferrato e l’Alta Langa. È quindi un sistema reticolare che fa del limite amministrativo un’opportunità di contaminazione culturale.
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Una Biennale per andare oltre l’enogastronomia
Al centro dell’operazione ci sarà la “Biennale delle Langhe”, la cui prima edizione è pensata per il 2027. Si prevedono progetti espositivi, residenze, interventi di arte pubblica, open call per giovani artisti, collaborazioni con musei, gallerie e iniziative in ospedali, scuole, campagne. Coinvolgerà artisti di fama internazionale come Maurizio Cattelan, Marinella Senatore, Francesco Vezzoli, Chiara Camoni, Masbedo, Diego Marcon e molti altri. Tra le mostre già annunciate, una retrospettiva su Pinot Gallizio e un’altra dedicata a Roberto Longhi, storico dell’arte albese che fu capace di portare all’evidenza della critica il grande talento del Caravaggio.
Sono tanti e significativi i tasselli che Alba può utilizzare per comporre il suo mosaico. Prima di tutto si può dare un seguito all’attività promozionale svolta in questi anni da realtà come la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Guarene ma anche dalla Fondazione Ferrero che ospita negli spazi adiacenti all’azienda dolciaria mostre di artisti come quella dell’albese Valerio Berruti. Recentemente è stato protagonista proprio in Fondazione della personale dal titolo “More than kids”. Nell’esposizione sono confluiti affreschi, sculture e video-animazioni: un’indagine poetica che ha attraversato l’infanzia come scena originaria e si è confrontata per la prima volta con i paesaggi delle Langhe. La mostra è stata curata da Nicolas Ballario e Arturo Galansino, anticipando opere che sono state in seguito presentate al palazzo Reale di Milano nell’esposizione che resta aperta fino al prossimo 2 novembre, tra sculture monumentali, installazioni, video e una “giostra” dove salire, offrendo un racconto che spazia dall’infanzia ai temi universali dell’identità e del cambiamento.
L’uomo simbolo del progetto
Berruti è un artista internazionale con le radici ben piantate nelle Langhe. Suo è il simbolo della città, una gigantesca silhouette in acciaio di una bambina: «Alba è il nome della mia città, una città in cui ho scelto fortissimamente di vivere oltre ad aver avuto la fortuna di esserci nato», ha detto in un’intervista a Quid Magazine. «Ma “Alba” è anche il nome della scultura che identifica piazza Michele Ferrero e che ricorda un grandissimo uomo che ha dato amore, lavoro alla nostra terra insegnandoci in prima persona cosa significhi essere fortunati e orgogliosi di essere nati qui».
Il successo internazionale di Berruti è evidente: nel 2022 il magazine Artribune lo ha riconosciuto come migliore artista italiano, grazie alla scultura “Alba” e al progetto video-animato “La giostra di Nina”. Nel 2024, con una mostra personale presso il “Teagan Space” di Youyi Bay, nel distretto di Pechino, è diventato il primo artista occidentale esposto in quell’ambito.
La presenza di Berruti rafforza il profilo culturale di Alba come centro contemporaneo autorevole, capace di esprimersi sia localmente sia sulla scena globale. Con lui, il progetto “Le fabbriche del vento” non resta isolato in una promessa, ma dialoga con le pratiche artistiche effettive in corso. Ma il panorama è ampio, non finisce qui. Ci sono anche voci autonome e fuori dai circuiti convenzionali: tra queste il collettivo Aganahuei, prototipo di arte industriale che sperimenta strade fuori dal solco della tradizione. Il fondatore Pietro De Carolis – che ha attraversato i confini tra comunicazione visiva, sperimentazione grafica e, appunto, arte industriale – ha spiegato a L’Unica il suo percorso di formazione imprenditoriale (iniziò vendendo spazi pubblicitari) ispirato da una struttura innovativa vista a Milano: il “cubo”, sistema metallico per affissioni. Ottenne la concessione per Piemonte e Valle d’Aosta e cominciò a diversificare, curando grafica e strutture, fino all’incontro con il pittore Bruno Sacchetto: «Creammo la prima comunicazione per la fiera del Tartufo disegnando un rettangolo bianco dentro un rettangolo nero. Niente manifesto. Fu una svolta». E a proposito del suo lavoro, ha raccontato che le opere «hanno una forma che trasmette sensazioni, vivono nell’assenza di decorazione. Perché l’arte non chiede di essere spiegata, chiede di essere vissuta».
Un potenziale «enorme», ma senza continuità
In sintesi, è questo il concetto che la candidatura albese vuole realizzare. La data del 16 ottobre 2025 è già segnata sui calendari: quel giorno è prevista l’audizione ufficiale davanti al Ministero della Cultura per le città candidate. Alba è fra le quattro finaliste per il titolo 2027 insieme a Foligno-Spoleto, Pietrasanta e Termoli. Lo step finale sarà decisivo, ma il messaggio che emerge è già forte: il vento dell’arte ad Alba non è un soffio effimero, ma un motore di lungo periodo.
Contattata da L’Unica, la direttrice della GAM (la Galleria d’Arte Moderna di Torino), la monregalese Chiara Bertola, a proposito del potenziale di un territorio esteso come il Cuneese anche nel campo dell’arte, ha detto: «È enorme, ma ancora poco sviluppato. Ho visto tentativi interessanti, come il “Germinale Monferrato Art Fest”, ma fin qui è mancata una vera continuità. In Toscana negli anni Novanta, con “Arte all’Arte” a San Gimignano, è stato fatto un lavoro bellissimo: gli artisti vivevano nei borghi, creavano opere site-specific. Era un’esperienza profonda. In provincia di Cuneo ci sarebbero le condizioni ideali per replicarlo e andare oltre: piccoli paesi, bellezze naturali, eccellenze. Ma manca la tradizione. Bisogna seminare, costruire nel tempo. Non accade tutto da un giorno all’altro». La candidatura di Alba e delle Langhe come capitale dell’arte contemporanea 2027 va esattamente in quella direzione.
Questa puntata di L’Unica Cuneo termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.
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