Anche Cuneo vuole una fiera internazionale, come Alba

Anche Cuneo vuole una fiera internazionale, come Alba
Foto: Archivio fotografico dell’ATL del Cuneese

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La rivalità tra Cuneo e Alba non affonda le radici nella storia. È un sentimento recente, stimolato nel corso degli ultimi decenni dalla crescita esponenziale della “Capitale delle Langhe” e dal suo acquisito ruolo turistico ed economico rispetto a quello meramente istituzionale del capoluogo. In ogni caso non è del tutto paragonabile a quanto accade in altri territori, dove la competizione tra vicini di casa si esprime apertamente e fa leva su tradizioni antiche. Qui piuttosto si può affermare che i risultati ottenuti da Alba (tra l’altro, appena nominata “Capitale italiana dell’arte contemporanea 2027”) possono rappresentare uno stimolo per spingere Cuneo verso nuovi traguardi.

Il potenziale per farlo c’è. Prendiamo la “Fiera nazionale del marrone”: un paragone con la kermesse albese del tartufo, che da anni ha assunto una dimensione internazionale, può sembrare azzardato, visto che la fiera di Alba si ripete dal 1929 e quella cuneese ha appena mandato in archivio l’edizione numero 26. Eppure sul “marrone” – una castagna coltivata più grande e dolce di quelle selvatiche –  Cuneo ha intenzione di investire. Partendo da un’acquisizione formale che può avere però grande impatto: lo status di “fiera internazionale”.

Primo obiettivo: diventare “internazionali”

Un primo ed efficace endorsement è arrivato dal New York Times, che in un articolo di settembre ha inserito la fiera cuneese tra i «sette più incantevoli festival di prodotti autunnali in Europa». Così le castagne cuneesi si sono ritrovate accanto – tra gli altri – alle aringhe del baltico celebrate ad Helsinki, al peperoncino rosso di Espellette, un paesino di lingua basca sui Pirenei francesi, ai pistacchi dell’isola greca di Aegina, ai tartufi bianchi dell’Istria (e qui si può immaginare il giustificato malumore degli albesi). Abbastanza per legittimare le aspirazioni di una manifestazione che, dopo un paio di edizioni embrionali negli anni Trenta, è ripartita nel 1999 cogliendo da subito un successo inaspettato, tanto da stupire gli stessi addetti ai lavori. Scriveva su La Stampa Gianni Vercellotti, storico presidente dell’ATL, l’Agenzia turistica locale di Cuneo: «La cosa più sorprendente è stato l’impegno dello istituzioni, per una volta pronte a scommettere, e scommettere grosso: pensate a quale coalizione avrebbero messo insieme pessimisti, critici, bugianen e oppositori politici o ditemi voi se non c’è voluto coraggio, ottimismo e fiducia nel promuovere e organizzare tutto quanto. La risposta è venuta, finalmente, da fuori mura: tutti i media nazionali, ma anche il gran pubblico da ogni dove hanno sottolineato che Cuneo può diventare una meta purché trovi prodotti giusti. E la castagna lo è».

Nel 2005, la manifestazione cuneese ha ottenuto lo status di “fiera regionale”. Nel 2009 è diventata “nazionale”. Ora siamo di fronte all’ultimo passo, ma che cosa manca per diventare ufficialmente “internazionali”? Ci sono regole da seguire e risultati da ottenere, indicati minuziosamente sulla Gazzetta Ufficiale. Per ottenere il riconoscimento sono necessari tre requisiti: «a) la presenza di almeno il 15 per cento di espositori esteri, diretti o rappresentati, provenienti da almeno dieci Paesi esteri o, alternativamente, provenienti da almeno cinque Paesi esteri extra Unione europea sul totale degli espositori; b) l’affluenza, in precedenti edizioni, di almeno l’8 per cento di visitatori di nazionalità estera sul totale dei visitatori; c) l’affluenza, in precedenti edizioni, di almeno il 4 per cento di visitatori di nazionalità di Paesi extra Unione europea sul totale dei visitatori».

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Un traguardo possibile

Tre passaggi che sembrano alla portata di Cuneo, considerando la crescita degli ultimi anni nel corso dei quali la “Fiera del marrone” ha puntato al rilancio dell’intero territorio, partendo dal legame con le montagne che è stato certificato a Cuneo nel 2024 con l’attribuzione del titolo di “Città alpina dell’anno”. La fiera è diventata vetrina di eccellenze locali, dei prodotti della terra e delle più antiche tradizioni montane. Oltre alla valorizzazione della filiera del castagno da frutto e da legno, la manifestazione ha dato risalto all’intero comparto enogastronomico che ruota attorno al marrone. Tutto questo con il contorno di proposte culturali, mostre, visite ai beni artistici e paesaggistici e proposte turistiche.

«In tre giorni riusciamo a condensare il meglio delle nostre eccellenze, dalle imprese artigiane alle realtà agricole e commerciali», ha detto il presidente della Camera di commercio di Cuneo, Luca Crosetto. «È un racconto vivo del territorio, che unisce la tradizione alla capacità di innovarsi».

I numeri e le presenze raccontano di una fiera solida: migliaia di visitatori ogni giorno (le stime dell’ultima edizione parlano di oltre 200 mila visitatori), momenti di alta frequentazione serale, ma soprattutto contatti concreti tra espositori e clienti. Per gli artigiani e i produttori la tre giorni non è stata solo vetrina estemporanea: molti segnalano contatti con buyer e potenziali clienti stranieri, un primo segnale che l’ambizione “internazionale” può fondarsi su scambi reali. Perché la vera internazionalità della fiera – ripetono organizzatori e istituzioni – è una rete di relazioni, espositori esteri, comunicazione in più lingue, progetti di cooperazione e programmi di sostenibilità condivisi.

«Il valore profondo da preservare sono le radici del territorio», ha detto a L’Unica Sara Tomatis, assessora alle Manifestazioni e al Turismo. «Ma la Fiera del marrone non può prescindere oggi da tematiche legate alla sostenibilità ambientale, economica e all’innovazione nel territorio». Tomatis ha sottolineato la soddisfazione per la risonanza internazionale. Ma l’attenzione mediatica non basta, servono progetti e connessioni reali. «Non a caso – ha aggiunto Tomatis in un’intervista a La Stampa – abbiamo prestato particolare attenzione a creare sinergie con le altre eccellenze enogastronomiche del territorio e, grazie ai tanti convegni [...] sarà il contesto ideale in cui interrogarsi sul presente e sul futuro della castanicoltura».

Coldiretti Cuneo, per voce del presidente Enrico Nada, ha spiegato a L’Unica che «la Fiera del marrone è per noi un momento prezioso di incontro con i cittadini, in cui possiamo raccontare la bellezza del cibo vero, del lavoro agricolo e della filiera corta», evidenziando come l’evento sia anche occasione per parlare di innovazione agricola, ricambio generazionale e sostenibilità.

Foto: Archivio fotografico dell’ATL del Cuneese

Le cose da fare

Se anche nel 2025 la fiera si è confermata una festa popolare e partecipata, la sfida per trasformarla in un appuntamento davvero internazionale resta aperta. Alcuni ambiti richiedono un lavoro strutturato: più espositori esteri, promozione multilingue più capillare, una reception per gli acquirenti internazionali, il miglioramento della segnaletica e dell’accoglienza turistica in lingue straniere, la definizione di pacchetti turistici integrati che convincano il visitatore a restare e visitare le valli. Ma anche la partecipazione a eventi specialistici come l’“International Chestnut Symposium”, il congresso biennale sui castagni che nel 2027 si svolgerà a Torino ma che ospiterà alcuni eventi nel Centro regionale di castanicoltura di Chiusa Pesio.

C’è poi un dato più profondo: quello che un tempo era il “pane dei poveri”, è diventato un simbolo di valorizzazione territoriale. La Castagna Cuneo ha ottenuto il riconoscimento IGP (Indicazione geografica protetta) nel 2019, con la definizione di un disciplinare che indica le aree di produzione.

I castagneti, spesso trascurati nel dopoguerra, sono tornati all’attenzione come presidio ambientale, fonte di biodiversità e materia prima d’eccellenza. Il lavoro di innesti, di cura dei terreni, di formazione di nuove figure professionali nella filiera è già in corso; la fiera, in questo senso, è uno specchio utile: racconta il prodotto ma deve diventare anche cassa di risonanza per il modello produttivo che lo sorregge.

Infine, c’è la comunità: la fiera ha chiamato a raccolta associazioni, scuole, volontari, ristoratori e produttori. Questa rete ha trasformato Cuneo in una città che lavora insieme per valorizzare l’autunno come esperienza. Dalla musica alle mostre, dai laboratori per i bambini agli abbinamenti gourmet tra marrone e tartufo, l’evento ha mostrato quanto il capitale sociale del territorio sia ancora la leva più forte per raccogliere nuove sfide.

Il bilancio, dunque, è positivo ma non celebrativo: il riconoscimento internazionale c’è, la partecipazione anche, le idee pure; ora bisogna definire e organizzare i passi successivi. Se Cuneo saprà mettere in campo strategie di promozione estera, filiere più robuste e servizi adeguati per i visitatori internazionali, la “Fiera nazionale del marrone” potrà davvero giocarsi una carta importante nel calendario europeo degli eventi del gusto. Non in concorrenza, ma di pari passo con Alba e la sua attrazione internazionale già riconosciuta, legata al tartufo. Perché spesso è dalla rivalità che nascono le storie di successo.

Questa puntata di L’Unica Cuneo termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

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