Il Polo cavouriano potrebbe essere un punto di riferimento per l’Italia, ma è poco valorizzato

Il Polo cavouriano potrebbe essere un punto di riferimento per l’Italia, ma è poco valorizzato
Foto: Polo cavouriano

Alessandria si racconta

Il 18 novembre si terrà il primo evento dal vivo de L’Unica: una serata dedicata alle storie della città di Alessandria, con il responsabile editoriale Guido Tiberga in dialogo con il professore di Storia del pensiero politico Giorgio Barberis.

📍 Ore 18 – LaRisto, Ristorazione Sociale (Viale Milite Ignoto 1/a, Alessandria)
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«Una serie televisiva sarebbe lo strumento più efficace per raccontare e far conoscere la figura di Camillo Benso di Cavour davvero a tutti». Marco Boglione, il fondatore di “BasicNet” – l’azienda che ha reso celebri marchi come “Robe di Kappa” e “Jesus Jeans” – ha parlato con L’Unica nel suo ruolo di presidente della Fondazione dedicata allo statista piemontese. Da buon imprenditore creativo, Boglione accarezza l’idea della fiction e ne coltiva altre, come quella di poter presto alzare a Santena, in quella che fu la residenza di Cavour e che ora ospita la sua tomba, la bandiera tricolore più grande d’Italia.

«Santena è uno dei quattro luoghi “cari alla Patria”. Gli altri sono Pisa dove morì Mazzini, Caprera dove fu sepolto Garibaldi e Roma dove sono custodite le spoglie di Vittorio Emanuele II», ha spiegato Boglione. «Simbolicamente l’asta dove sventolerà il tricolore sarà alta poco meno di 51 metri, l’età di Cavour quando morì: tutti i giorni salirà con il sole e scenderà al tramonto, con un picchetto militare, proprio davanti alla camera da letto dove Cavour pensò l’Italia unita». In questo modo, ha detto ancora Boglione, la Fondazione Cavour otterrebbe anche formalmente il riconoscimento del ruolo nazionale che le spetta, diventando in pratica «il comitato promotore permanente del valore dell’Unità d’Italia. Per dire ai giovani italiani che l’unità nazionale è il valore più grande che abbiamo».

Nel tempo in cui l’Italia fatica a ritrovare una narrazione condivisa della propria identità, tra polarizzazioni politiche e un generale smarrimento culturale, Santena potrebbe diventare un luogo simbolo del nostro Paese. Qui, alle porte di Torino, sorge il Polo cavouriano che ospita il rinnovato Memoriale Cavour, la tomba monumentale, un parco paesaggistico di 16 ettari all’inglese progettato nel XIX secolo dall’architetto paesaggista Xavier Kurten (nato in Germania e morto a Racconigi), le scuderie, la torre, la sala diplomatica. C’è anche l’antica Cascina nuova, destinata a diventare un centro di formazione e ricerca, ovvero il “Campus Cavour”, un centro che ospiterà gli studenti delle università piemontesi per gli approfondimenti didattici sul Risorgimento con corsi, conferenze, seminari. Ma anche con spazi condivisi per la comunità, aperti alle istituzioni del territorio come luogo per incontri e convegni. Il progetto, firmato dall’architetto Armando Baietto, è pronto.

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Una realtà poco conosciuta

Il Polo è una realtà con un potenziale enorme, ma ancora poco sfruttato e valorizzato. Le difficoltà le conosce bene il direttore della Fondazione Camillo Cavour, Marco Fasano, che da anni cerca di invertire questa tendenza. «In Piemonte ci sono cinque monumenti nazionali e due sono dedicati a Cavour», ha detto a L’Unica. Uno di questi è proprio la tomba di famiglia, qui a Santena, oltre al Memoriale realizzato grazie alla struttura di missione della Presidenza del Consiglio dei ministri. «È un luogo dello Stato. Eppure, la sua notorietà è ancora marginale. Ogni 17 marzo il prefetto di Torino è a Santena, in rappresentanza dello Stato, per ricordare l’importanza di questo luogo. Dobbiamo ripartire da qui, facendo opera di valorizzazione».

Il sito attualmente registra circa 8.500 visitatori l’anno, una cifra che potrebbe crescere considerevolmente, tenendo anche conto del fatto che soltanto il 10 per cento dei visitatori sono studenti. «Abbiamo bisogno che questo luogo sia frequentato soprattutto dalle scuole. È incredibile che non vengano qui. Riceviamo visite da qualche scuola locale, ma pochissime da fuori regione. Abbiamo invitato anche i docenti: venite a vedere cosa abbiamo, cosa possiamo raccontare ai ragazzi», ha detto ancora Fasano. «Ma spesso le scuole preferiscono organizzare gite all’estero. Nulla contro la Grecia o altre destinazioni, ovviamente, ma se i ragazzi non conoscono il luogo dove è cresciuto l’ispiratore dell’Italia unita, è un problema culturale, educativo, istituzionale. Spesso si sente parlare dei programmi ministeriali che costringono gli insegnanti a passare velocemente in rassegna fasi storiche che invece sarebbero fondamentali nella formazione di ogni studente, come il Risorgimento. Noi possiamo dare un contributo in questo senso alle scuole che vengono qui, un approccio coinvolgente per raccontare la fase risorgimentale, almeno dal 1848 in poi, sarebbe una bella occasione».

Fasano, da anni, rivendica il ruolo storico e culturale della struttura. «Attraverso i legami della famiglia Cavour, raccontiamo l’evoluzione storica del Paese. Chi viene qui, ad esempio, scopre la storia di Francesco Cirio, contemporaneo di Cavour, partito da Asti per andare a Napoli, dove ha fondato quella che sarebbe diventata l’industria conserviera che porta il suo nome. Qui, ricordando le origini ginevrine di Adèle de Sellon, madre di Camillo, parliamo di Henry Dunant, il fondatore della Croce Rossa. Oppure degli eredi dello zio materno Jean Jacques che, donando centodieci ettari di terra alla città di Ginevra, permisero la costruzione della sede di quella che sarebbe diventata la Società delle nazioni».

Nelle visite guidate si parte dal periodo tardo medievale, «quando gli antenati del Conte erano commercianti e facevano tingere il fustagno prodotto a Chieri con il gualdo, la sostanza che dava al tessuto un caratteristico colore blu», ha raccontato Fasano. «Il fustagno veniva poi commercializzato partendo dal porto di Genova diventando il blu de Gênes antesignano dei blue jeans. Ai chieresi che vengono in visita chiediamo: ma voi sapete perché il quartiere Gialdo si chiama così e perché esiste via della Gualderia? Non lo sa quasi nessuno. Arriviamo al 1982 quando muore l’ultima erede dinastica dei Cavour, la marchesa Margherita Pallavicino Mossi».

Foto: Polo cavouriano

Le richieste della Fondazione

Quella che manca, spiegano dalla Fondazione, è una rete tra enti locali, fondazioni, ministeri, comunità educanti. «La nostra attività non può limitarsi alla gestione di una tomba o alla conservazione di archivi», ha detto ancora Boglione. «Dobbiamo testimoniare, ogni giorno, il valore dell’unità nazionale, e farlo attraverso cultura, scuola, musica, eventi, premi. Dobbiamo parlare ai giovani». Un lavoro che già viene portato avanti dalla Fondazione: in questi anni è stato completamente rinnovato il Memoriale Cavour, allestito in un edificio settecentesco progettato dall’architetto Francesco Gallo e inaugurato il 17 marzo 2021 (sempre nel giorno dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera).

Quello di Santena non è un museo classico. È un luogo immersivo, pensato per far sentire il visitatore “a casa di Cavour”. Le stanze parlano, raccontano aneddoti familiari, storie politiche, dettagli umani. Sembra di ascoltare le voci della zia, della nonna, dei fratelli. Si entra nel mondo dell’uomo, prima che del politico. È un modo per avvicinare la storia, per renderla accessibile, emozionante, vera. Sono state riattivate anche le antiche scuderie, oggi sede dell’Archivio storico, della Biblioteca Visconti Venosta e degli uffici della Fondazione. La Torre, la Sala diplomatica e la Cascina nuova completano un complesso che, a pieno regime, potrebbe diventare un punto di riferimento per l’intera nazione. Ma non bastano i restauri. Il coinvolgimento dei giovani è un elemento essenziale. Ne sono un esempio le “Cavouriadi”, olimpiadi scolastiche che si svolgono nel parco del castello, con gare sportive, cerimonie, premi e momenti di riflessione. L’evento si tiene ogni anno sempre nella giornata del 17 marzo, ed è un ulteriore punto di partenza.

I problemi da affrontare, per un pieno rilancio del Polo di Santena non sono soltanto culturali, ma anche logistici. Si dovrebbe per esempio fare di più anche dal punto di vista dei collegamenti. Al momento, chi parte da Torino può arrivare in treno fino a Cambiano con corse ogni ora, però servirebbe un collegamento con il Museo Cavour. «Mancano soprattutto la volontà e la capacità di fare sistema – ha detto ancora Fasano –. Da soli non possiamo farcela. La Fondazione fa già fatica a mantenersi. Eppure, lo Stato ha investito oltre due milioni di euro per il restauro della struttura. Ora si tratterebbe di garantire una programmazione annuale, con risorse anche piccole ma costanti, per permettere la manutenzione, le attività, la crescita». L’obiettivo finale è quello di riposizionare Santena non solo come luogo di memoria, ma come centro attivo di formazione civica e culturale. Non si tratta solo dello statista torinese, ma dell’idea stessa di italianità. «Credo che il pensiero di Cavour sia più attuale che mai – ha concluso Fasano –. Se fosse ancora tra noi, ci ricorderebbe che serve una visione pragmatica, laica, europea: una missione comune».

Questa puntata di L’Unica Torino termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

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