Ad Alessandria la raccolta dei rifiuti è ancora un problema

Ad Alessandria la raccolta dei rifiuti è ancora un problema
Alcuni cassonetti ad Alessandria

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«La spazzatura è una risorsa nel posto sbagliato». Mark Victor Hansen è un “motivatore” americano, uno di quei guru del ventunesimo secolo che vogliono convincerti di poter fare tutto, perché tutte le risposte stanno dentro di te. Sua è una delle citazioni più frequenti quando si parla di rifiuti e di raccolta differenziata. Hansen avrà anche ragione, ma ad Alessandria i “posti sbagliati” stanno aumentando, nonostante le fotocamere messe come trappole per l’inciviltà senza limiti di alcuni cittadini. Il fatto è che sulle strade ci sono numerosi cassonetti rotti e quelli integri sono troppo pochi.

«La città è sporca, e questo è un mio grande cruccio», dice a L’Unica Paolo Borbon, da due anni e mezzo presidente di AMAG Ambiente, l’azienda pubblica che, tra le altre cose, si occupa della raccolta dei rifiuti in città. Un compito arduo, «specie in alcuni quartieri periferici», ammette Borbon che non nasconde le proprie responsabilità dietro gli errori di chi lo ha preceduto. Però racconta anche tutte le difficoltà di un settore che ha creato problemi a più di un’amministrazione: un ginepraio in cui chiunque abbia provato a mettere mano ha trovato problemi insormontabili. A risolverli ci hanno provato giunte di ogni colore, ma alla fine non è andata bene a nessuna.

«Adesso però abbiamo un progetto. Nel 2026 partirà il “porta a porta” in tutti i quartieri, ci vorrà un anno per l’acquisto dei camion nuovi da utilizzare per questo tipo di raccolta», spiega Borbon. All’Europista, l’area residenziale nella zona settentrionale della città, dovrebbero arrivare i cassonetti “intelligenti”, quelli che tramite un codice riconoscono il cittadino che butta i rifiuti, in modo da fargli pagare soltanto la spazzatura che ha prodotto.

Questo in teoria. In realtà, il futuro della pulizia della città è legato a un appalto di cui si parla ormai da oltre un anno: una gara “a doppio oggetto” (una tipologia in cui una pubblica amministrazione deve individuare nello stesso tempo sia il partner privato da far entrare in una società mista, sia l’attività specifica che questa società dovrà svolgere). In questo caso l’obiettivo è trovare un socio che intervenga al 49 per cento e che investa sul nuovo progetto di estensione della raccolta “porta a porta” all’intera città.

Per Alessandria sarà una sorta di ritorno al passato: tra il 2005 e il 2006, infatti, il servizio era stato attivato dalla sindaca Mara Scagni (Partito Democratico, allora ancora per poco Democratici di Sinistra). Nel 2007, il successore Piercarlo Fabbio (Forza Italia) aveva smantellato tutto, con non poche spese per l’amministrazione e con la nascita di quello che gli alessandrini chiamano “cimitero dei cassonetti” e che sta ancora lì a futura memoria, proprio dietro il cimitero vero. Inoltre, una cooperativa aveva iniziato a occuparsi dello spostamento dai cortili alla strada dei contenitori della differenziata. Quando il “porta a porta” ripartirà in tutti i quartieri, questo servizio non ci sarà più e toccherà ai condomini spostare i bidoni. «Non possiamo fare diversamente – spiega Borbon a L’Unica – perché le regole di ARERA (l’Autorità di Regolazione per energia, reti e ambiente, ndr) non riconoscono questa spesa», rendendo impossibile il suo inserimento nelle bollette della TARI.

Un cassonetto pieno di immondizia ad Alessandria

La situazione attuale

In questo momento la fotografia della città è questa: “porta a porta” nel centro storico e in corso Acqui, nel cuore del quartiere Cristo, il resto della città utilizza i cassonetti su strada, in molti casi rotti o malfunzionanti e sempre più spesso circondati da spazzatura a terra. «Il problema è che negli ultimi 10-15 anni, la gente ha perso le buone pratiche», dice Borbon. «Stiamo lavorando a una campagna di comunicazione su ventimila persone: un quarto della popolazione. Spieghiamo che ci saranno i controlli, che dopo qualche tempo passeremo dall’avvertimento alle sanzioni per gli inadempienti. Questo sistema di raccolta deve funzionare».

«Certo, per i controlli non abbiamo grandi risorse, e i comportamenti della gente a volte sono quasi incredibili – ammette il manager –. Un esempio? In via del Coniglio, alle 7 del mattino, abbiamo sorpreso un signore che veniva apposta da Tortona per gettare la spazzatura». Via del Coniglio è ai margini del quartiere Cristo, una strada che si può immaginare lontana dagli occhi indiscreti dei controllori. Stessa situazione in alcune zone del quartiere Orti, a ridosso del Tanaro, dove alcune piazzette – soprattutto la domenica sera – diventano piccole discariche all’aperto.

Quando si parla di rifiuti ad Alessandria, tutto sembra essere andato franando, anno dopo anno. Le ragioni stanno anche nel continuo cambio delle regole che ha disorientato i cittadini. Ormai è un’abitudine: chi arriva nelle stanze di Palazzo Rosso, sede dell’amministrazione cittadina, disfa ciò che gli altri avevano fatto nei cinque anni precedenti.

Uno spoil system delle idee che non si limita all’immondizia: l’ultimo esempio è il progetto per la smart city, presentato nel 2022 come una rivoluzione digitale che avrebbe dovuto portare in città non solo i cassonetti “intelligenti”, ma anche «pali con wifi integrato e controllo del traffico, videosorveglianza, monitoraggio dell’inquinamento ambientale, maxischermi». Il piano, sostenuto dalla giunta guidata dal sindaco leghista Gianfranco Cuttica, è stato archiviato dal sindaco  Giorgio Abonante (PD), con una decisione abbastanza rischiosa sul piano economico: Green Wolf, l’azienda che doveva occuparsi di rendere smart la città, di fronte alla revoca dell’incarico aveva chiesto un risarcimento di 16 milioni di euro. L’istanza, fortunatamente per le casse del municipio, è stata respinta dal Consiglio di Stato.

Ai cittadini, però, restano i cassonetti debordanti e una discarica che si riempie sempre più di rifiuti non recuperabili. E non mancano le polemiche politiche: nel febbraio scorso Abonante aveva annunciato che con l’abolizione dell’aliquota agevolata sull’IVA dei rifiuti in discarica (stabilita dalla legge 207/2024) il Comune avrebbe avuto un aggravio di 715 mila euro sui costi del servizio. Aggravio che si sarebbe riversato sui contribuenti. L’opposizione però aveva fatto notare che l’IVA agevolata riguarda solo lo smaltimento in discarica, non l’intera procedura di raccolta, sottolineando soprattutto la bassa percentuale di raccolta differenziata (ben lontana dagli obiettivi europei), e indicandola come una delle principali cause degli aumenti. A questo si aggiunge il continuo rinvio della gara d’appalto per l’affidamento del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti, che ha costretto il Comune a rinnovare a chiamata diretta gli incarichi e gli affidamenti ad AMAG Ambiente. Questa decisione ha comportato a giugno un’ammonizione da parte dell’ANAC, l’Autorità nazionale anticorruzione.

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Il futuro possibile

Borbon insiste: «Concentriamoci sul futuro. Nel 2026 (ma il servizio sarebbe dovuto iniziare nel novembre di quest’anno, ndr) si dovrebbe partire con il “porta a porta” in tutti i quartieri della città. Nella zona industriale sono già stati tolti i cassonetti stradali e consegnati quelli nuovi alle aziende». I dati attuali della raccolta differenziata ad Alessandria dovrebbero far vergognare tutti. Secondo i dati diffusi dalla Regione Piemonte, la città differenzia il 47,8 per cento del totale dei rifiuti, la percentuale più bassa di tutto il Piemonte. Novara, per fare un confronto, è al 77,2. La media regionale sfiora il 68 per cento. Questo significa che molta della plastica potenzialmente recuperabile finisce in discarica, sostiene il presidente di AMAG Ambiente. «Eppure differenziare consentirebbe una maggior pulizia della città, un minor costo per l’azienda e una TARI ridotta per i cittadini», anche quelli che continuano a buttare tutto sulle strade, per inciso. «Oggi – spiega Borbon – spendiamo 6 milioni di euro all’anno per lo smaltimento, che non sono compensati dal recupero dei materiali».

Che Alessandria abbia un problema di pulizia è evidente a chiunque giri per le vie. E pensare che, mentre i commercianti del centro lamentano abbandono e sporcizia, la città sta progettando di darsi un city branding: un logo – ha spiegato il vicesindaco Giovanni Barosini – per «sviluppare Alessandria come destinazione turistica, ma non solo: vogliamo farne un polo di attrazione per investitori, aziende, studenti universitari, ricercatori, lavoratori qualificati, partendo dalla consapevolezza dell’identità della città».

«Il contratto per la pulizia della città risale a decine di anni fa ed è scaduto nel 2006», dice ancora Borbon. «Le modalità erano vecchie già allora, figuriamoci adesso. Riceviamo migliaia di segnalazioni al mese, un nostro dipendente passa un giorno alla settimana a vagliarle. Sinceramente, così è impossibile mantenere pulita Alessandria. Ci mancano le risorse». Secondo Borbon, servirebbero molte ore di lavoro in più all’anno. «Inoltre, alcuni quartieri sono radicalmente cambiati dal punto di vista sociale ed economico. E hanno nuove esigenze». Basti pensare che il Cristo è diventato il quartiere più popoloso e più ricco di iniziative, mentre il centro si è svuotato di residenti e soprattutto di negozi.

Come sempre, è una questione di soldi. Quanto servirebbe per rimettere un minimo a posto la situazione? «Quattro milioni per fare le minime cose, il cambio vero si vedrà nel 2026. Per i prossimi quindici anni il flusso finanziario per la società mista che si aggiudicherà la gara potrebbe essere vicino ai 250 milioni di euro». E per i cittadini? Se tutto va bene – ma dovrà andare molto bene – si arriverà alla “tariffa puntuale”: ogni residente  avrà il suo codice e pagherà in proporzione alla quantità di differenziata prodotta. Per il momento sulla bolletta si sono aggiunti i costi per l’esposizione dei contenitori su strada, non più inclusi nella TARI. Costi che l’opposizione ha calcolato in circa 100 euro a famiglia.  

«Il sistema è costoso, ma dà risultati», dice ancora Borbon. Certo è che le vie migliori sono spesso ricche di ostacoli. Soprattutto ad Alessandria e soprattutto nell’orbita AMAG. La settimana scorsa si è dimessa la presidente Lorenza Franzino, nominata appena un anno fa. La holding multiservizi che comprende anche AMAG Ambiente avrebbe dovuto presentare il bilancio consuntivo entro il 30 giugno e non lo ha ancora fatto: una circostanza che solleva più di una preoccupazione. «Il fatto che Franzino abbia lasciato prima di assumere responsabilità formali sull’approvazione del bilancio lascia emergere il sospetto fondato di gravi problemi interni e conflitti sulla redazione del rendiconto», attacca il capogruppo di Fratelli d’Italia Emanuele Locci. «È necessario chiudere la stagione delle polemiche e delle conflittualità», replica con un certo imbarazzo il sindaco Abonante. «E aprire la fase dell’unità e della condivisione per permettere al Gruppo AMAG e a tutte le maestranze di avere prospettive chiare». I cittadini di Alessandria, intanto, non possono far altro che stare a guardare.

Questa puntata di L’Unica Alessandria termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

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