Il 2027 è l’anno in cui cambierà tutto, forse senza cambiare nulla

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Foto: Pexels

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Per i Maya l’anno delle grandi trasformazioni, addirittura con la fine del mondo così come lo conosciamo, avrebbe dovuto essere il 2012. Lo abbiamo passato indenni, ma se i Maya avessero conosciuto Asti avrebbero posticipato la profezia di quindici anni. Qui, infatti, l’anno della metaforica “fine del mondo” sembrerebbe essere il 2027.

Nel 2027 si terranno le elezioni politiche e quelle amministrative e, dopo dieci anni, finirà l’era di Maurizio Rasero sindaco, che dopo due mandati consecutivi non potrà più ricandidarsi. Nel 2027 si dovrà eleggere un nuovo presidente alla Banca di Asti. Nel 2027 scadranno i “patti parasociali” che regolano i rapporti tra l’Azienda dei servizi pubblici (ASP), e il suo socio privato Iren. Sempre nel 2027, e sempre sul fronte ASP, scadranno anche gli attuali contratti di servizio per la raccolta rifiuti e il trasporto pubblico. Come se non bastasse, entro il 2027 si dovrà capire come arrivare al “gestore unico” dell’acqua la cui scadenza è fissata per il 2030.

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La sinistra sembra già divisa

Già adesso si stanno facendo sotto i potenziali successori di Rasero alla carica di sindaco. Da sinistra, il più accreditato è Michele Miravalle, 38 anni, professore associato di Filosofia del Diritto all’Università di Torino e consigliere comunale del Partito Democratico. Ma la vita nel centrosinistra non è mai facile: non appena Miravalle ha dato la sua disponibilità a candidarsi, dall’ala più movimentista dell’opposizione sono arrivati gli attacchi. «Il Partito Democratico, che in Consiglio comunale conta quattro consiglieri, non è l’unico attore in campo», ha scritto Mario Malandrone (Ambiente Asti), sui suoi social. «Esistono almeno tre liste civiche, oltre ai Verdi e ai 5 Stelle, con cui ogni scelta di prospettiva andrebbe condivisa. E soprattutto c’è l’area politica più vicina ad Alleanza Verdi e Sinistra, che in Consiglio rappresenta ben sei adesioni complessive. Alla luce di questi numeri e di questa pluralità, un confronto non sarebbe stato solo opportuno: sarebbe stato indispensabile». Questo dopo un’intervista in cui – più che un’autocandidatura – Miravalle aveva annunciato la propria disponibilità: «La strada è ancora lunga, sta iniziando un percorso fatto di confronti con gli alleati. Io non mi tiro indietro».

La squadra di centrodestra, che amministra la città dal 2017, almeno all’apparenza (ma in politica conta anche quella) sembra granitica. A quanto sembra, nel mosaico elettorale politico per il 2027, la candidatura del sindaco di Asti sarebbe di competenza di Forza Italia. Marco Galvagno, avvocato di 51 anni, coordinatore provinciale di Forza Italia e figlio di Giorgio Galvagno, presidente della Banca di Asti, si è detto disponibile a candidarsi, ottenendo consensi unanimi, o perlomeno critiche nascoste. Anche qui, però, “disponibilità” non significa che la decisione sia già presa: i dubbi non vengono dall’alleanza, ma dalle perplessità dello stesso Galvagno, preoccupato delle sorti del suo studio professionale.

«Noi ci rimettiamo alle decisioni del partito nazionale e sosterremo il candidato della coalizione di centrodestra», ha detto a L’Unica il coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia, Luigi Giacomini. Fratelli d’Italia ha adesso un deputato astigiano, l’ex sindaco Marcello Coppo, che potrebbe ricandidarsi per Roma nel 2027 mentre Giacomini è da sempre attratto dalla Regione (le regionali saranno nel 2029). Restano una Lega, non più così forte all’interno della coalizione, e il fronte più moderato dell’alleanza, rappresentato soprattutto dalle liste civiche legate a Maurizio Rasero.

Il futuro del sindaco uscente

Il fronte moderato è tutt’altro che residuale, come dimostrano i numeri delle ultime elezioni: l’attuale sindaco era stato eletto al primo turno con il 56,6 per cento dei voti, ma solo il 21,1 era arrivato dai voti dei partiti (Forza Italia 7,8; Fratelli d’Italia 7,6; Lega 5,6) mentre le liste civiche avevano portato a casa il 35,4 per cento dei suffragi (Lista Rasero 26,5; Giovani astigiani 4,8; ASTI Arte, Storia, Territorio, Inclusione 2,1; Asti al centro 1,9).

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In un recente sondaggio dell’agenzia Winpoll, diffuso dai Giovani astigiani lo scorso 26 settembre, il 58 per cento dei 900 astigiani intervistati telefonicamente ha dichiarato di apprezzare l’operato del sindaco. Con una sinistra pronta a dividersi pubblicamente su questioni di poco conto, il centrodestra potrebbe avere buon gioco per arrivare al terzo mandato consecutivo. Ma il nuovo candidato sindaco dovrà fare i conti con Rasero, che, peraltro, non sembra disposto a uscire di scena. Il 17 settembre, dal palco del teatro Alfieri – nel corso dell’evento “La Stampa è con voi” –  alla responsabile della redazione astigiana del quotidiano Laura Secci che gli chiedeva dei suoi programmi futuri, il sindaco aveva risposto in modo allusivo che «ci sono tante scadenze che arrivano insieme a quella del mio mandato».

Padri e figli

Una delle scadenze citate da Rasero riguarda la presidenza della Banca di Asti. Giorgio Galvagno, eletto nel 2020 e in scadenza nel 2026, resterà «comunque in carica fino all’assemblea che approva il bilancio dell’ultimo esercizio relativo al mandato conferito», come è scritto all’articolo 18 dello Statuto della banca. In questo modo si arriverà all’estate del 2027, in concomitanza con la fine del mandato di Rasero.

Il sindaco uscente, laureato nel 2012 in Scienze dell’amministrazione e consulenza del lavoro e nel 2016 in Scienze bancarie e assicurative, avrebbe tutte le carte in regola per ricoprire la carica bancaria. Nulla gli vieterebbe, a questo punto, di appoggiare come suo successore il candidato di Forza Italia proposto dal figlio di quello che potrebbe essere il suo predecessore alla Banca, sia che Galvagno junior decida di scendere in campo in prima persona, sia che scelga una posizione più defilata (magari con un assessorato che gli permetta di gestire anche il suo studio) e mandare avanti una “quota rosa”, a scelta tra la consigliera regionale Debora Biglia e l’assessora all’istruzione Loretta Bologna.

L’intricatissima rete delle partecipate

In questo complicato risiko politico si innesta l’immediato futuro di ASP, legato alle manovre della politica per via della composizione azionaria dell’Azienda dei servizi pubblici astigiana. Il 55 per cento di ASP è del Comune, il restante 45 per cento è di Nord Ovest servizi (NOS), una società per azioni controllata fino al 2020 dal Gruppo Gavio e dopo da Iren.

Nel 2027 si rinnoveranno i contratti di servizio per la gestione del trasporto pubblico, della raccolta rifiuti e si inizierà a discutere degli acquedotti. L’attuale servizio della nettezza urbana è gestito, per tutta la provincia, da ASP in collaborazione con San Germano, una società del gruppo Iren. Il nuovo appalto, probabilmente, vedrà una collaborazione tra aziende – cioè una Nuova associazione temporanea di impresa – in particolare tra ASP e una “spalla” fornita da Iren.

Stessa situazione per il trasporto pubblico locale. Oggi ASP si occupa soltanto della rete urbana, le linee da e per i paesi della provincia sono affidate a tre diverse compagnie private: Bus Company, Giachino e GTT. L’anno prossimo l’appalto sarà messo a gara, con l’intento di trovare un unico gestore per città e provincia. ASP parteciperà al bando ma, per ammissione del presidente Fabrizio Imerito, non è strutturata «per gestire il trasporto su tutta la provincia». Quindi, anche per il trasporto si prospetta una “spalla” fornita da Iren.

Il rebus degli acquedotti

ASP, oggi, gestisce anche una parte degli acquedotti della provincia di Asti, che entro il 2030, per legge, dovranno essere affidati a un gestore unico. La stessa legge dice che la concessione può essere affidata senza gara d’appalto soltanto a un soggetto interamente pubblico, altrimenti sarà necessario lanciare una gara europea. La presenza di Iren nel capitale sociale di ASP, quindi, rappresenta un problema da risolvere in qualche modo.

La soluzione su cui si sta discutendo in questi giorni è di far uscire Iren da ASP con la scadenza dei patti parasociali del 2027 e farla rientrare dopo l’affidamento del 2030. Intanto le società “satelliti” di Iren continuerebbero a fungere da spalla ad ASP nella gestione di rifiuti e trasporti. La multiutility, inoltre, potrebbe essere compensata da un aumento delle sue quote in GAIA (Gestione ambientale integrata dell’Astigiano), di cui attualmente detiene il 45 per cento con Iren Ambiente (il restante 55 per cento è suddivisa tra i 114 Comuni della provincia, con quello di Asti fa la parte del leone con il 23,9 per cento).

Dai Maya al Gattopardo

Comune, trasporti, rifiuti, acquedotti. In un 2027 degno dei Maya dovrebbe cambiare tutto. Ma, come insegna il Gattopardo, cambiare tutto è il modo migliore per lasciare le cose come stanno. Tanto che una delle ipotesi per l’immediato futuro di Asti (forse la più plausibile, al di là delle comprensibili ambizioni del PD e del centrosinistra) è tutt’altro che rivoluzionaria: nel 2027, Rasero potrebbe andare a sedersi al vertice della Banca di Asti, una donna di Forza Italia entrerebbe in municipio con la fascia tricolore addosso, Iren uscirebbe da ASP ma avrebbe ancora più peso in città, controllando di fatto le maggiori partecipate del Comune. Tutto nuovo, insomma, ma tutto (quasi) come prima: con buona pace dei Maya che, in fondo, non ne hanno mai azzeccata una.

Questa puntata di L’Unica Asti termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

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