La lite sull’acqua mette a rischio 18 milioni di euro
ANTONELLA MARIOTTI
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In ballo ci sono 7 milioni di euro già spesi, più altri 11 che potrebbero arrivare oppure restare chiusi nelle casseforti romane del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Non pochi soldi, congelati e messi a rischio dai contrasti tra i gestori degli acquedotti. Quella che ad Alessandria hanno già definito la “guerra dell’acqua” è un grande gioco che mette insieme – come sempre – il denaro e la politica, cui si aggiungono il nervosismo e le paure tipiche di una città che ha alle spalle una lunga storia di buchi di bilancio improvvisi, pre-dissesti e dissesti fatti e finiti.
Come spesso accade quando si cammina sul filo, quello che avrebbe dovuto essere il giorno decisivo si è chiuso con un nulla di fatto. Il governo aveva fissato il 30 aprile come data limite per ottenere i fondi del PNRR, che la legge obbliga a conferire a un “soggetto unico”. In quello stesso giorno, dopo mesi di liti, i gestori erano chiamati a trovare un accordo per accorparsi sotto il cappello di AMAG, la multiutility del Comune di Alessandria. Il luogo dell’intesa avrebbe dovuto essere la conferenza di Egato6, la sigla che in burocratese identifica l’Ente di Governo dell’Ambito Territoriale Ottimale numero 6, l’ente dove i rappresentanti delle amministrazioni locali sono chiamati a regolare e coordinare il servizio idrico alessandrino. Nonostante la posta in palio, però, il vertice ha deciso di non decidere.
«Ho lasciato aperta l’assemblea», dice Giacomo Perocchio, giovane e ambizioso cardiochirurgo, segretario della Lega a Novi Ligure e presidente di Egato6. «Discutiamo da luglio: alla fine una sintesi la troveremo. D’altro canto, la situazione in Piemonte è complessa: non a caso in Piemonte abbiamo sei Ambiti Territoriali, in regioni come la Campania e la Calabria ce n’è uno solo». Nel frattempo – spiegano i sindacati, presenti alla riunione come uditori – «è stato deciso di inviare una lettera al ministero chiedendo lo sblocco dei fondi e continuare l’assetto esistente fino al 2026 o valutare alternative».
Una frenata apparentemente pericolosa. La mancata ratifica dell’accordo, infatti, potrebbe portare non solo alla cancellazione dei finanziamenti previsti per i prossimi mesi – con possibili ricadute sui posti di lavoro che preoccupano i sindacati – ma soprattutto all’obbligo di restituire al Ministero delle Infrastrutture i fondi già erogati (e già spesi). Eppure, secondo Giorgio Laguzzi (Partito Democratico), assessore alle Partecipate del Comune di Alessandria in odore di segreteria nazionale, non ci sarebbe da preoccuparsi. «Il 30 aprile ha segnato l’inizio della discussione, come previsto – dice – adesso andiamo avanti».
Le forze in gioco
I giocatori in campo sono tre. Da un lato, forti del 90 per cento degli utenti della provincia, ci sono AMAG Reti Idriche (Alessandria e Acqui) e Gestione Acqua (Novi e Tortona), con la seconda in situazione di stallo per un assetto societario pubblico-privato che la escluderebbe dai benefici del PNRR. Dall’altro Valle Orba Depurazione e Comuni riuniti Belforte, piccoli ma decisi a non farsi fagocitare. Molto decisi.
La partita sembrava chiusa a fine 2024, con l’accordo per creare un consorzio che agisse da soggetto unico nei rapporti con il ministero. Poi sono arrivati i tempi supplementari, con la richiesta di una proroga al Ministero delle Infrastrutture. Perché? «Quel consorzio danneggiava Alessandria», spiega Laguzzi. «Si pretendeva che valessimo un terzo ciascuno, ma noi siamo molto più grandi. Non aveva senso». Ma così non c’è il rischio di perdere tutto? «Assolutamente no, AMAG Reti Idriche non può entrare in una consortile. Proponiamo un’intesa temporanea in cui noi dobbiamo essere il soggetto più importante».
Il rilancio del Comune di Alessandria ha irritato i “piccoli” per i tempi ristrettissimi con cui è stato presentato. Il presidente di Comuni Riuniti Belforte, Franco Ravera, dice di aver ricevuto da AMAG le proposte della giunta del sindaco Giorgio Angelo Abonante soltanto il 28 aprile. Quanto ai contenuti, Ravera – sostenuto dalla sindaca di Belmonte Nadia Incerpi – parla di «palese sfregio», «condotte scellerate» e «macroscopici errori di diritto».
Insomma, è guerra aperta. Come se non bastasse, a complicare le cose sono arrivate le dimissioni in blocco del collegio sindacale di AMAG Reti Idriche, in disaccordo con la nomina ad amministratore delegato del commercialista Stefano Francolini. Dimissioni pesanti, ratificate da sei pagine di dura critica alla gestione dell’azienda firmate dal presidente Andrea Giuseppe Capra, che già aveva impugnato il decreto di nomina al Tribunale delle imprese di Torino. «Ma cosa vogliono dire tutti questi riferimenti alle leggi», sbotta l’assessore sfogliando il documento di Capra. «È una presa di posizione che non significa nulla».
L’allarme dei sindacati
Per capire meglio i particolari della vicenda occorre riavvolgere il nastro, tornando a uno dei momenti più critici. Qualche mese fa, con i finanziamenti del PNRR destinati ai “soggetti unici”, Reti Idriche ha iniziato la sostituzione dei contatori dell’acqua nelle case e nei condomìni di Alessandria, montando gli impianti di nuova generazione che calcolano il consumo in modo più veloce e preciso: «Il 18 aprile i nuovi contatori installati erano già 21 mila», dice Emanuele Rava, amministratore delegato del Gruppo AMAG. «Altri 41 mila sono già stati pianificati».
Una fuga in avanti che ha irritato anche i sindacati. «Le cifre cambiano ogni volta», dice Maria Iennaco, responsabile per la CGIL dei rapporti con AMAG. «Hanno promesso di cambiare il 100 per 100 dei contatori e sono fermi al 25. La nostra impressione? La vicenda è compromessa da una situazione politica pessima». Tanto compromessa da spingere la funzionaria della CGIL a una mossa che ad Alessandria suona quasi come una bestemmia: citare ad esempio Casale Monferrato, città rivale fin dal Medio Evo. «L’Azienda Multiservizi Casalese è interamente pubblica – dice Iennaco – ma a gestirla non ci sono figure politiche, ma soltanto tecnici. Ad Alessandria, invece, negli ultimi dieci anni non ne hanno azzeccata una».
Parole irrituali in una vicenda dove le rivalità di campanile recitano un ruolo non indifferente, più forte anche dell’appartenenza di partito. Lo dimostrano gli attriti tra Abonante e il sindaco di Novi Ligure Rocchino Muliere, entrambi del Partito Democratico, perché era tutt’altro che scontato che l’ente novese Gestione Acqua, parte della multiutility locale ACOS, finisse sotto l’ombrello di AMAG. Alla fine, si è trovato un accordo: ACOS manterrà una concessione di salvaguardia in attesa del 21 maggio, quando il Tribunale amministrativo regionale (TAR) dirà se è ancora valida la sua concessione fino al 2034.
L’intesa, se non altro, ha fatto cadere i rumors che già si profilavano su una nuova sfida interna al PD, tra un sindaco bonacciniano (Muliere) e uno vicino alla segreteria nazionale (Abonante). «Al congresso della CISL Alessandria-Asti ho fatto un appello ai due perché si mettessero d’accordo per il bene dei cittadini», commenta il segretario provinciale Marco Ciani. Ma la questione non è finita: nella base della CGIL c’è chi dice che i dipendenti ACOS non vogliano assolutamente passare sotto AMAG: «Sanno che da mesi che ci sono problemi e stanno bene dove stanno».
L’attacco delle opposizioni
La “guerra dell’acqua” manda a nozze le opposizioni. Se ai vertici di Egato6 il leghista Perocchio gioca da mediatore tra le posizioni dei gestori rivali, in consiglio comunale ad Alessandria gli uomini del Carroccio non trattengono i colpi. Lo stesso fanno i Fratelli d’Italia. «L’intero Gruppo AMAG è allo sbando: ci sono gravissime criticità nella gestione, compromessa dall’assenza di coerenza negli indirizzi dell’amministrazione Abonante, dalle incapacità del management e dal ruolo poco dei consulenti», dice il capogruppo Emanuele Locci, che sottolinea come le dimissioni del collegio sindacale siano le ultime di una lunga serie. «Se ne sono andati anche l’ex amministratore delegato di AMAG Claudio Biestro, il presidente Claudio Perissinotto, vari membri del consiglio di amministrazione: di una situazione di caos totale che mette a rischio i servizi per la cittadinanza, i lavoratori e l’equilibrio finanziario del gruppo e dello stesso Comune di Alessandria».
In consiglio, l’assessora al Bilancio Antonella Perrone ha già messo le mani avanti, ricordando che «l’obbligo in capo al Comune di accantonare eventuali perdite delle partecipate sorge solo nel momento in cui le società non siano in grado con le loro risorse e i loro bilanci ad assorbire le perdite. Il valore del patrimonio di AMAG Spa ammonta a 99 milioni di euro, quello di AMAG Reti Gas a 22 milioni, quello di Reti idriche a 75 milioni. Il Comune non è obbligato ad alcun accantonamento».
Comunque vada a finire, le difficoltà di AMAG restano e sono evidenti. E in una città dove la squadra di calcio che fu di Gianni Rivera è finita in liquidazione e ora si ritrova a festeggiare la vittoria tra i dilettanti del campionato di Eccellenza, la Centrale del latte è ormai solo un’insegna fuori da uno stabilimento vuoto e lo storico giornale locale ha dichiarato lo stato di crisi, il timore di perdere altri segni di identità è grande.
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