Casa dei cantautori, la musica è ancora lunga
Alessandria si racconta
Cara lettrice, caro lettore,
ti aspettiamo martedì 18 novembre per il primo evento dal vivo de L’Unica ad Alessandria! Sarà una serata speciale per conoscerci di persona e parlare insieme della città che raccontiamo ogni settimana. Il programma prevede letture tratte dalle newsletter, dialogo con l’ospite e momento conviviale finale. Sul palco ci saranno il coordinatore editoriale di L'Unica Guido Tiberga e il professore di Storia del pensiero politico Giorgio Barberis. Non mancare!
📍 Ore 18 – LaRisto, Ristorazione Sociale (Viale Milite Ignoto 1/a)
🎟️ Ingresso gratuito – i posti sono limitati!
Una grande conchiglia dai colori di nuovo vividi occhieggia tra le maglie della fittissima rete del ponteggio montato per restaurare gli affreschi delle volte. L’immagine è inequivocabile: una parte per il tutto che fa subito capire che la chiesetta dell’Abbazia di San Giuliano non ha la minima intenzione di smentire le sue origini marittime con le fondamenta piantate a due passi dalla spiaggia di lungomare dei Lombardi, con una vista impareggiabile sul golfo, dal Promontorio di Portofino a Capo Mele.
L’opera paziente dei restauratori è il segno di un evento che sembra ormai prossimo e che si può definire storico, sotto molti aspetti: per la sua importanza, ma soprattutto perché segna la conclusione di una vicenda che si protrae da quasi trent’anni (ventisette per la precisione). La prossima primavera, al termine dei restauri nella chiesa sconsacrata, il recupero del complesso dell’Abbazia di San Giuliano, in corso Italia, si potrà considerare finalmente concluso e si potrà dare il via al bando di gara per l’allestimento della cosiddetta Casa dei cantautori: un po’ museo, un po’ luogo di formazione musicale, un po’ sala concerti e magari anche sala prove per i giovani artisti. Ma anche luogo della memoria, a due passi dalla Boccadasse di Luigi Tenco e Gino Paoli, di Umberto Bindi e Bruno Lauzi, a poche centinaia di metri dalla piazza dei “quattro amici al bar”, con una vista particolare sulla dimora genovese di Fabrizio De André.
Ora che si vede l’uscita del tunnel, anche se i tempi per l’apertura al pubblico del complesso sono ancora incerti, vale la pena ripercorrere la storia del restauro e la genesi della Casa dei cantautori. Un percorso lungo, interrotto più volte da questioni burocratiche, cessioni di proprietà e ripensamenti sull’impiego di questo gioiello dell’architettura romanico-gotica.
L’idea era nata una decina di anni fa, una volta ultimata la prima fase del restauro. In quel periodo, la Regione Liguria era ospite all’Expo di Milano negli spazi della Regione Lombardia. Ilaria Cavo, ora deputata di Noi Moderati, era assessora regionale alla Cultura nella prima giunta Toti (2015-2021). L’occasionale connubio Milano-Genova doveva essere in qualche modo celebrato e per questo l’assessora aveva pensato a un evento giocato sull’assonanza e sull’intreccio “Faber-Gaber”. Alla serata di esordio all’Expo era presente anche Dori Ghezzi, presidente della Fondazione De André, nonché presidente della Fondazione casa dei cantautori, creata nel 2021 a supporto del “progetto San Giuliano”.
Ed era stata proprio Dori Ghezzi a sottoporre a Cavo l’idea di realizzare a Genova un luogo della memoria dedicato non solo a Fabrizio De André, ma a tutti i cantautori genovesi, protagonisti anzi procreatori di una stagione musicale straordinaria che ha dato il la – è il caso di dire – al fenomeno della canzone d’autore italiana. Che è una storia di mare, perché comincia con il sound della musica d’oltreoceano suonata sui transatlantici da artisti come Natalino Otto e Joe Sentieri, che poi a terra collaborava con Umberto Bindi e da cui in sostanza tutto discende e si irradia da Genova al resto del Paese, in contrapposizione alla canzone melodica e melensa stile Nilla Pizzi e Achille Togliani, così in voga tra gli anni ’50 e ’60.
«L’idea non era quella di creare un museo - ha detto a L’Unica Ilaria Cavo, divenuta nel frattempo rappresentante della Regione Liguria nella Fondazione Casa dei Cantautori - ma qualcosa di vivo, dinamico. Quindi, certamente con l’obiettivo di ricordare che la canzone d’autore è nata a Genova, ma anche di rilanciare, guardare avanti. Così dopo quel colloquio con Dori mi sono messa a cercare un luogo dove poter dar forma a questa idea». L’occasione è arrivata nel 2016, quando – dopo un restauro durato 18 anni – erano state smontate le impalcature che avvolgevano la facciata dell’Abbazia di San Giuliano, nel cuore della promenade di corso Italia.
Fino a quel momento la destinazione d’uso non era ancora chiara. Prima l’abbazia sarebbe dovuta diventare la sede della Soprintendenza dei Beni culturali della Liguria, poi aveva preso il sopravvento l’ipotesi di affidare l’immobile ai Carabinieri, che cercavano un luogo in cui trasferire il comando del Nucleo di tutela del patrimonio culturale. Gli uffici dell’Arma oggi invece occupano soltanto il secondo piano dell’abbazia. Perché nel frattempo, nel 2017, l’idea della Casa dei cantautori aveva attecchito e poi convinto l’allora ministro della Cultura, Dario Franceschini, che ha guidato il dicastero a più riprese per sette anni (nei governi Renzi, Gentiloni, Conte II e Draghi).
Franceschini aveva però ovviamente deciso di dare un’impronta nazionale al progetto, nato in salsa genovese, che gli era stato presentato dall’assessora Ilaria Cavo (autrice del progetto insieme con Margherita Rubino, docente di Storia del Teatro antico e critica teatrale), da Elisabetta Piccioni, all’epoca segretaria regionale Mibact per la Liguria, e da Serena Bertolucci, allora direttrice del Polo museale della Liguria e di Palazzo reale, poi diventata anche direttrice di Palazzo ducale e, qualche giorno fa, nominata dalla sindaca Silvia Salis nel CDA del Museo del Mare (Mu.MA).
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La Casa di corso Italia, secondo l’orientamento di Franceschini, doveva pertanto diventare il luogo in cui celebrare tutto il cantautorato italiano, non soltanto il primo nucleo genovese, per quanto decisivo nella storia della canzone italiana. La conclusione dei lavori, nel 2017, era diventata così l’occasione non solo per riaprire al pubblico le porte dell’abbazia ritrovata, con eventi e visite guidate durati una settimana nel mese di maggio, ma anche per rilanciare l’idea della “Casa”.
C’era però ancora un nodo da sciogliere prima di poter procedere: acquisire la chiesa di San Giuliano, in abbandono, sconsacrata e rimasta fino a quel momento di proprietà dei frati benedettini. C’era quindi l’abbazia, rinnovata in tutto il suo splendore, e proprio accanto, sul versante a mare, affacciata sul minuscolo lungomare Lombardo, la chiesetta disastrata. Tra proprietà da ridefinire e accordi da sottoscrivere, la conseguenza era stata una certa lentezza nella concessione dei finanziamenti per procedere al recupero anche della chiesa. Si era arrivati al 2021, quando il progetto della Casa dei cantautori, almeno per quanto riguarda la parte museale, era stato presentato alla città, con le autorità locali al completo e il ministro Franceschini in videoconferenza da Roma.
L’allestimento della parte museale
All’epoca, per la prima volta erano stati svelati nel dettaglio come sarebbero stati suddivisi gli spazi museali e che cosa avrebbero dovuto contenere. Molto probabilmente non sarà nemmeno questo l’assetto definitivo, perché la gestione dell’intero complesso andrà a gara la prossima primavera e il vincitore potrebbe anche avere altre idee.
Già si sa però che nel museo troveranno posto oggetti iconici di molte famose canzoni d’autore italiane, donati dagli stessi cantautori e dalle famiglie di quelli scomparsi. E così in esposizione ci saranno, per esempio, alcuni nastri con la registrazione di brani inediti di De André; un telo di scena dipinto da Franco Battiato con calligrafia araba e un microfono usato dall’autore siciliano negli anni Sessanta, ma anche la tuta indossata per la foto in copertina dell’album “Fetus”; la Lambretta che compare nella copertina del disco “La ballata del Cerutti” di Giorgio Gaber; il banjo primo strumento musicale suonato da Bruno Lauzi; il flauto e due chitarre rare di Ivano Fossati; il sassofono di Luigi Tenco; l’intera postazione da concerto donata dalla figlia di Pino Daniele. E poi locandine, copertine di dischi e molto fotografie. Gli ambienti espositivi sono distribuiti al piano terra, dedicato interamente ai genovesi, e al primo piano dove saranno raccontati tutti gli altri cantautori, raggruppati per provenienza geografica: da Jannacci a Vecchioni; da Baglioni a De Gregori; da Bennato ad Alan Sorrenti. E ancora Lucio Battisti, Paolo Conte, Renato Zero, Antonello Venditti.
«È però fondamentale che la Casa sia un luogo vitale», ha detto a L’Unica Franco Boggero, che vede l’operazione da una doppia prospettiva: quella del cantautore e quella dello storico dell’arte, per quasi quarant’anni funzionario della Soprintendenza genovese. «Mi viene in mente come esempio la Casa de la Trova a Santiago di Cuba, dove suonano i migliori artisti cubani e dove, chi se la sente, può entrare per suonare a sua volta». E il luogo ideale a Genova per replicare potrebbe proprio essere la chiesa di lungomare Lombardo in fase di consolidamento e di recupero.
La lunghissima stagione dei restauri
Dopo la prima fase di interventi che ha riguardato l’abbazia con il suo chiostro e che si è conclusa 18 anni dopo, nel 2016 ha preso l’avvio l’iter per dare corpo al progetto della Casa dei cantautori. Nel 2017 sono stati stanziati i primi fondi ministeriali e poi ancora nel 2018 e nel 2024 per un totale di 5,5 milioni, erogati nell’ambito del Piano strategico grandi progetti beni culturali. Finanziamenti politicamente trasversali, a conferma del gradimento incondizionato del ministero per il progetto: il primo ad aprire il portafoglio era stato il ministro Franceschini (Partito Democratico), poi Alberto Bonisoli (Movimento 5 Stelle), infine Gennaro Sangiuliano (Fratelli d’Italia), il quale però avrà anche considerato che sarebbe stato clamoroso se proprio lui, Sangiuliano, avesse negato i finanziamenti all’abbazia quasi omonima. Altri 4,6 milioni costituiscono il totale degli altri finanziamenti ministeriali concessi negli anni per interventi di messa in sicurezza, recupero e restauro della chiesa. Il problema è che i finanziamenti sono arrivati a distanza di anni l’uno dall’altro e nel frattempo l’abbazia è rimasta chiusa al pubblico, salvo sporadiche eccezioni.
Passano così gli anni, fino al 2021, come si diceva, quando sembrò che nel giro di un paio di anni la Casa potesse spalancare le porte alla città. Il soggetto attuatore è la Regione Liguria, sotto l’occhio vigile della Soprintendenza. Il gruppo di lavoro in quel periodo ha già elaborato il concept e affidato ai curatori Guido Harari, Renato Tortarolo, Massimo Bernardini e Francesco De Nicola l’elaborazione del progetto, delegato per la parte architettonica alla società Milk Train. Il tempo previsto per arrivare all’inaugurazione era all’epoca di quattro anni, ossia 2025. Invece il cantiere per il restauro della chiesa è stato aperto solo nel gennaio scorso e si conta pertanto di chiuderlo nel maggio 2026, cioè con un anno di ritardo.
Ma perché allora nel frattempo le parti già restaurate non sono state allestite e aperte al pubblico? Si è preferito attendere di avere a disposizione il complesso nel suo insieme, quindi a restauri ultimati anche nella chiesa. Una decisione presa pensando in prospettiva al bando di gara per la gestione: il pacchetto completo e tutto nuovo risulterà più appetibile.
I tempi lunghi preoccupano però il PD, che nel gennaio scorso ha presentato un’interrogazione in Consiglio regionale all’assessore alla Cultura Simona Ferro (Fratelli d’Italia), la quale ha risposto facendo il punto sullo stato di avanzamento dei lavori e delle procedure per assegnare la gestione con lo strumento della concessione di servizi, sulla base dell’analisi di contesto e del piano di fattibilità tecnico-economica.
Tutto bene quindi? Il PD non sembra convinto, tanto che il 22 settembre scorso il consigliere regionale Federico Romeo ha presentato un’altra interrogazione per essere informato sullo stato dell’arte dopo il sopralluogo in abbazia della sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni, nel giugno scorso. L’assessora alla Cultura Simona Ferro ha risposto il 4 novembre in Consiglio regionale, aggiungendo un ulteriore tassello al già complicato puzzle della vicenda. Un elemento «di grande interesse per la sostenibilità economica dell’operazione», ha spiegato, che riguarda l’area a levante dell’abbazia e quella di fronte al sagrato della chiesa. «Mentre quest’ultima appartiene al demanio marittimo – ha detto Ferro – per la prima è ancora in corso la procedura per la restituzione al demanio dello Stato delle aree da parte del soggetto utilizzatore», al termine di un contenzioso ultradecennale.
L’assessora ha spiegato che le aree a Est dell’abbazia potranno essere usate per la Casa dei cantautori solo dopo «la conclusione della procedura di restituzione, pur essendo da tempo avviati i contatti con l’Agenzia del demanio». Questa attività «richiede la valutazione circa i costi di allestimento e quelli di completamento del recupero e di allestimento di due locali soprastanti, unitamente a quelli di messa in sicurezza dell’area verde, costi non coperti dai finanziamenti già concessi e che potrebbero costituire un quarto intervento a valere sul Piano strategico grandi progetti beni culturali - annualità 2025, in corso di elaborazione da parte del ministero della Cultura».

Insomma, la partita non è chiusa e sembra averne consapevolezza anche la consigliera comunale del PD Vittoria Canessa Cerchi, che a sua volta ha presentato un’interrogazione rivolta all’assessore alla Cultura Giacomo Montanari, per avere aggiornamenti pure da lui. Il Comune, del resto, è socio fondatore della Fondazione casa dei cantautori, ma più di questo deve far riflettere il fatto che la nuova interrogazione è rivolta a un assessore della giunta Salis, di cui il PD è il primo sostenitore tra i gruppi della maggioranza.
Sono da considerarsi come segnali preoccupanti per i destini del progetto? «Più che altro vorremmo capire bene che cosa intendano fare dentro il complesso di San Giuliano. Sembra sempre tanto fumo», ha detto Canessa Cerchi a L’Unica. L’assessore Montanari ha risposto il 10 novembre e la sua risposta non poteva essere, almeno per quanto riguarda lo stato di avanzamento dei lavori, diversa da quella della sua omologa in Regione. Ma è il punto di vista che cambia, tanto che il gruppo consiliare del PD ha sentito la necessità di sollecitare la Regione per una accelerazione delle procedure e una maggiore trasparenza. «La Casa dei cantautori rappresenta un progetto simbolico per Genova e per la sua identità culturale – ha dichiarato Canessa Cerchi –. Dopo anni di annunci e finanziamenti, è necessario che la Regione chiarisca quali siano oggi le prospettive reali di completamento e che il Comune rivendichi un ruolo più attivo nella valorizzazione di un’iniziativa che appartiene a tutta la città».
La storia dell’abbazia e le sue meraviglie
Il primo documento ufficiale che cita la chiesa è del 1282, ma secondo alcune fonti l’abbazia sarebbe stata fondata nel 1240 dai francescani, mentre altre ancora riferiscono la presenza di un primo nucleo già a partire dall’anno 1000.
Di certo si sa che i francescani restarono fino 1307, quando si trasferirono nella chiesa di San Francesco d’Albaro e a San Giuliano si insediarono i monaci cistercensi, che nel 1429 passarono la mano ai benedettini dell’abbazia di San Fruttuoso. Quando l’abbazia di San Fruttuoso venne sottomessa all’abbazia della Cervara, anche San Giuliano seguì la stessa sorte. Nel 1798, la rivoluzione vera e propria: con le leggi che sopprimevano gli ordini religiosi emanate dalla Repubblica Ligure, i benedettini dovettero abbandonare il complesso, che venne venduto e trasformato in abitazione privata, poi convertita, secondo alcune fonti, anche in fabbrica di biacca, una sostanza colorante usata in passato come pigmento-base per vernici a olio.
In seguito, tra un passaggio di proprietà e l’altro, nel 1870 il complesso tornò nelle mani dei benedettini. Ma il cambiamento epocale per San Giuliano – fino ad allora raggiungibile solo dall’alto attraverso le crêuze che percorrevano la collina – arriverà nel 1914 con la realizzazione di corso Italia. Il complesso benedettino fu risparmiato dagli sbancamenti e divenne uno dei degli elementi paesaggistici più forti della nuova promenade, anche se l’operazione comportò un ribaltamento funzionale non da poco: la facciata che si ammira oggi passeggiando in corso Italia è in realtà la parte posteriore del complesso. Quella principale era in origine quella che si affaccia con il suo campanile verso il mare. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, l’abbazia venne utilizzata per un periodo dalla Croce Rossa e poi occupata dalle truppe tedesche. Finita la guerra, per qualche tempo fu impiegata come rifugio per i senzatetto. Dopo un lunghissimo periodo di abbandono, nel 1986 vennero realizzati alcuni interventi di manutenzione, cui seguì il rifacimento della facciata nel 1992. Alla fine del decennio cominciò la stagione dei restauri veri e propri, affiancanti anche da una più intensa attività di ricerca e di studio.
I tesori della chiesa
La chiesa collegata all’abbazia, che con decreto del cardinal Angelo Bagnasco del 18 febbraio 2015 è stata ridotta «a uso profano non indecoroso», è ricca di opere d’arte sottoposte a restauro proprio in questi giorni: dalla cappella Adorno del XV secolo alla cancellata di marmo decorata da bassorilievi; dal portale arcato con le stimmate di San Francesco al paliotto d’altare marmoreo salvato dalla demolizione della chiesa di San Benigno. Oltre a frammenti di affreschi cinquecenteschi attribuibili alla scuola di Pier Francesco Sacchi o di Lorenzo Fasolo, la Soprintendenza sta recuperando le decorazioni in stile neogotico eseguite tra il 1897 e il 1908 dal pittore Carlo Thermignon, che abbellì con motivi a forma di piante e fiori le costolature e gli archivolti, inserendo figure di santi nelle cappelle accanto al presbiterio.
Ora non resta che attendere la primavera perché queste meraviglie rinnovate possano essere visibili a tutti. Ma forse per sentire le prime note nella nuova Casa dei cantautori, tra i tempi del bando di gara e quelli per l’allestimento museale, sarà necessario aspettare fino al 2027.
Questa puntata di L’Unica Genova termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.
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