Nella “guerra di Asti” il sindaco conquista anche Confcommercio

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Faccelo sapere quiLa Confcommercio ad Asti è come Gibilterra: un piccolo posto a cui non sempre si dà il giusto valore, ma che strategicamente è fondamentale per gli equilibri più grandi. Non è un caso se l’impero britannico lo scorso secolo ha rinunciato all’India, all’Australia e al Canada ma si è tenuto ben stretto quello scoglio che si affaccia sullo stretto che separa l’Europa dall’Africa: Gibilterra. E non è un caso se, proprio su Confcommercio, si è combattuta l’ultima battaglia tra le due fazioni che, ormai da decenni, si contendono il potere in città.
Da quindici anni, sull’associazione dei commercianti astigiani regnava incontrastato Aldo Pia, il farmacista, protagonista di tutte la battaglie per il potere sulla città, combattute in prima persona o attraverso il suo nucleo di fedelissimi. Pia, politico di lungo corso fin dai tempi della Democrazia Cristiana, è abituato ai mandati lunghissimi: ai vertici della Banca di Asti, come presidente, aveva regnato per altri diciassette anni, dal 2004 al 2020.
Sul trono di Gibilterra, Pia ci sarebbe rimasto volentieri un altro po’. Ma dal 7 luglio di quest’anno al suo posto si è insediato Enrico Fenoglio, già vicepresidente dell’associazione e numero uno di FIMAA, la federazione dei mediatori d’affari e agenti di commercio. Fenoglio, sullo scacchiere delle battaglie astigiane, si colloca sul fronte opposto rispetto a Pia, nelle truppe guidate da Maurizio Rasero, il sindaco in carica.
Interpellato da L’Unica, il nuovo presidente non nega i suoi legami con l’attuale primo cittadino, anche se ci tiene a ritagliarsi un ruolo diverso da quello di soldato ai servizi di un generale sindaco: «Non penso che in Confcommercio si possa parlare dell’elezione di un nuovo Consiglio di “area Rasero”. Se centinaia di persone hanno voluto questi nomi è perché volevano un cambiamento», ha detto a L’Unica. «Io sono amico del sindaco da tempi non sospetti, e prima ancora dei suoi genitori, ma lo critico quando occorre. Essendoci questo rapporto di amicizia, mi permetto di dirgli cose che magari altri non gli direbbero».
Le pedine sullo scacchiere
Andiamo con ordine, perché la successione a Pia – come in tutti gli scontri di potere e le guerre – altro non è che un episodio che si inserisce in una strategia più ampia: la “guerra di Asti”, appunto. Una lotta sotterranea di potere che da tempo dilania la città e che, dopo tradimenti e cambi di posizione, come ogni guerra che si rispetti, da una parte schiera chi ha occupato le “poltrone” cittadine da decenni e dall’altra chi quelle poltrone vorrebbe prendersele. Di qua, Aldo Pia e Mario Sacco, ex presidente della Fondazione cassa di risparmio di Asti, sostenuti da Fratelli d’Italia. Di là, un’eterogenea compagine capitanata dal sindaco Maurizio Rasero, che spazia da Forza Italia fino al PD, che invece vorrebbe occuparle.
Al momento, pare proprio che stiano vincendo questi ultimi. Pia, infatti, ha dovuto incassare due sconfitte di quelle che lasciano il segno: prima alla Fondazione, dove si era candidato alla successione di Sacco ma era stato battuto da Livio Negro, uomo di Rasero. Poi nella sua Gibilterra, dove forse non si aspettava di essere spazzato via in modo così pesante.
Dopo la successione alla carica di Mario Sacco come presidente della Fondazione CrAsti, vinta da Livio Negro (uomo di Rasero) contro lo stesso Aldo Pia, domenica 29 giugno si è consumata la “battaglia per la successione alla Confcommercio”. Quel giorno le votazioni hanno lasciato poco spazio a dubbi, gli undici candidati vicini a Rasero hanno ottenuto centinaia di voti, i nomi vicini a Pia poche decine.
Che quelle di fine giugno non sarebbero state votazioni come tutte le altre lo si era capito fin dalla primavera. L’assemblea del 15 maggio era stata molto accesa, con Pia a fare orecchie da mercante davanti a chi gli chiedeva quando pensava di convocare le elezioni per il rinnovo delle cariche – compresa la sua – scadute da gennaio. Pia avrebbe preferito prendersi ancora qualche mese, restare in carica almeno fino all’autunno, quando il consiglio nazionale di Confcommercio sarebbe stato chiamato ad approvare il bilancio astigiano.
La reazione della platea, in quell’occasione, aveva fatto capire che c’era voglia di rivoluzione. Ma i rivoltosi non erano gente qualunque: tra loro, in qualità di commerciante di tendaggi, c’era anche Rasero. «L’assemblea è sovrana, non è possibile ignorarla così», aveva tuonato il sindaco. «Qui non decidi tu cosa si deve fare – aveva replicato Pia –. Decido io».
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La rivoluzione
Il giorno del voto il clima in sala è pesante. Pia non c’è, e questo consente a Rasero di tirare un altro affondo: «Non giustifico l’assenza del presidente Pia che ha ancora una volta mancato di rispetto all’assemblea e a tutti i soci non presentandosi. L’assemblea era stata fissata da un mese, proprio da lui, tutti ci siamo organizzati e lui invece è al mare a Spotorno».
La partecipazione è altissima: il 45 per cento in più rispetto alle votazioni di cinque anni prima. A metà pomeriggio, si presenterà anche Pia, con tre deleghe che non verranno accettate dagli scrutatori. Ma, se è vero che a volte i voti non si contano ma si pesano, quelli che più contano sono i nomi di chi era presente: assessori, presidenti, consiglieri comunali, in sala c’era un po’ di tutto. C’era Rasero, come abbiamo visto, ma c’era anche Livio Negro, il presidente della Fondazione CrAsti, qui in qualità di albergatore (è il titolare de “Le Cattedrali”, un relais di lusso, con la cucina gestita dallo chef Cannavacciuolo che si è guadagnata una stella Michelin). C’era l’assessore al Turismo Riccardo Origlia. C’era la vicesindaca Stefania Morra che ha accompagnato suo padre, commerciante, a votare. C’erano i consiglieri comunali della Lista Rasero Francesca Varca (amministratrice di condomini), l’avvocato Marco Scassa, il medico Daniele Pellissero. C’era Roberto Rubba, rettore di Borgo Tanaro (borgo di cui il sindaco è stato rettore per lungo tempo). Suo fratello Alberto, di recente, è entrato con Rasero all’interno di REAM SGR, la fondazione partecipata dalle fondazioni bancarie piemontesi, cioè la “cassaforte” delle fondazioni.
L’intreccio di potere
Come a Gibilterra, anche in Confcommercio si incrociano i destini di molti. Perché l’associazione non conta soltanto per quello che vale, ma soprattutto per quello che può dare: la Confcommercio, in quanto tale, nomina suoi rappresentanti un po’ dappertutto. Quest’autunno ci saranno le nomine nella Camera di Commercio di Asti e Alessandria, e Confcommercio ha diritto a un rappresentante. Se Pia avesse tenuto la presidenza, come voleva, probabilmente quella poltrona sarebbe finita al suo “delfino” Giorgio Guasco, attuale presidente del gruppo CRAI di Asti. Ma Guasco, con poche decine di voti è rimasto al palo e fuori da tutto. Ora toccherà al nuovo consiglio d’amministrazione, in mano a Rasero, fare un nome.
Altri nomi dovranno essere fatti per molti altri centri di potere. Uno c’è già: Claudio Bruno, direttore di Confcommercio, è stato nominato consigliere di amministrazione del GAL BMA – il Gruppo di azione locale Basso Monferrato Astigiano – un ente che negli ultimi tre anni ha gestito fondi regionali per 12 milioni di euro e che dal 1996 è presieduto da Mario Sacco. Ora Sacco è in scadenza e nella “guerra di Asti” si è aperto un nuovo fronte.
Ma non è finita, perché nello statuto della Fondazione CrAsti è scritto nero su bianco che la Confcommercio può nominare un componente del Consiglio d’indirizzo. Oggi quel posto è occupato da Armando Meschia, un imprenditore che aveva finanziato con 3 mila euro l’ultima campagna elettorale di Rasero. Erano i tempi in cui Rasero e Pia filavano d’amore e d’accordo, ma al momento della rottura Meschia si era schierato con la fazione perdente. Riuscirà a mantenere la sua poltrona ora che Confcommercio ha cambiato padrone o i raseriani gli faranno pagare il “tradimento”? Lo decideranno i nuovi padroni di Gibilterra.
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