Le contraddizioni del fotovoltaico: l’energia pulita deturpa il paesaggio
Asti si racconta!
Cara lettrice, caro lettore,
ti aspettiamo mercoledì 10 dicembre alle 18 per l’evento dal vivo de L’Unica ad Asti! Sarà una serata speciale per conoscerci di persona e parlare insieme della provincia che raccontiamo ogni settimana. Il programma prevede letture tratte dalle newsletter, dialogo con l’ospite e momento conviviale finale. Sul palco ci saranno il coordinatore editoriale de L’Unica Guido Tiberga e Carlo Cerrato, direttore della Fondazione Giovanni Goria. Non mancare!
📍 FuoriLuogo Asti (via Enrico Toti 18/20, Asti)
🎟️ Ingresso gratuito – i posti sono limitati!
L’agri-fotovoltaico – il sistema che fa coesistere sullo stesso terreno pannelli solari e agricoltura, i primi a un’altezza tale da consentire le coltivazioni – ha creato uno scontro giudiziario nel Basso Monferrato, a cavallo tra le province di Asti e Alessandria. È di pochi giorni fa il ricorso al Tribunale amministrativo regionale (TAR) che il Comune di Viarigi ha presentato contro le amministrazioni di Altavilla, Ottiglio e Casale, responsabili di aver autorizzato un impianto su un terreno all’interno dei confini di Altavilla ma ben visibile dal centro di Viarigi, distante un paio di chilometri in linea d’aria. Tra i promotori del ricorso ci sono il “Comitato tutela Viarigi e Vallegrana” e Franco Accornero, un agricoltore che lo scorso ottobre, andando sulla solita strada verso un suo campo, si era trovato di fronte a una recinzione che di fatto circondava la sua proprietà, rendendone complicato l’accesso.
Tutto era cominciato senza troppo clamore qualche mese prima, quando la Avellana, una società agricola di Costigliole d’Asti, aveva preso in affitto i terreni attorno al campo di Franco Accornero: circa 22.500 metri quadrati sui quali intendeva costruire un impianto agrivoltaico dalla potenza di 990 kilowatt. Ricevuto il via libera della commissione paesaggistica di Altavilla, i responsabili della società avevano aperto il cantiere.
Il paesaggio che cambia
A questo punto il paesaggio della vallata ha cominciato a cambiare, con una preoccupazione crescente tra i cittadini. Il ricorso al TAR – depositato a fine ottobre con la consulenza dell’architetto Maurizio Mario Ori, paesaggista affermato a livello internazionale – ha chiesto la sospensione immediata dei lavori. «È un atto dovuto verso il territorio e l’interesse collettivo dei cittadini», ha spiegato Francesca Ferraris, sindaca di Viarigi. Tanto più che l’area ricade nella cosiddetta buffer zone dei paesaggi vitivinicoli del Piemonte, la “zona cuscinetto” che l’UNESCO prevede intorno alle aree riconosciute come “Patrimonio dell’umanità”. Inoltre, Viarigi nel 2009 ha ristrutturato la Torre dei segnali, la fortificazione medievale che sovrasta il paese, oggi visitato dai turisti che vogliono ammirare il panorama delle colline. «E non una distesa di pannelli su pannelli», dicono in paese.
Negli ultimi tempi, il territorio del Basso Monferrato ha visto moltiplicarsi i progetti che sembrano non tener conto del danno al paesaggio, in una zona che sulla dolcezza delle sue colline, sulla scarsità di capannoni e megaparcheggi lungo i fondovalle ha saputo costruire una potenzialità turistica, economica e di qualità della vita non ancora del tutto sfruttata. Il paesaggio agrario qui è fatto di vigneti, campi di grano o girasoli, prati da fienagione, boschetti, pioppi, un baluardo contro la perdita di biodiversità che affligge le campagne intensamente mono-coltivate. I sindaci della zona sono in maggioranza contrari a questo fenomeno e chiedono di installare gli impianti per le energie rinnovabili in zone diverse da quelle coltivabili e patrimonio UNESCO.
Uno dei progetti più impattanti è quello previsto nel comune di Alfiano Natta (Alessandria), che occuperebbe una superficie di quasi 110 mila metri quadrati, con un’estensione di pannelli pari a circa sei campi da calcio. È in corso qui un’altra battaglia legale con il Comune in prima fila contro l’impianto. Il sindaco Marco Pavese tempo fa ha spiegato che «l’obiettivo non è ostruire una transizione energetica, quanto mai necessaria verso la produzione di energia tramite fonti rinnovabili e pulite, ma cercare di instradarla nella giusta direzione».
Lo scorso luglio la Provincia di Alessandria – cui spetta l’autorizzazione del progetto – ha dato parere contrario anche in seguito alle osservazioni prodotte dall’Acquedotto del Monferrato, perché le condutture per i cavi dell’impianto dovrebbero passare sotto la rete dell’acquedotto con evidenti rischi di sicurezza. Sembrava una vittoria ma Altea green power, la società titolare del progetto, ha fatto ricorso al TAR e ha ottenuto un provvedimento che riapre la questione. Ora si attende la convocazione alla Conferenza dei servizi nell’ambito della quale gli enti interessati dovrebbero presentare le loro osservazioni, e poi la Provincia dovrebbe decidere.
Paola Nebbia, presidente del “Comitato tuteliamo il Monferrato”, ha ricordato che l’impianto dovrebbe sorgere in una valle tra i Comuni di Penango (Asti) e Alfiano Natta. Poiché Penango ricade nella famosa zona buffer, l’azienda produttrice di energia ha scelto i terreni dalla parte di Alfiano, non soggetti a vincoli. Questo però non cambia niente rispetto all’impatto visivo dell’impianto, da entrambe le parti. Alfiano Natta poi non sarà all’interno della zona buffer UNESCO ma è una zona di produzione vitivinicola pregiata.
«Questa distesa di pannelli l’avremmo proprio sotto la finestra di numerose attività turistiche che sono sorte grazie al panorama di questa valle intonsa, un archetipo della bellezza monferrina: noccioleti alternati a prati, campi coltivati, piccoli boschetti, la stradina che sale verso la chiesa del paese. Una vista che attualmente non è rovinata neanche da un traliccio. Il problema è che al giorno d’oggi la terra costa niente», ha detto Nebbia a L’Unica. «Installare un impianto su un campo anziché sul tetto di un capannone probabilmente è molto meno dispendioso, si ha a disposizione una grande estensione immediatamente utilizzabile. Nel nostro caso poi tutta la valle era proprietà di un unico soggetto non residente che lasciava in affitto a terzi quei campi, che venivano coltivati a grano: cederli sarà stata la scelta più vantaggiosa per lui».
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Le contraddizioni del nuovo decreto-legge
Pochi giorni fa, il 21 novembre 2025, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto-legge n. 175, che fissa le nuove norme relative alle installazioni di impianti fotovoltaici sui terreni agricoli, definendo con precisione le aree non idonee, dove l’installazione non è consentita o richiede un livello massimo di tutela. Tra queste rientrano: i beni paesaggistici tutelati integralmente, le zone UNESCO con i relativi buffer, i parchi nazionali e regionali, i siti Natura 2000, le aree agricole di pregio e quelle gravate da tutela integrale del patrimonio storico-artistico.
Tutto bene quindi? Non proprio. Anche nelle zone di protezione dei siti UNESCO, infatti, l’installazione di un nuovo impianto agrivoltaico sarebbe consentita, purché soggetta al limite di potenza inferiore ai 5 MW. «Sono stati leggermente inaspriti i termini per determinare quali sono le aree non idonee ma poi è stata estesa a tutte le aree agricole la possibilità di realizzare impianti agrivoltaici», ha spiegato a L’Unica Lorenzo Lucchini, coordinatore della “Consulta per il paesaggio, l’agricoltura e le energie sostenibili”. «Avevamo sperato che ci fosse l’intenzione di proteggere i territori; invece, nel testo finale la solita manina ha aggiunto che è comunque sempre consentita l’installazione di impianti agrivoltaici, attraverso l’impiego di moduli collocati in posizione adeguatamente elevata da terra».
Lucchini è stato sindaco di Acqui Terme ed è anche presidente del comitato “Proteggiamo Regione Madonnalta”, che sta conducendo una battaglia contro un progetto di agrivoltaico contiguo a un santuario del Settecento. «Lavoriamo a una serie di osservazioni al Comune, alla Soprintendenza e agli enti preposti, soprattutto per aspetti legati alla paesaggistica e alla sicurezza delle persone che abitano lì, perché se il terreno su cui si installano i pannelli è in pendenza possono esserci problemi nella gestione dell’acqua. E poi c’è il tema dei BESS [Battery energy storage system, ndr], gli impianti di accumulo per immagazzinare energia in eccesso e rilasciarla quando necessario, costituiti da decine di container pieni di batterie al litio, rumorosissimi e illuminati giorno e notte. Un altro scempio che ci aspetta nel prossimo futuro».
Fiori e api sotto i pannelli
Ma che cosa si coltiverà sotto i pannelli solari di Altavilla e di Alfiano Natta? In entrambi i casi si prevedono prati fioriti, con la collocazione di arnie per la produzione di miele, asserendo che si svolgerebbe un servizio di tutela ambientale, incrementando la biodiversità e favorendo gli impollinatori. Mauro Pizzato, apicoltore referente dei progetti per apicoltura e mieli di Slow Food Italia, è dubbioso. «In realtà, il reale beneficio per gli impollinatori non è dimostrato. Sotto i pannelli non arriva l’acqua piovana e c’è ombra: di conseguenza la vegetazione si svilupperà essenzialmente nell’interfilare», ha detto a L’Unica. «Ciò che cresce sotto i pannelli avrà una produzione di nettare e di polline inferiore che renderà minimo l’interesse dei “pronubi”, gli insetti che volando da un fiore all’altro. Inoltre, dato che l’erba non deve essere troppo alta, si deve falciare: se lo si fa prima della fioritura, per le api non ci sarà nulla. Se invece si raggiunge un ciclo di fioritura, il periodo in cui le api potranno raccogliere il nettare sarà relativamente breve. Se avrò seminato un mix di erbe a fioritura scalare allora la fase produttiva durerà un po’ più a lungo, ma si tratterà di un’attività agricola decisamente limitata».
Sul tema, esiste uno studio delle università di Marsiglia e Avignone. «In venti parchi solari francesi abbiamo confrontato il numero di impollinatori e le interazioni tra piante e impollinatori sotto i pannelli solari, tra i filari tra i pannelli e all’esterno dei pannelli in aree mai ombreggiate – si legge nella ricerca –. Abbiamo scoperto che il numero di impollinatori e le interazioni tra piante e impollinatori sono rispettivamente inferiori del 76 e dell’86 per cento sotto i pannelli rispetto alle aree esterne, con risultati intermedi tra i filari».
Nel Basso Monferrato il paesaggio è un valore. Il turismo qui è prevalentemente naturalistico, con appassionati di trekking, mountain bike, passeggiate a cavallo, che percorrono le colline senza chiedersi dove passino i confini della buffer zone, e godono dei benefici effetti di un’armoniosa bellezza: la natura non ha asprezza o imponenza selvaggia, ma è paesaggio agrario che accoglie l’impronta del lavoro dell’uomo. Anna Bruno, guida turistica ed escursionistica ambientale, con la sua iniziativa “Camminare il Monferrato” porta a spasso per le colline folle di appassionati. «Oggi le persone sono molto sensibili al valore del paesaggio – ha detto a L’Unica –. Proteggerlo significa prendersi cura della nostra stessa identità. Quale emozione si può trarre da un paesaggio sfregiato? Ne resterà solo un brutto ricordo. Salvaguardare la bellezza e la storia di un territorio permette di trasmetterne l’eredità culturale ai visitatori e ai turisti».
Di conseguenza, come ha scritto su Altreconomia Paolo Pileri, professore ordinario di Pianificazione territoriale al Politecnico di Milano, i pannelli solari andrebbero «posizionati sui tetti dei capannoni logistici, commerciali e industriali prima di tutto, su tettoie da realizzare in tutti i posteggi pubblici con più di 50 auto, sopra gli impianti di depurazione, nelle stazioni di rifornimento carburanti, lungo le autostrade, e così via. Solo quando avremo finito di piazzarli da quelle parti, potremo pensare a nuove superfici». E invece con questo decreto-legge si rende il terreno agricolo l’opzione più appetibile.
Questa puntata di L’Unica Asti termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.
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