Il Monferrato «selvatico» dello scrittore Griffi

Il Monferrato «selvatico» dello scrittore Griffi
Gian Marco Griffi

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“Digressione” è il nuovo romanzo di Gian Marco Griffi, alessandrino per la nascita alla Clinica Salus, cresciuto a Montemagno, radicato nell’Astigiano. O meglio in quello che definisce il Monferrato «selvatico».

Uscito a inizio giugno per Einaudi, con le sue mille e più pagine “Digressione” segue “Ferrovie del Messico”, pubblicato da Laurana Editore tre anni fa con sorprendente successo: circa 56 mila copie vendute (per tacer delle traduzioni in diversi Paesi e dei premi ricevuti) con la prima ristampa distribuita dopo un solo mese (abbiamo perso il conto di quante ne continuano ad arrivare). Tutto questo in un’editoria dove raggiungere le mille copie vendute è un risultato decente. Il successo di “Ferrovie del Messico” è arrivato “nonostante” le 800 e più pagine e l’uscita con un editore meno “visibile”, in un mercato decisamente difficile, considerando che raggiungere gli scaffali più esposti delle librerie è un’impresa.

Il Monferrato «selvatico»

Quelli di Griffi sono romanzi in cui ci sono molti luoghi, ma dove si parte sempre da Asti e dal Monferrato. L’autore, in una lunga chiacchierata con L’Unica, cita tra i vari scrittori di riferimento Beppe Fenoglio. E da quel piccolo grande libro che èLa malora” prendiamo spunto, proprio per parlare del Monferrato (e delle Langhe).

«“La malora” racconta le Langhe prima della scoperta del petrolio – scherza Griffi, ma non troppo –. Come gli arabi si sono arricchiti col petrolio, loro si sono arricchiti con il vino». Invece, nel Monferrato, «a un certo punto quelli della mia generazione hanno abbandonato le vigne, hanno abbandonato la terra, hanno preferito andare a lavorare in fabbrica. Adesso c’è stata la riscoperta da parte dei milanesi, dei texani, dei niuiorchesi che arrivano e pagano per andare a vendemmiare. Cosa che io da ragazzo detestavo, quando mio nonno mi costringeva a vendemmiare la sua piccola vigna impossibile e pendente. Com’è cambiato il mondo».

«Tutto questo è la bruttezza e la bellezza di essere nati in un posto così. Fa parte di noi», continua, raccontando del ruolo che per lui ha il paesaggio. «È una parte integrante dei personaggi, e di me che scrivo – spiega –. L’essere umano ha plasmato il paesaggio, il paesaggio ha plasmato l’essere umano. In “Digressione” torna infatti il tema della civiltà rurale, dell’unione tra l’uomo e la natura. Torna a livello di raccolto, di alberi, di animali, di riti propiziatori. Un’unione che abbiamo noi esseri umani di provincia che abbiamo vissuto nella campagna».

«E il Monferrato riesce a mantenere uno spirito fenogliano, può essere ancora raccontato per il rapporto tra chi ci abita e la terra che ci accoglie: è ancora genuino, molto selvatico», aggiunge. Ed è diverso dalle Langhe, che «sono diventate un luogo dove, se non sembriamo in qualche modo finti, i turisti non possono appassionarsi, e sia chiaro non ce l’ho con le Langhe ma con questo modo di fare turismo. Dalle nostre parti, quando noi eravamo al bar e arrivava un pullman, arrivava qualcuno che non conoscevamo, la prima cosa che ci si chiedeva era: ma questi cosa vogliono?». (Piccola chiosa: ci ha fatto ricordare un altro astigiano illustre, Paolo Conte, che parlando di Genova cantava «di quella gente che c’è lì, che in fondo in fondo è come noi, selvatica»).

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Il lavoro al circolo del golf

Gian Marco Griffi si è definito «scrittore del lunedì». Non fa il barbiere, ma dirige il Golf Glub Margara di Fubine, in provincia di Alessandria: «Un lavoro che non c’entra assolutamente niente con il mondo della scrittura», e che lui ama molto.

Il successo (e successo lo scriviamo noi, lui non lo direbbe) «ha cambiato tutto in meglio per il semplice fatto che io non mi sono minimamente lasciato condizionare. Prima di tutto per mia indole. Io stento veramente a sentirmi uno scrittore, paradossalmente mi sentivo più scrittore quando nessuno voleva pubblicarmi i racconti, rispetto ad adesso che mi dico: però, cavolo, sono arrivato a pubblicare per Einaudi, pochi anni fa non ci avrei creduto», spiega. Nel tempo il lavoro di Griffi è cambiato: «È tutto molto più difficile, per il poco tempo disponibile. Scrivere mi assorbe in maniera totale».

“Digressione” è stato scritto, e rivisto, in pochi mesi. «Il 24 ottobre 2024 Francesco Colombo (direttore editoriale di Einaudi Stile Libero) mi ha telefonato e mi ha detto: ciao, vorremmo uscire col tuo romanzo il 3 giugno 2025 – ha raccontato Griffi su Facebook –. Mi è preso un tuffo al cuore: Francesco non poteva saperlo ma io, del nuovo romanzo, non avevo ancora scritto una riga. Mi ha chiesto: ce la fai a consegnarci la bozza per il 3 febbraio in modo da avere il tempo di fare l’editing e andare in stampa intorno ai primi di maggio? Naturalmente ho risposto di sì. Che cosa dovevo rispondere?».

«Mi sono dedicato anima e corpo, è stata una lotta», spiega a L’Unica. Ma grazie ai due mesi di chiusura del circolo di golf, ha avuto la possibilità di scrivere dalla mattina alla sera. «Ho imparato che la letteratura e scrivere sono un meraviglioso gioco, e come tutti i giochi va fatto seriamente. Tenendo presente che per tutte le persone che lavorano con me è, appunto, un lavoro e questo mi richiede la massima serietà, la massima professionalità».

Il lavoro di revisione ha coinvolto gli editor Greta Bertella e Giulio Mozzi «anche per quindici-diciotto ore al giorno», hanno detto a L’Unica davanti a un caffè. Il racconto di quel periodo – il loro – è affascinante come la lettura di un buon libro. E Bertella ha riassunto l’impegno con una singola, importante, parola: «Amore».

«Gian Marco ha la capacità di tirare fuori una storia da qualunque cosa, e usa benissimo il meccanismo dell’incastro», aggiunge Mozzi, che aveva letto quasi quindici anni fa un manoscritto di Griffi: «Una raccolta di racconti sbalorditivi per la capacità di invenzione e l’imprevedibilità, anche se inseriti in una cornice di tipo trattatistico che, a una prima lettura, trovai piuttosto brutta». Da direttore della collana di narrativa sperimentale “Fremen” per Laurana Editore, gli propose la pubblicazione, a una condizione: «Ti pubblicherò se tu riuscirai a scrivere un romanzo». E il romanzo arrivò.

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Un’«opera mondo»

Scrittore, insegnante di scrittura, geniale scopritore e accompagnatore di talenti, Mozzi ha saputo credere in un autore di “opere mondo”.

«Le “opere mondo” sono opere che esprimono l’epica nella modernità, complesse, infinite, digressive, allegoriche, polisemiche e aperte. Non più un attraversare i generi, ma i contenuti che essi possono veicolare». La definizione, dodici anni fa, l’ha data un gruppo di giovani allievi della Holden, la scuola torinese di scrittura e storytelling.

Un’etichetta che si adatta perfettamente al lavoro di Griffi. «Certo, le mie sono opere mondo – conferma –. Ci sono arrivato per accumulo, a forza di scrivere racconti, mi sono accorto che andavano a formare un immaginario unico, andavano a costruire un mondo che è diventato, poco alla volta, un tutt’uno». Griffi lo descrive come «il mosaico entro il quale inserivo le mie storie». «Prima con “Ferrovie del Messico” e adesso ancor più con “Digressione”, ho provato a costruire questo mondo cercando di inserirvi dentro una storia, alla quale si andassero a intrecciare tutte le altre», aggiunge.

Gian Marco Griffi

Il viaggio verso la gentilezza

«Non possiamo essere gentili in questo mondo oscuro». Quando Arturo Saragat, il protagonista del romanzo, trova un misterioso libro, intitolato “Historia poetica”, questa è la prima frase che legge. Convincendosi che quel che sta facendo, ovvero una forma di male, sia profondamente sbagliato. Il lungo viaggio di “Digressione” parte da qui.

«La gentilezza più che un innesco, è un tema ricorrente del romanzo, che io prendo da Brecht, uno tra i grandi autori a professare la necessità che l’essere umano provi a essere gentile. Facendo mia questa cosa, modificandola, riscrivendola, attualizzandola». Griffi è consapevole di vivere in quello che lui descrive come «un mondo oscuro, uno dei periodi più oscuri che io ricordi». «Sono cresciuto in un’epoca in cui l’oscurità sembrava destinata a essere sconfitta – dice –. All’inizio degli anni Novanta, quando avevo 14 anni, le lancette dell’orologio dell’apocalisse erano alle 23 e 47, e adesso a quanto sono? Un minuto, mezzo minuto dalla mezzanotte». Griffi verifica e, dopo l’intervista, precisa: «Oggi le lancette segnano le 23:58 e 31 secondi». Temiamo stiano continuando ad avanzare.

Ma cosa è successo? «È successo che siamo degli stronzi, non riusciamo a fare a meno di essere aggressivi, è probabilmente una componente innata dell’essere umano. Come il prevaricare sui più deboli. E infatti adesso si vedono, in Italia, nel mondo, cose orribili: non riusciamo a tollerare e accettare i diritti, a concederli anche se un diritto in più per una persona non toglie niente agli altri. In questo periodo storico, più che mai, serve che qualcuno cerchi di essere gentile».

«Io ci credo», aggiunge, alzando per un momento il tono sempre molto gentile della voce. «Anche se so che è immensamente difficile credere nell’atteggiamento umano di chi si prende la responsabilità di proteggere i più deboli. Noi come esseri umani non possiamo impedire il male, in generale, ne sono consapevole. Ma possiamo impedire di esserne parte, dobbiamo assumere la responsabilità di provarci. È un tema che ricorre moltissimo nel romanzo».

Non vogliamo raccontare altro del libro, che deve essere letto, oltre che per i contenuti, per il linguaggio: «Per me è fondamentale, è il cuore della narrazione». Ma possiamo dire che il lungo, tortuoso viaggio porterà Arturo Saragat (e, ci auguriamo, i lettori) al «dobbiamo essere gentili in questo mondo oscuro».

 «In questo romanzo l’universo poético y pintoresco immaginato da Gian Marco Griffi fin dai suoi primi libri, ed esploso come un big bang narrativo in “Ferrovie del Messico”, continua inarrestabilmente a espandersi e a moltiplicarsi, viaggiando a forsennata velocità verso i limiti della letteratura.» (Greta Bertella e Giulio Mozzi)

Questa puntata di L’Unica Asti termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

📌 Parlano di noi! In un articolo pubblicato il 27 giugno su Prima online, una testata giornalistica che si occupa del mondo dell’informazione e della comunicazione, potete trovare il racconto del nostro progetto. Si legge qui.

📷 Il 2 luglio la redazione di L’Unica si è riunita a Torino per un incontro con le collaboratrici e i collaboratori.

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