Da Lagos ad Asti per combattere i trafficanti di donne

L’Unica Asti fa parte di un nuovo progetto di newsletter locali, che parte da quattro province del Piemonte.
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Faccelo sapere qui«Sono arrivata in Italia nel 1999, a Torino. Avevo 24 anni». Quando Princess Inyang Okokon incontra L’Unica è il giorno del suo compleanno. Nella sede di PIAM Onlus – il Progetto per l’Integrazione e l’Accoglienza dei Migranti che ha contribuito a fondare ad Asti – Princess è serena e sorride, seduta all’ombra di due piccole sculture che raffigurano il miracolo di Lourdes, con la Madonna che appare a Bernadette. «È bello qui», dice. Più tardi confiderà di essere molto religiosa e di essere diventata una predicatrice pentecostale.
«Il progetto di accoglienza per le vittime di tratta per la prostituzione è nato nel 2000», racconta. La storia di Princess è uguale a quella di migliaia di ragazze nigeriane che finiscono in strada, raggirate per mano dei trafficanti. «Girano per i paesi dell’Africa in cerca di ragazze fragili, le riempiono di promesse, parlano di una vita bellissima in Europa. E le convincono». Il lavoro c’è, ma non è quello che si aspettano le donne alla partenza: «A me avevano promesso di fare la cuoca, una volta arrivata in Italia».
Promesse e realtà
Non era una promessa inverosimile: in Nigeria, Princess era proprietaria di un ristorante locale a Uyo, nell’Akwa Ibom State, la cucina era il suo mestiere. «Un giorno una signora ben vestita mi dice che in Europa avrei potuto diventare ricca facendo la chef». La tentazione è forte: Princess si fa convincere, lascia il ristorante a una cugina e si trasferisce prima a Benin City (capitale dello stato nigeriano di Edo) e poi a Lagos. «Mi pagarono l’hotel e mi dissero che dovevo restare lì per qualche mese – ha raccontato – il tempo necessario perché loro potessero procurarmi un passaporto falso della Sierra Leone. Là c’era la guerra civile: a Londra avrei potuto ottenere lo status di rifugiata».
Sei mesi dopo, Princess viene imbarcata su un volo per l’Inghilterra insieme a un gruppo di altre ragazze. Atterrata a Londra, viene accompagnata dalla polizia in un piccolo albergo, in attesa che le autorità locali vagliassero la sua posizione e sbrigassero le pratiche per l’asilo. «Non so cosa mi prese – ha ricordato – l’idea di dover ancora aspettare chissà quanto tempo, con il rischio di essere rimandata indietro, mi spaventava. Vidi che un gruppo di ragazze si preparava per scappare, e decisi di unirmi a loro».
Scappare per andare dove? «Non lo sapevo: chiamai l’unico contatto che avevo e vennero a prendermi con alcuni uomini. Avevo paura, pensavo fossero furiosi. Invece ridevano, dicevano che li avevo fatti spendere meno». Solo dopo capirà che erano contenti perché avrebbero risparmiato i soldi per le pratiche, probabilmente anche quelli necessari per ungere qualche ruota e corrompere qualche funzionario con cui erano entrati in contatto.
Il piano dei trafficanti cambia, ma l’obiettivo resta lo stesso. Fanno salire Princess e un paio di altre ragazze su un’auto: con quella passano il tunnel della Manica, poi attraversano la Francia e dal Fréjus entrano in Italia. Alle frontiere i controlli sono blandi e Princess arriva a Torino: è senza permesso di soggiorno, a tutti gli effetti è un’immigrata irregolare. Clandestina, direbbe qualcuno.
Dai sogni alla strada
«A Torino mi portano a casa di una donna, ma lei non c’è – ha raccontato a L'Unica – “sta per partorire”, mi dicono. Lì incontro altre quattro ragazze, nigeriane come me, ma di un’altra regione. Non abbiamo troppa confidenza: parlano un dialetto che non è il mio, ma una cosa la capisco: “Stiamo aspettando che ci vengano a comprare”».
Intanto, la padrona di casa rientra dall’ospedale. Princess aveva pensato di rendersi utile durante la sua assenza, lavando i piatti e tenendo in ordine la casa. Quando rientra, la donna è soddisfatta e le fa una promessa: «Mi disse che sarei stata la prima a essere venduta. Io non sapevo cosa risponderle». Di lì a breve l’affare si è chiuso: «Mi aveva venduto a un’altra donna per 13 mila euro e mi fece sapere che quei soldi avrei dovuto restituirli lavorando. Non solo, dovevo pagare il viaggio, il cibo, l’alloggio, i vestiti. Il mio debito era enorme: 45 mila euro».
La nuova madame le comprò degli abiti succinti. «C’erano anche delle scarpe con i tacchi altissimi. Ho pensato subito che quei vestiti c’entravano poco con il progetto di fare la chef, ma ancora non capivo cosa stesse succedendo». Non lo ha capito nemmeno il giorno dopo, quando la padrona di casa le aveva buttato dei soldi sul letto e le aveva insegnato a distinguere le banconote. Compresi di essere caduta in trappola solo la terza sera, quando un uomo mi aveva accompagnato in corso Regina Margherita. C’erano altre ragazze poco vestite, si fermavano degli uomini. Ma io sono molto credente: non avrei mai potuto fare la puttana».
La “profezia” che si avvera
Quella notte, Princess l’aveva trascorsa in lacrime nascosta dietro a un bidone dell’immondizia. «In quel momento ho sentito nella mia mente una voce che mi parlava. Un anno prima di partire, in Nigeria, ero stata in una chiesa pentecostale diversa dalla mia. Il pastore, che non avevo mai visto, mi disse che il mio destino era di arrivare in Europa per aiutare le donne in cattività e in schiavitù. Disse proprio così, e all’inizio non capii cosa significasse quella frase. Ma lì, di notte, nascosta per strada in una città che non conoscevo, quella voce mi ricordò quelle parole. Provai a chiederle se tutto quello era necessario, se per aiutare le altre persone dovevo fare la prostituta. Ma la voce non mi rispose».
In corso Regina Margherita, un viale ampio che va verso la tangenziale di Torino, Princess non “lavorò” né quella notte né quella successiva. La madame, in risposta, la picchiava, la lasciava senza cibo e aveva organizzato persino uno stupro per convincerla a diventare una prostituta. «L’uomo che avrebbe dovuto violentarmi alla fine non lo fece. Ma mi disse che dovevo prostituirmi ed estraniarmi dal mio corpo». Una volta, Princess è anche finita in ospedale perché la madame le avevo aperto la testa con il tacco di una scarpa. «Io intanto continuavo a pregare – ha ricordato – a chiedere a quella voce che cosa dovevo fare».
Una notte, in quello che i torinesi chiamano semplicemente “corso Regina”, Princess incontra un uomo diverso dagli altri. «La vidi per strada e mi fermai a parlarle – ha raccontato a L’Unica Alberto Mossino, l’attivista che qualche mese più tardi avrebbe fondato il PIAM insieme a lei – mi raccontò la sua vita, e ne rimasi colpito». È un incontro che cambierà la vita di entrambi. Mossino ne parlò con un prete, don Giuseppe Gallo, che poi ha accolto la ragazza in casa sua. Intanto, nonostante le arrivarono ripetute minacce di morte, Princess aveva denunciato la madame. Si recò in tribunale a deporre contro di lei e la donna venne condannata a quattro anni di carcere. Quando Don Gallo chiese a Princess cosa volesse fare della sua vita, lei rispose: «Voglio aiutare le altre persone che hanno sofferto come me». E così la profezia si avverò.
La rinascita di Princess
I primi passi del PIAM sono le “unità di strada”: gruppetti di volontari che avvicinano le prostitute sulla provinciale tra Asti e Alessandria, dialogano, cercano di conquistare la loro fiducia, parlano delle malattie sessualmente trasmissibili e dei rischi di contagio. Soprattutto, spiegano che quella vita non è l’unica possibile. Princess ne ha convinte molte, tutte accolte nei locali della parrocchia di Don Gallo. Negli anni la onlus si è consolidata, sono arrivati fondi dalle istituzioni, dalle fondazioni bancarie, dalle associazioni umanitarie internazionali. Grazie a sostenitori e donazioni, gli appartamenti a disposizione del PIAM si sono moltiplicati, così come le donne che vengono sottratte ai trafficanti. Princess, adesso, si sente invincibile e sicura di sé: «Paura? Certo che ho paura. Ma io so di essere più forte di loro, perché Dio mi ha dato un potere».
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Con gli anni, questo approccio si è sviluppato fino a realizzare progetti di inclusione e inserimento lavorativo per le donne vittime della tratta e per tutte le altre migranti. In seguito, i progetti di inserimento lavorativo vengono rivolti anche agli uomini.
Dagli aerei ai barconi, come cambia la tratta delle donne
L’esperienza di Princess è utile anche per capire come è cambiato il fenomeno migratorio: se trent’anni fa le donne arrivavano in aereo con documenti falsi, oggi arrivano con i barconi. I trafficanti, poi, vanno a cercare donne da ingannare nei villaggi periferici, dove il grado di istruzione e alfabetizzazione è più basso.
Così, quando arrivano i barconi provenienti dalla Libia, Princess va a Lampedusa o in Sicilia per cercare di intercettare queste donne e consegnare loro il numero verde attivato dal PIAM per le vittime di tratta. Molte spesso sono accompagnate da “falsi mariti” per non destare sospetti.
Per il suo lavoro, nel 2022 Princess Okokon ha vinto l’Ypres Peace Prize, un riconoscimento internazionale per la pace assegnato ogni tre anni dalla città belga di Ypres. Quando Princess è andata a ritirare il premio, ha voluto organizzare un seminario per tutti gli studenti e raccontare la sua storia.

Due anni dopo, il denaro di quel premio ha consentito a Princess di consolidare The Liberated Woman, una cooperativa di microcredito che ha creato in Nigeria con l’obiettivo di sostenere le donne nell’avvio delle proprie attività. Attraverso piccoli prestiti del valore massimo di 200mila naira (circa 110 euro), le destinatarie dei fondi possono avviare piccoli commerci e mandare i propri figli a scuola e coprire le spese per gli esami. Finora, Princess ha investito circa 30 mila euro, coinvolgendo oltre cento donne in diverse città della Nigeria.
La cooperativa sostiene anche le giovani che desiderano seguire corsi di formazione professionale, aiutandole a pagare le rette per ottenere certificati qualificanti, e si è attivata nell’assistenza agli orfani, acquistando libri e materiale scolastico o pagando direttamente le tasse scolastiche. L’approccio del sostegno all’autonomia economica delle donne, lanciato in Nigeria, è stato replicato anche da PIAM ad Asti con corsi di avviamento professionali brevi ma pensati proprio per i migranti che non hanno la possibilità di studiare per lunghi periodi.
«Ma per accompagnare chi desidera liberarsi dallo sfruttamento, un elemento centrale, spesso trascurato, è quello spirituale», ha concluso Princess. «Molte di queste giovani, talvolta poco più che adolescenti, hanno partecipato a un rituale voodoo o juju per suggellare il legame con la madame. Non hanno paura di scappare, ma sono terrorizzate che se non restituiranno il debito saranno vittime di sfortune. Ma io dico loro che il mio potere è più forte della magia nera. Io sono l’esempio vivente che si può sopravvivere senza dipendere da nessuno».
Questa puntata di L’Unica Asti termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.
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