Morano, un autodromo che non c’è più e i progetti per riaprirlo
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«Potremo riaprirlo, ma soltanto per le prove. Niente competizioni, per il momento». Qualche anno fa Giovanni Deregibus, con il Gruppo Holdim, di cui è titolare e fondatore, ha acquisito l’autodromo di Morano, un impianto nel Casalese dove fino agli anni Settanta del secolo scorso correvano le automobili. Con L’Unica, Deregibus parla esplicitamente di «impegno per la rinascita» di un sito che è parte della storia italiana dell’automobilismo e che dal 1980 era in stato di totale abbandono.
«Se riusciamo a sanare tutto il pregresso potremo riattivarlo», ha spiegato. «Il nostro obiettivo, nonostante i comitati contro l’autodromo che tuttora ci sono, è di farne un circuito per prove e sfruttarlo per attività motoristiche: raduni, manifestazioni». Non solo, «vogliamo creare delle attività di contorno che potrebbero portare una serie di benefici, anche per lo sviluppo del territorio. Morano si presta per molte iniziative, non solo motoristiche. In altri circuiti, anche italiani, si organizzano concerti, gare di biciclette. Ci sono richieste del Politecnico di Torino, e di importanti costruttori che vogliono fare test per lo sviluppo in un ambiente riservato. Test per i quali non puoi andare negli autodromi più frequentati, per esempio, a Monza. Questo darebbe appunto un contributo significativo per la crescita economica della zona».
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La prima (breve) vita felice
C’è un nome che nell’automobilismo è sinonimo di massimo prestigio: Ferrari. Un nome che torna più volte nella storia dell’autodromo di Morano: il 19 marzo del 1973, all’inaugurazione del circuito venne chiamato Arturo Merzario, il pilota di Formula 1 che tre anni più tardi avrebbe salvato la vita a Niki Lauda, tirandolo fuori dall’auto in fiamme sul circuito tedesco del Nurburgring. Nel ’73, Merzario arrivò a Morano con una Ferrari 312 B2, fece qualche giro e stabilì il primato della pista in poco più di un minuto: 1’01”1, alla media di 145 chilometri orari. «Ho incontrato Merzario di recente – ha raccontato Deregibus a L’Unica – e mi ha fatto avere il filmato RAI che venne girato quel giorno. Mi ha anche detto che sogna di tornare a girare in questo autodromo».
Per alcuni anni a Morano hanno corso le monoposto di Formula 3, con giovani piloti che avrebbero fatto carriere di grande prestigio, come Riccardo Patrese, Piercarlo Ghinzani, Siegfried Stohr, Beppe Gabbiani, l’alessandrino Piero Necchi. Qui si gareggiò per il campionato Interserie, riservato a prototipi senza limite di cilindrata, e sul podio salì anche Lella Lombardi, la pilota di Frugarolo che è tuttora l’unica donna ad avere ottenuto punti nel mondiale di Formula 1. Qui venivano a correre, portando un notevole indotto, gli svizzeri: nella confederazione infatti le gare su pista erano state proibite dal 1955, dopo la tragedia di Le Mans, quando in seguito a un incidente nel corso della “24 ore” i frammenti di un’auto in fiamme piombarono sulla tribuna, provocando la morte di 81 spettatori e di un pilota. Qui, tra il 1973 e il 1977 fece tappa il Giro automobilistico d’Italia, che negli anni Settanta visse un periodo di gloria sportiva: le Lancia Stratos Turbo Silhouette furono tra le ultime automobili a rombare (usiamo questo termine non a caso, visto quello che sarebbe successo dopo).
Qui, quando non c’erano gare, le case automobilistiche venivano a provare i loro prototipi. Qui i giornalisti e i tecnici di Quattroruote svolgevano i test da pubblicare sulle pagine del mensile. In sintesi un successo crescente, anche di pubblico. Nel 1974 – l’anno di maggior successo – si superarono i centomila spettatori, attratti anche da una caratteristica rara per gli autodromi: da ogni punto delle tribune era possibile vedere lo sviluppo dell’intero percorso.
Le proteste della popolazione e lo stop
A chiuderlo era stato il sindaco. Ma non quello di Morano, quello di Pontestura, il comune confinante sul cui territorio si estendeva una parte del circuito. Una storia strana, che La Stampa del tempo riassunse così: «Per una determinata e particolare conformazione geografica, il rumore delle vetture e delle moto reca un notevole fastidio agli abitanti di Pontestura, un paese situato sull’opposta riva destra del Po. Nacquero le prime proteste, cui fecero seguito delle ricerche accurate. Si scoprì così che gran parte del terreno su cui sorge l’autodromo fa parte del territorio di Pontestura, e non di Morano Po, come si era creduto in un primo tempo. Era stato il fiume che, cambiando il suo corso nel volgere degli anni, era giunto a lambire l’abitato di Pontestura, lasciando “all’asciutto” vasti terreni alla sua sinistra. Di conseguenza, si scoprì che l’autorità comunale competente, cioè quella di Pontestura, non aveva rilasciato alcun permesso edilizio a favore del circuito».
Fu l’inizio di una battaglia a colpi di ordinanze, ruspe, ricorsi al Tribunale amministrativo regionale (TAR) e controricorsi. Una guerra dal finale già scritto: la chiusura dell’impianto. «Oggi i veicoli non hanno quell’impatto acustico che avevano negli anni Settanta quando tutti viaggiavano con marmitte dirette e scarichi aperti. Ma l’accusa di far rumore rimane ancora. La maggior parte delle persone che si lamentavano allora non c’è più, ma la lamentela è rimasta», ha commentato Deregibus. D’altro canto, però, è rimasta una base di appassionati che ricordano, pure sui social, i tempi in cui l’autodromo era aperto e attirava migliaia di persone. Molti di loro conservano fotografie e documenti. «All’interno del sito c’è anche una cascina, mi piacerebbe trasformarla in un museo, per esporre le tante cose che numerosi appassionati mi stanno facendo avere».
Il ritorno della Ferrari (ma era solo un film)
Oggi l’autodromo è completamente asfaltato, e «gode di buona salute, malgrado i box abbiano cinquant’anni e quindi siano un po’ deteriorati», ha spiegato Deregibus. Questo ha consentito un ritorno a Morano del «cavallino rampante» della Ferrari, sia pure in un modo un po’ particolare: non nella realtà, ma nella finzione del grande schermo. Qui, infatti, sono state girate alcune scene del film “Ferrari”. Una produzione internazionale con un regista come Michael Mann e protagonisti di fama globale: Adam Driver, Penelope Cruz, Patrick Dempsey tra gli altri. «Siamo inciampati in questa opportunità, abbiamo messo l’impianto a disposizione della Film commission della Regione Piemonte. Peccato che il film non ha avuto quel gran successo che si sperava», ha detto Deregibus. La pellicola ha incassato nel mondo circa 41 milioni di dollari, ha avuto molte recensioni positive ma in Italia è stata poco vista.
Il futuro possibile
Indubbiamente nell’impegno di Giovanni Deregibus per la rinascita dell’autodromo ha contato la passione per l’automobilismo. Da quella passione era nata all’inizio degli anni Novanta la sua attività imprenditoriale con “Dimensione Sport”, con la produzione di moduli per la mappatura delle centraline di auto, trattori, camion, barche. Il Gruppo Holdim – di cui Deregibus è titolare e fondatore – offre soluzioni che migliorano le performance ambientali di ogni tipo di motore. L’obiettivo è la mobilità sostenibile con l’utilizzo di sistemi-vettori a emissioni zero, con particolare attenzione anche agli sviluppi riguardanti l’idrogeno e i biocarburanti. Nel 2024 ha per esempio raggiunto la sede di Serralunga di Crea, passando per l’autodromo di Morano, un camion full hydrogen arrivato in Italia sulla direttrice Paesi Bassi-Milano-Monferrato, dopo avere percorso quasi 1.500 chilometri a zero emissioni.
Il futuro, a questo punto, è legato alle dichiarazioni di Deregibus: la speranza e l’impegno perché il circuito – di fatto l’unico con un potenziale importante del Piemonte, che pure è la regione capitale dell’auto – torni a vivere, nella nuova veste pensata dalla proprietà. Con le concrete prospettive di sviluppo per un territorio che in passato non l’ha di certo amato.
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