Museo del tartufo, quasi tre milioni per un progetto che non decolla

Museo del tartufo, quasi tre milioni per un progetto che non decolla
Foto: Unsplash

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Un polo culturale di eccellenza, capace di raccontare il tartufo non solo come prodotto gastronomico, ma come patrimonio naturale, storico e artistico. È questa l’ambizione del MUDET, il Museo diffuso del tartufo di Alba e Montà, nato dalla collaborazione tra le due amministrazioni comunali con il sostegno della Regione Piemonte. Oggi, però, a distanza di anni dall’avvio del progetto, il bilancio appare insoddisfacente: la sede di Alba non raggiunge gli obiettivi di pubblico, mentre quella di Montà è ancora bloccata da ritardi e problemi strutturali.

A sollevare il caso sono l’“Osservatorio per la tutela del paesaggio di Langhe e Roero” e due organizzazioni di volontariato: “Comuneroero” e “Canale Ecologia”, che in una lettera aperta hanno parlato di un’iniziativa «impantanata», chiedendo di «salvare il salvabile».

Alba, un terzo dei visitatori preventivati

La sede albese del MUDET, inaugurata nell’ottobre 2023 all’interno del cortile della Maddalena nel cuore del centro storico, si estende per circa 500 metri quadrati. Il progetto, realizzato con un investimento di 2,7 milioni di euro – come ricordano gli autori della lettera aperta – è stato finanziato grazie a uno stanziamento della Regione Piemonte, previsto da un protocollo d’intesa siglato il 23 novembre 2017 insieme al Comune di Alba. Il business plan prevedeva 30 mila visitatori paganti all’anno, considerati necessari per coprire i costi di gestione, affidata direttamente al Comune per decisione della precedente amministrazione guidata da Carlo Bo. Questi costi sono stati stimati intorno ai 155 mila euro, suddivisi approssimativamente in 70 mila euro per il personale per l’apertura, la sorveglianza e le pulizie; 30 mila per le utenze e 50 mila per la biglietteria.

Ma il consuntivo del 2024 ha certificato appena 10 mila visite nell’anno. Per questo motivo, la nuova amministrazione, insediatasi nel giugno scorso, ha deciso di aprire la gestione al terzo settore tramite un bando e una convenzione, con l’obiettivo di affidare al soggetto vincitore la programmazione, la progettazione e la conduzione del museo.

L’assessora alla Cultura di Alba, Caterina Pasini, ha confermato a L’Unica la necessità di un cambiamento: «Il MUDET non deve essere percepito come un “peso” per il Comune, ma come una risorsa. Per questo abbiamo scelto di non chiuderlo ma di aprirlo a nuove forme di gestione. L’obiettivo è trasformarlo in un contenitore vivo, con attività collaterali, mostre temporanee, iniziative per i giovani e un’offerta che dialoghi con il territorio». Pasini ha comunque riconosciuto i limiti del modello finora adottato: «I numeri contenuti nel business plan sono stati ampiamente disattesi. Per questo dobbiamo rivedere la gestione del progetto sulla base dei dati reali. Inoltre, per poter sfruttare tutte le potenzialità di questo museo occorrono competenze specifiche, come d’altronde succede in tutte le realtà museali. Occorre una direzione museale in grado di corredare il museo di contenuti e di gestirlo con mostre temporanee, con eventi, con laboratori sensoriali. Il Comune, che in sé non ha queste competenze, pur non intendendo esternalizzare la gestione del museo, ha comunque scelto di affidarsi a realtà esterne qualificate».

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Il bando per la selezione dell’ente si è concluso il 17 settembre e ha già individuato il proponente: si tratta del “Centro nazionale studi del tartufo” un organismo nato nel 1996 come branca dell’Ente turismo Alba Bra Langhe Roero con lo scopo di diffondere la conoscenza del tartufo come prodotto di nicchia. «A nostro avviso è un soggetto adatto a contribuire alla gestione del museo proprio perché è quello che maggiormente padroneggia il tartufo, lo conosce, lo approfondisce: oltre a essere un punto di raccordo con le città italiane del tartufo, è il soggetto maggiormente competente sul nostro territorio», ha aggiunto l’assessora. Il cronoprogramma prevede ora di aprire un tavolo di co-progettazione con il soggetto proponente, valutare un’eventuale variazione di bilancio in Comune e stipulare la convenzione; il “Centro nazionale” potrà poi coinvolgere altre realtà territoriali e, insieme al Comune, valutare le attività da realizzare.

Si tratta di un’esperienza di partenariato pubblico-privato che ha già suscitato le critiche dell’opposizione. «Le obiezioni della minoranza sono di due tipi: tecniche e finanziarie. Le opposizioni sostengono che i costi per il Comune resterebbero elevati, ma oggi il museo registra già una perdita. Con la coprogettazione possiamo invece ottimizzare costi e relativi servizi», ha commentato Pasini. Secondo l’assessora, un esempio è l’apertura del museo, che attualmente è garantita per 360 giorni all’anno. «Ma i dati sugli ingressi mostrano che in alcuni periodi – come gennaio o febbraio – l’affluenza è particolarmente bassa. La manifestazione di interesse richiede un minimo di apertura di 200 giorni l’anno, in linea con altri musei del settore, come il “Museo del Vino di Barolo”. Questo non significa perdere posti di lavoro: il “Centro studi” ha proposto di continuare a collaborare con la stessa cooperativa attiva oggi, ma con un orario ridotto e più razionalizzato».

Montà: lavori fermi e infiltrazioni d’acqua

Se Alba fatica ad attrarre pubblico, a Montà il problema è più radicale: la sede prevista in uno spazio sotterraneo di circa 900 metri quadrati, con un allestimento a carattere multimediale e sensoriale, non ha mai aperto. Il progetto da circa 2 milioni di euro, originariamente concepito per essere inaugurato insieme a quello di Alba, è fermo al primo lotto di lavori, tra opere edili e impiantistiche, bloccato da infiltrazioni d’acqua e difformità rispetto al capitolato. L’accordo con l’impresa, che prevedeva la consegna entro aprile 2024, non è stato rispettato. Il collaudo è tuttora in corso, ma già si teme un esito negativo. Senza la chiusura del primo lotto, è impossibile passare al secondo, dedicato agli allestimenti.

Gianluca Costa, già consigliere comunale a Torino e oggi sindaco di Montà, è stato tra gli ideatori del “Museo del Tartufo”. «Lo spazio sotterraneo è stato pensato appositamente: il tartufo è un fungo sotterraneo e l’idea di scendere sottoterra per scoprirlo aveva un forte valore suggestivo», ha detto a L’Unica. «Una sala già esistente e nata come centro congressi privato è stata acquisita proprio con l’obiettivo di realizzare questo museo». Ma le cose sono andate diversamente: «Quando sono entrato in carica (a giugno 2025, ndr) mi sono trovato con i lavori ormai conclusi, lavori che non sono stati fatti a regola d’arte. Abbiamo delle infiltrazioni provenienti dalla soletta, quindi dalla piazza esterna che si trova sopra lo spazio ipogeo, e questo ci impedisce di procedere. L’impresa sostiene di non avere responsabilità, così come il direttore dei lavori, ma io ho chiarito che la responsabilità non può ricadere sul Comune, che si è limitato ad appaltare i lavori e, perciò, non può essere ritenuto responsabile del loro corretto svolgimento». 

A breve verrà portato a termine il collaudo dell’opera, che sarà inevitabilmente negativo. «Da lì si aprirà un confronto, spero non un contenzioso, con impresa, direzione lavori e assicurazioni», ha aggiunto Costa. «Bisogna capire l’entità del problema: potrebbe trattarsi di un intervento minimo o, al contrario, molto più complesso. Questa incertezza pesa perché rallenta tutto: se la questione finisse in tribunale, i tempi si allungherebbero notevolmente». Le tempistiche sull’apertura del MUDET a Montà, per questi motivi, sono incerte. «Per me è motivo di grande amarezza: ho portato questa idea sul territorio vent’anni fa, nel 2003-2004, e oggi mi ritrovo a dover ancora discutere di infiltrazioni invece che accogliere turisti e visitatori. Non è una situazione che mi piace e che mette a disagio tutta l’amministrazione», ha concluso Costa.

Recuperare lo spirito originario

Se l’immagine unitaria tra le due sedi del MUDET si è indebolita, è arrivato il momento di recuperare il suo spirito originario, restituendogli una funzione autentica: secondo le tre associazioni firmatarie dell’appello le due sedi non dovrebbero limitarsi a essere una vetrina di promozione turistica, ma diventare «centri di dibattito, di decisioni e di conseguenti azioni sui veri temi che è necessario presidiare». Questi temi includono «la tutela e lo sviluppo delle tartufaie nel Roero e nelle Langhe, la promozione di norme che assicurino che non vengano più abbattute le piante da tartufi, l’avvio di sperimentazioni di tartuficoltura, il sostegno alle associazioni di tartuficoltori e il sostegno di progetti per la tutela di boschi, di rocche e di siti naturali».

Davanti alla «sempre più evidente monocultura di vigneti e noccioleti» e alla «progressiva pesante riduzione delle aree boscate e degli spazi incolti naturali» – si legge ancora nell’appello – viene meno anche l’ambiente specifico del tartufo, mentre i cambiamenti climatici amplificano le minacce. Per le associazioni «occorre incrementare studi e risorse, mirati non solo alla promozione di questo eccezionale dono della natura, ma aperti all’attenta considerazione su quanto nell’ambiente locale attiene alla sua vitalità e continuità». Resta però la sfida concreta: un MUDET che ambisce a essere presidio attivo e laboratorio culturale deve prima superare i problemi strutturali della sede di Montà e sperimentare un nuovo modello di gestione di quella di Alba, per trasformare davvero il progetto nella realtà che originariamente si era immaginata.

Questa puntata di L’Unica Cuneo termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

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