La crisi delle nocciole ha una soluzione

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Vaniglia e caramello sono le prime note di sapore che si impongono dopo il morso, mentre la consistenza croccante si trasforma sul palato in una crema vellutata priva di sentori amari. Quello che un’analisi sensoriale non dice è che la “Tonda Gentile Trilobata” è, semplicemente, la nocciola più buona al mondo. E non sono affermazioni dettate dall’orgoglio campanilistico langarolo, perché c’è il prezzo di mercato che lo decreta. Il più alto, da sempre, tra tutte le oltre duecento varietà. Oltre al sapore, altre caratteristiche la rendono unica, come la facilità del distacco della pellicola esterna, molto apprezzata dalle aziende che la lavorano, e la versatilità che scatena la creatività dei pasticcieri. E, soprattutto, la Trilobà, come la chiamano in Alta Langa, è inimitabile.
I tentativi, e sono stati parecchi, di coltivarla in altre parti del mondo hanno dato risultati deludenti, proprio perché questo frutto è prodotto di sintesi di un territorio ristretto. Il terreno, l’aria, le altre piante presenti, gli insetti, insomma tutto l’ecosistema contribuisce a rendere questa nocciola quello che è. E poi c’è il clima, che in agricoltura è sempre il fattore cruciale ed è proprio quello che sta tradendo la corilicoltura – così si definisce la coltura dei noccioli – scaraventandola nella crisi più nera della sua storia.
Il clima cambia e la crisi esplode
Lunghi periodi di siccità e piogge torrenziali, inverni tiepidi e gelate tardive, violente grandinate: una serie inedita di eventi meteorologici estremi ha mandato in tilt le difese naturali delle piante rendendole preda di funghi, insetti alieni e acari. E nel 2024 la produzione di “Nocciola Piemonte IGP” – la sigla identifica l’Identificazione Geografica Protetta fissata dall’Unione europea – è crollata. Chi ha perso la metà del raccolto è considerato fortunato, addirittura ci sono stati produttori che hanno scelto di non raccogliere quei pochi frutti rovinati che le piante erano riuscite a generare e li hanno lasciati a marcire sul terreno per non sprecare altri soldi. Perché anche raccogliere costa: secondo Confagricoltura, il prezzo di vendita, compreso tra i 320 e i 420 euro al quintale, non copre le spese della produzione. E non è tutto: ai già devastanti effetti diretti e indiretti del cambiamento climatico, si aggiungono l’invecchiamento dei noccioleti, la cui produttività superati i trent’anni cala fisiologicamente, e l’impoverimento del terreno, stremato dalla monocoltura.
La gabbia dei disciplinari
Il disciplinare IGP della “Nocciola Piemonte”, riconosciuto dall’Ue nel 1993, esige standard elevati per tutelarne la qualità e, in aggiunta, la corilicoltura deve rispettare anche i vincoli della Produzione Integrata (DPI) che sull’utilizzo di farmaci impone restrizioni rigide, pensate per la sostenibilità ma che limitano il contrasto alle malattie delle piante. Così per far fronte alla crisi produttiva la Regione Piemonte ha concesso deroghe temporanee nel 2025, permettendo l’uso di fungicidi e insetticidi più efficaci, leciti ma non previsti dal disciplinare, per contrastare l’emergenza climatica e biologica.
Le deroghe però non rappresentano una soluzione, un’eccessiva dipendenza da prodotti chimici rischia, infatti, di compromettere la sostenibilità ambientale e la qualità IGP. E poi l’utilizzo intensivo di agrofarmaci, anche se temporaneo, può danneggiare gli insetti impollinatori e l’ecosistema, riducendo la resilienza dei noccioleti a lungo termine.
Insomma, i noccioli non si possono spostare in un’altra zona, le piante malate non possono essere curate con farmaci efficaci e le contromisure sostenibili, come l’inserimento nell’ambiente di vespe samurai, antagonisti naturali delle cimici asiatiche, danno solo risultati parziali. Sperare che il tempo torni quello che era, non può essere una soluzione. E la sorte di una coltura di eccellenza dalla quale dipendono produttori, aziende dolciarie e il prestigio di una regione non può essere affidata a una speranza.
Il mercato non aspetta
Fino a tre anni fa, prima che la crisi produttiva iniziasse, la nocciola IGP era una coltura redditizia e infatti nell’ultimo decennio la superficie dedicata è raddoppiata raggiungendo i 28 mila ettari. Circa ottomila aziende agricole, per la maggior parte concentrate nella provincia di Cuneo, generavano un fatturato annuo di 80 milioni di euro. Le aziende dolciarie, come Ferrero e Novi in Italia, la svizzera Lindt e molte altre sparse tra Nord America e Asia, utilizzano la Trilobata per i loro prodotti e non ne hanno mai abbastanza. Così sono costrette a importare da altri Paesi sempre più nocciole, che sono però di scarsa qualità e non sempre sicure. In particolare, sono aumentate le importazioni dalla Turchia, ma alcuni carichi provenienti da quello che è il maggior produttore mondiale sono stati bloccati nel porto di Genova perché non rispettavano i limiti di residui chimici e per l’alta presenza di aflatossine, sostanze cancerogene che si sviluppano quando non vengono rispettate le regole per la raccolta e lo stoccaggio. Quindi, là fuori c’è un mercato affamato della qualità delle nostre nocciole mentre il fungo Cytospora e la cimice asiatica polverizzano il grosso del raccolto.
Derogare per curare
Il problema è noto negli uffici della Regione Piemonte, e non solo perché il presidente della Regione Alberto Cirio possiede un centinaio di noccioli a Cherasco. L’assessore all’Agricoltura Paolo Bongioanni ha, di fatto, annunciato nuove deroghe presentando un progetto triennale da 750 mila euro. «La Nocciola Tonda Trilobata è una delle grandi eccellenze del Piemonte», ha detto l’assessore Bongioanni alla presentazione del progetto denominato “Tonda Gentile produttiva”, aggiungendo che il settore «sta vivendo da almeno tre anni una sofferenza senza precedenti, con perdite di produzione medie dal 40 al 50 per cento e il 2024 come annus horribilis». Secondo Bongioanni questa emergenza va affrontata anche rendendo «più flessibile la normativa del disciplinare di difesa integrata, per permettere nell’immediato in Piemonte l’uso di agrofarmaci efficaci». Quindi la Regione vuole dare alle aziende un jolly, da giocarsi in caso di emergenze, che permetta di portare a termine la produzione stagionale. Ma salvare un raccolto è diverso dal salvare una coltura a rischio. L’ambiente nel quale è nata e prosperata la Tonda Gentile è diventato improvvisamente ostile e questo non può essere risolto con soluzioni tampone.
Prove di salvataggio
La natura trova sempre la strada giusta e nel corso delle generazioni la Trilobata si adatterebbe alle nuove condizioni ambientali, ma c’è un sistema economico che non può aspettare. Ritrovare una stabilità produttiva nel breve periodo e accelerare il miglioramento genetico nel lungo termine sono gli obiettivi obbligatori che la Regione Piemonte intende raggiungere con il progetto di ricerca applicata “Tonda Gentile produttiva” che è stato affidato alla Fondazione Agrion, una fondazione per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico dell’agricoltura del Piemonte. «La ricerca sul campo dove sperimentiamo tecniche di gestione delle colture ci permette di fornire ai produttori dati certi in termini di concimazione, irrigazione e potature», dice a L’Unica il presidente di Agrion Giacomo Ballari. «Ma nel frattempo dobbiamo lavorare anche per rendere le piante più resilienti nel futuro». Ovvero, puntare sul miglioramento genetico, privilegiando tramite incroci gli esemplari più resistenti: «Sarà un processo lungo che durerà dieci o dodici anni, ma è un investimento sul futuro», precisa Ballari.
Un metodo per accelerare queste tempistiche ci sarebbe, ma non è ancora consentito. Si tratta delle TEA, Tecniche di evoluzione assistita, che sono in attesa di un via libera dall’Unione europea che potrebbe non essere lontano. «Le TEA sono in grado di accelerare sensibilmente il processo di selezione naturale senza cambiare in nessun modo le caratteristiche del prodotto. Sono tecniche che spengono gli interruttori di sensibilità delle piante alla carenza d’acqua e alle condizioni climatiche estreme», aggiunge Ballari. «E i nostri atenei sono in grado di metterle in essere non appena il legislatore europeo le autorizzerà». Ma cos’è che frena l’Europa ad approvare queste tecniche che migliorerebbero tutte le produzioni agricole? Alla base c’è un errore di percezione nel considerarle un altro tipo di OGM (Organismi geneticamente modificati), la cui coltivazione è proibita praticamente in tutti i Paesi Ue. La differenza, sostanziale, sta nel fatto che le TEA operano modifiche mirate nel DNA, imitando quelle che sarebbero mutazioni spontanee delle piante, ma senza inserire geni di altre specie come negli Organismi geneticamente modificati.
Insomma, salvare la Trilobà non sarà semplice né tantomeno rapido. Il progetto “Tonda Gentile Produttiva” e le sperimentazioni sul campo sono i primi passi di un cammino per unire tradizione e innovazione: nuove tecniche di gestione, piante più resistenti, e forse, un giorno, le TEA come alleate per adattarsi a un clima che non tornerà indietro. La crisi climatica ormai è una certezza e impone l’obbligo di ripensare il futuro, non solo della Tonda Gentile ma di tutta l’agricoltura.
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