Le notti di Genova viste da un taxi

Le notti di Genova viste da un taxi
Foto: Roberto Orlando

Alessandria si racconta

Il 18 novembre si terrà il primo evento dal vivo de L’Unica: una serata dedicata alle storie della città di Alessandria, con il responsabile editoriale Guido Tiberga in dialogo con il professore di Storia del pensiero politico Giorgio Barberis.

📍 Ore 18 – LaRisto, Ristorazione Sociale (Viale Milite Ignoto 1/a, Alessandria)
🎟️ Ingresso gratuito

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La città dorme a metà. Dal sedile del taxi, Emme la osserva. Corre su due binari paralleli: quello di giorno dove il traffico divora gli incroci e quello di notte dove il silenzio delle strade accoglie chi cerca di sopravvivere. Nel mezzo, tra questi due mondi, c’è lui, con il volante tra le mani.

Il suo taxi è come un osservatorio urbano a quattro ruote che gli offre una visione unica di Genova e dei suoi abitanti, delle sue strade signorili e delle sue periferie, dei suoi uomini d’affari, delle sue famiglie, delle sue sex worker e dei suoi senzatetto.

Emme vede la città dalla sua finestra mobile. Festaioli che si riversano nei vicoli e baristi che abbassano le saracinesche. Chi dorme per strada, chi lavora di notte come lui, chi raccoglie cartoni. Il suo è il racconto della città capovolta, di due mondi che si incrociano senza toccarsi. O si toccano, a volte, sul sedile posteriore.

A Genova, di questi sedili posteriori ce ne sono 869. Ognuno con la sua licenza attiva. Un numero fermo da quarant’anni, dall’ultimo concorso degli anni Ottanta.
A Genova i taxi parlano in codice: «Alfa, Beta, Charlie, Delta, Toro e un numero alla fine», ha spiegato Emme a L’Unica.

Le storie della notte

Guida il suo da anni. Dice che la notte è un animale vivo e che lui sente ogni battito. Che a volte, sopra alla puzza della “rumenta” – che è la spazzatura dei genovesi – sente un buon odore. È «l’odore del mare che arriva dal porto mescolato a quello della focaccia calda che si spande dai panifici aperti anche di notte».

La città di notte ha velocità imprevedibili e lui si deve adattare. «Una volta salta su una ragazza ubriaca, con un vestito di strass. Ma io non la voglio portare perché so come va a finire, vomitano sul sedile, fanno pipì e non mi pagano. Mi prega. Ho paura a lasciarla in mezzo alla strada. Parto e dopo dieci secondi dorme. Meno male. Arriviamo a Quezzi e non si sveglia più. Mi metto sotto la telecamera della banca, scendo e la scrollo da fuori». Ma perché scrollarla davanti a una telecamera? Perché «un collega ha rischiato una denuncia in una situazione simile. C’era una complice che l’aspettava e avevano fatto finta che il collega le avesse toccato le gambe. Da quell’anno ho cambiato giro. Niente più discoteche». Certe notti, impari che la prudenza è l’unico alleato che hai.

La notte non è tranquilla per chi ci lavora. Tutti vogliono muoversi, vedere, vivere. Anche sui taxi. Ma non sempre è gente buona.

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Come in un film di gangster

«Una volta – qui la voce di Emme si è fatta più bassa – un collega ha avuto una storia che ancora gli fa venire i brividi». Ma prima di far parlare il tassista, dovete sapere che nella notte tra il 23 e il 24 luglio 2023, in via Vado, a Sestri Ponente, un giovanissimo barbiere, Mahmoud Abdalla, è stato ucciso e il suo corpo chiuso in una valigia.

«Dopo il delitto quegli assassini hanno chiamato un taxi – qui Emme ha fatto una pausa –. Il collega, ignaro di tutto, si offre di caricare lui il bagaglio, un grande trolley. Ma loro, i due uomini con la valigia, rifiutano e fanno tutto da soli. Poi salgono e lui li porta a Chiavari». Lì, alla foce dell’Entella, faranno a pezzi il corpo e lo abbandoneranno al mare. Oggi sono stati condannati all’ergastolo. Lo ha confermato, a metà ottobre 2025, la Corte d’Assise d’Appello di Genova.

Furti e pestaggi non si possono nemmeno avvicinare a un omicidio, ma resta il fatto che mentre i locali fanno affari, di fuori si muove un mondo parallelo pronto a morderti: clienti, ragazze, uomini che scappano dal taxi per non pagare, altri che ci entrano per scampare alle risse. «Una notte eravamo in fila a Sampierdarena, aspettavamo i clienti – ha raccontato Emme –. Poi li abbiamo visti: una gang, uno a terra, la testa che rimbalzava sul marciapiede. Abbiamo urlato di smetterla, che lo stavano ammazzando. Eravamo in tanti. Da solo, una cosa così non la fai perché rischi grosso. Poi abbiamo chiamato la polizia che se li è portati via tutti». La stessa sera «uno, ubriaco, si è buttato giù in corsa per non pagare».

Mentre la città scorre sull’asfalto, passano anche i turni: dalle nove di sera alle nove del mattino o da mezzanotte a mezzogiorno. «Gli orari li scegliamo noi ma sono sempre turni di dodici ore». Dodici ore in cui la città cambia faccia. Gli spacciatori escono, i camionisti dormono nei camion, gli amanti prendono il taxi per rifugiarsi negli alberghi e «li riconosci subito, salgono insieme ma non parlano». I tassisti si ritrovano ai bar notturni, sempre gli stessi, isole nel buio: «Il cinese di Sestri Ponente apre alle quattro e mezza e ormai è diventato un punto di riferimento». Prendono il caffè – «almeno tre» –, sistemano le necessità, allungano le gambe, parlano tra loro. Anche di Uber.

Con Uber i tassisti genovesi hanno un conto aperto. Nel 2015 sono scesi in piazza contro quello che considerano un servizio taxi abusivo, chiedendo l’intervento del prefetto. Nel 2022 hanno rifiutato l’accordo siglato a Roma tra la piattaforma e i gestori di “It Taxi”, la app che consente di chiamare o prenotare un taxi, definendola il «nemico» del loro mestiere. Oggi a Genova non è possibile richiedere corse UberX né prenotare un taxi attraverso la app di Uber ma «non si potrà resistere a lungo contro queste multinazionali», ha ammesso Emme nel suo lungo racconto a L’Unica: la battaglia è contro un gigante.

Il mondo dei pusher

Fuori dai bar la notte ha regole tutte sue. In via Gramsci, alcuni clienti comprano droga. «Certi che carichiamo sono strafatti o hanno la scimmia. Comprano soprattutto cocaina e crack. Mi è successo che una di queste persone contrattasse stando seduta sul mio taxi. E ho sentito: “Io ho 50 euro”. “No, tu me ne devi dare 60”, rispondeva lo spacciatore che intanto si era spinto quasi dentro dal finestrino del taxi, aggressivo. Io sono partito e lui ci ha inseguiti urlando: “Ok, va bene, dammi 50 euro”».

Sulla droga a Genova anche la cronaca parla chiaro. A marzo di quest’anno, in porto, 240 chilogrammi di cocaina attendevano nascosti tra le scatolette di tonno. Duecento panetti ben occultati in cinque borsoni su una nave porta container in arrivo da Guayaquil, Ecuador, pronti a esplodere sul mercato con un profitto tra i 40 e i 50 milioni di euro.

A settembre, un venticinquenne, ritenuto uno dei principali fornitori degli spacciatori attivi nel centro storico, è stato arrestato dopo oltre tre anni di latitanza. La sua abitazione custodiva 232 dosi di crack, oltre a eroina e cocaina: un fiume di stupefacenti pronto a riversarsi sulle strade, nell’ombra dei vicoli genovesi. Infine, a ottobre, nel centro storico è scattata l’operazione Not dom (“Non qui” in lingua senegalese): 32 indagati, venti arresti, una banda specializzata nello spaccio di crack tra via Prè e la darsena che preparava la droga in un ristorante di Sampierdarena.

Gli spacciatori hanno mille modi per fare il loro mestiere. Durante il lockdown, spostarsi in taxi era una prassi consolidata, un altro piccolo trucco per muoversi tra i divieti. «In piazza della Nunziata, in pieno COVID, c’era uno elegantissimo, tre cellulari, che si faceva portare in giro. Un saliscendi lasciando 50 euro come caparra. Faceva consegne. Droga, cocaina. Anche nella Genova bene. Lo so perché parlava al telefono e io sentivo tutto. Nel buio di notte si sente tutto».

Il volto umano della notte

Ogni tanto la notte mostra il suo lato umano. «Una volta ho portato un uomo dalla stazione Principe a tre indirizzi diversi. Era arrivato con il treno per cercare i figli», ha raccontato ancora Emme. Al citofono rispondevano: “Non ti vogliamo più vedere”. Io sentivo le voci uscire da quella bocca di metallo perché ero attaccato al marciapiede. “Fanno bene. Ho sbagliato tutto nella mia vita”, mi ha detto».

E poi ci sono gli incontri incredibili: l’esperto di Bitcoin diventato milionario che raccontava che Satoshi Nakamoto, l’inventore dei bitcoin, non esiste e che la criptovaluta è stata inventata un gruppo di hacker. O la donna che quasi ha partorito in macchina. «Sale con un’amica e con un panzone così. Un vigile in moto mi ha visto correre e mi ha affiancato. Io avevo il fazzoletto fuori dal finestrino, come nei vecchi film. Gli ho gridato che la signora stava per partorire. Ha guardato sul sedile dietro e senza dire una parola mi ha fatto da scorta fino al pronto soccorso».

Con le loro notti e i loro giri, i tassisti offrono una prospettiva unica sulla città, raccontando storie che altrimenti resterebbero invisibili. Emme ne ha regalata a L’Unica ancora una: «C’è stato un vecchio clochard che ha preso il taxi per tornare dove dormiva e ha pagato un viaggio lungo. Gli dico che è caro, ma lui mi fa: “Devo festeggiare, oggi ho avuto la cittadinanza italiana”. E così l’ho portato a Sestri Levante».

Ma il rischio rimane. «Se ho dei sospetti, se vedo facce che non mi convincono, la cintura di sicurezza non la metto. Ne ho una di quelle per animali, la stoffa tagliata, ho tenuto solo la fibbia. La infilo per non far suonare la spia. Sembra una paranoia, ma non lo è. Perché se ti tirano la cintura da dietro, ti stringe la gola. Ti bloccano e ti ripuliscono».

E tra i rischi, ci sono anche i piccoli furti quotidiani. «Ci sono ragazzi che scendono senza pagare, a volte con una spavalderia che mette paura. E noi non possiamo fare niente. E loro lo sanno: se reagisci finisci nei guai. Non li inseguiamo neanche, perché potrebbe esserci un complice pronto a rubarti l’auto. Ormai abbiamo tutti una dash cam esterna e una interna, li fotografiamo e poi sui nostri gruppi WhatsApp ci avvisiamo: attenzione che questi non pagano».

Ma la notte non è solo pericoli. È anche confessioni, incontri, piccoli pezzi di umanità che passano per un metro quadrato di macchina. Un taxi diventa un luogo dove raccontare e ascoltare storie. «Diventi un po’ psicologo, un po’ prete laico. Ti raccontano tutto: mogli, figli, tumori, amanti, morti».

All’alba, quando la luce si infila tra i palazzi, Genova si risveglia come un animale che si stiracchia. Alcune sex worker prendono il taxi sotto agli alberghi per tornare a casa, altre prendono il taxi in piazza Fontane Marose o a Caricamento. Una volta una donna «ha cercato di pagarmi in natura», racconta Emme ridendo. «Io ho fatto uno scatto indietro e lei mi ha guardato, sorridendo: “Non sai cosa ti perdi” ha detto». Su un taxi «può succedere di tutto».

Questa puntata di L’Unica Genova termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

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