L’uomo che costruisce tutti gli ospedali

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Tre grandi ospedali da costruire, un solo gruppo immobiliare in gioco per iniziare i lavori. «Guarda guarda», direbbe il commissario Montalbano. Niente di irregolare, intendiamoci, tanto più che il gruppo prendi-tutto è al tempo stesso amico e avversario del governatore Alberto Cirio (Forza Italia): amico a Torino, dove gli ha evitato l’imbarazzo di azzerare la procedura per il progetto del Parco della Salute; avversario a Cuneo, dove lo ha portato davanti al Tribunale amministrativo regionale (TAR) chiedendogli un risarcimento che sfiora gli 11 milioni di euro.
Con una mano ti sostengo, con l’altra ti trascino in tribunale. L’imprenditore dal doppio ruolo è Matterino Dogliani, fondatore e leader del gruppo FININC, la holding familiare delle infrastrutture che – partendo da Narzole, cittadina dalle uova d’oro al confine delle Langhe – gestisce cantieri in mezzo mondo, da Londra al Sudafrica. FININC detiene il pacchetto di maggioranza di INC, che a sua volta possiede il 51 per cento di Consorzio Stabile SIS. Ed è proprio quest’ultimo – che in campo sanitario si è già aggiudicato l’appalto per la costruzione del nuovo Policlinico di Milano – che sta giocando la partita degli ospedali piemontesi.
FININC, INC, Consorzio SIS e molte altre attività – che spaziano dalle vigne ai robot e dagli alberghi alle autostrade – sono tutte in mano alla famiglia Dogliani, guidata da Matterino, 85 anni da compiere, il self-made man che negli anni Sessanta mise le prime pietre di quella che sarebbe diventata una delle holding private più ricche (e più potenti) d’Italia con un patrimonio netto che supera il miliardo di euro. Al suo fianco c’è il figlio Claudio, classe 1960, amministratore delegato del gruppo.
Torino, la corsa solitaria
A Torino l’obiettivo è il Parco della Salute, il polo ospedaliero della didattica e della ricerca di cui i politici di ogni colore che si sono alternati ai vertici di Comune e Regione parlano da un quarto di secolo. Un progetto importante, che nelle dichiarazioni di quegli stessi politici ambiva a competere con Human Technopole, il colosso governativo della ricerca e della tecnologia rimasto come eredità dell’Expo milanese del 2015. Nella gara per aggiudicarsi l’appalto, il Consorzio di Narzole è rimasto l’unico in corsa: al via erano in tre, ma i competitor sono usciti di scena prima che si arrivasse al dunque.
Nonostante la carenza di partecipanti, la gara è stata tutt’altro che semplice: se si è arrivati al traguardo è solo grazie ai mesi di trattative condotte dall’avvocato dello Stato Mario Corsini, il commissario invocato da Cirio per uscire dall’impasse, chiamato per placare le preoccupazioni dei privati, terrorizzati dall’impennata dei costi dell’energia. Il rischio che si andava delineando era uno scenario da “zero offerte”, che avrebbe sancito il manifesto fallimento del famigerato PPP, il Partenariato Pubblico-Privato, cioè una forma di cooperazione tra soggetti pubblici e privati, da cui molte amministrazioni più prudenti della Regione Piemonte si tengono alla larga. Troppi ostacoli burocratici e un sistema che a molti appare squilibrato: il privato investe e guadagna, il pubblico acquisisce e paga (profumatamente) a rate.
Per evitare lo smacco, pesante per l’immagine di Cirio, è stato necessario mettere sul piatto più risorse regionali, aumentando a 40 milioni l’anno la quota del canone che, secondo le regole dei PPP, deve essere versato ai privati a partire dalla consegna. Il conto complessivo si è chiuso a 610 milioni di euro, per 1.040 posti letto. La mano tesa (e generosa) della Regione non è bastata a riaprire la gara: chi era uscito è rimasto fuori, a sfidare i mala tempora che corrono sempre più forte è rimasto il solo Consorzio SIS, che si è aggiudicato il progetto. La chiusura del cantiere – ma si vedrà quanto è azzeccata la previsione – è già slittata al 2031.
Cuneo, la sconfitta in casa
La seconda sfida, in apparenza la più facile da mandare in buca, era in programma a Cuneo. Come dire “a casa” per la famiglia Dogliani, che già aveva realizzato il presidio di Mondovì, inaugurato nella primavera del 2009. Per il nuovo ospedale, la holding si era fatta avanti per assicurarsi i lavori sull’area di frazione Confreria, la zona che dal 1960 ospita uno dei due ospedali della città, il “Carle”.

Dogliani si era mosso a maggio 2022, quasi a colpo sicuro. Anche in questo caso lo strumento con cui raggiungere il traguardo era un PPP, da affrontare però con un asso nella manica: il “diritto di prelazione” che la legge concede a chi propone un progetto. In sostanza, anche di fronte a un’offerta paritaria, INC avrebbe potuto eseguire comunque i lavori alla cifra presentata dai concorrenti.
La speranza di aver intrapreso una strada sicura, da percorrere al galoppo verso l’obiettivo, è durata poco. Elide Azzan, da un anno direttrice generale dell’ospedale di Cuneo, prima ha rallentato il carro, poi lo ha fermato del tutto presentando le dimissioni. In gergo tecnico, Azzan era la “stazione appaltante”, quella che secondo la legge si deve accollare la responsabilità dei vari e tortuosi passaggi del PPP: chiede garanzie alla Regione, pretende documenti che non le arrivano. Di qui la scelta di non firmare l’accordo e di abbandonare la partita per non meglio precisati «motivi personali». Siamo a marzo del 2023. Ai vertici della Regione, nel grattacielo di Torino, non resta che ingoiare il rospo.
Paga l’INAIL, ma i tempi si allungano
Ma il Partenariato Pubblico-Privato, per una realtà come il nuovo ospedale di Cuneo, era sostenibile o no? Per dare una risposta al dilemma, la Regione Piemonte ha interpellato alcuni advisor, tra i quali gli esperti dell’Università Bocconi. Nel settembre scorso la sentenza: la proposta del PPP – rivela Federico Riboldi, assessore alla Sanità nella seconda presidenza Cirio – è stata considerata «molto più onerosa rispetto alla procedura pubblica», con una differenza che i consulenti hanno calcolato tra gli 81 e i 203 milioni di euro in più. Troppi per proseguire lungo la vecchia strada (che cosa avrebbe detto la Corte dei Conti?): meglio ripiegare sui finanziamenti INAIL, una sorta di pozzo senza fondo a cui tutti gli ospedali del Piemonte che hanno bisogno di restyling pensano di poter attingere. L’ultimo piano dell’ente, annunciato il 18 maggio scorso, prevede un totale di 2 miliardi per la costruzione di 7 ospedali. Il nuovo “Santa Croce e Carle” è incluso nell’elenco. La firma è prevista per il 4 giugno.
Nel frattempo Dogliani, per nulla placato dalla vittoria di Torino – ma seccato per avere perso tempo e denaro per il progetto di Cuneo – si è rivolto al TAR pretendendo dalla Regione un risarcimento di 10 milioni e 800 mila euro. Il tribunale non ha concesso sospensive, ma ha deciso di andare direttamente a dibattimento: la sentenza è attesa per il prossimo 23 ottobre.
Fino ad allora nulla si può muovere. A fine marzo, durante una visita a Cuneo, Cirio ha provato a rassicurare: «Questo è il migliore ospedale d’Italia e presto gli daremo una scatola nuova. Abbiamo i soldi. E li abbiamo tutti, grazie all’INAIL». Nella stessa occasione Livio Tranchida, il successore di Elide Azzan alla direzione generale dell’azienda ospedaliera, aggiornava le previsioni sui lavori: «Stimiamo la conclusione tra il 2032 e il 2033». Due anni fa l’allora assessore Luigi Icardi aveva fissato al 2028 la fine del cantiere. Diciassette mesi più tardi il suo successore Riboldi aveva spostato la data al 2031: «Abbiamo le garanzie del Ministero della Salute. Oggi INAIL è soggetto incaricato per la costruzione della rete dei nuovi ospedali».
Dubbi e ottimismo
Tutti ottimisti, dunque. «Noi siamo pronti per bandire la gara», conferma Tranchida a L’Unica. «Appena arriverà la sentenza partiamo. Siamo convinti della correttezza delle nostre procedure e l’INAIL ha già stanziato 410 milioni (ma per consegnarli chiede di vedere il progetto, ndr)». Nessun commento sull’ipotesi che il tribunale possa dare ragione a Dogliani. Ma tutti gli scenari sono possibili, avverte Giorgio Rinaldi, direttore amministrativo del “Santa Croce”. Non si può escludere neppure che la Regione debba tornare alla scelta del PPP: «Tutto dipenderà da come i giudici valuteranno le lagnanze di INC».
Finora la sindaca di Cuneo Patrizia Manassero (Partito Democratico) è stata paziente e non ha alzato troppo la voce. Ma, come racconta a L’Unica, è ancora all’oscuro dei dettagli sulle motivazioni economiche e finanziarie che hanno portato la Bocconi a bocciare il PPP: «Abbiamo chiesto un accesso agli atti, vorremmo capire». Intanto in consiglio comunale, dai banchi dell’opposizione arriva un’interpellanza firmata da Giancarlo Boselli (Indipendenti): che fine hanno fatto i 33,8 milioni già incassati per l’adeguamento antisismico e antincendio del Santa Croce? Perché – ragiona – «considerato che alla fine ci vorranno dieci anni per il nuovo ospedale, come si gestirà il vecchio garantendo servizi e sicurezza al personale e ai pazienti?».
Intanto a Novara, dopo quattro fumate nere su quattro gare andate deserte e un clima generale di scoramento, è arrivato lo sblocco. Anche qui l’ultima chiamata prima di dichiarare il flop ha richiesto un’ulteriore esborso della Regione. Finalmente una busta, una sola, è arrivata. Chi ha risposto all’appello? Avete indovinato: il navigatore solitario è Matterino Dogliani da Narzole. Tempi promessi? Cinque anni dalla firma del contratto.
Questa puntata di L’Unica Cuneo termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.
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