Dalla candidatura a sindaca alle voci sul futuro politico: tutti i capitoli del “caso Salis”
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Io ballo da sola. Potrebbe essere questo lo slogan che fa capire, o almeno intuire, chi è Silvia Salis: quarant’anni sontuosamente festeggiati nel privato, sindaca di Genova nel pubblico. Balla da sola Salis, come ha tenuto a precisare in campagna elettorale più e più volte. Per far capire bene che lei non è donna di partito, anche se il campo progressista è il suo, scelto e mai rinnegato.
Lei, Salis, ex atleta e dirigente sportiva, ora è alle prese con la sfida più significativa e difficile: con la politica, alla guida di un’istituzione importante come è il Comune. Sono passati solo pochi mesi da quando è entrata a Palazzo Tursi, il nobile, elegante, palazzo simbolo di Genova politica. Pochi per giudicare una persona, eppure sono bastati per far nascere un “caso Salis”, avvincente come un giallo d’autore. E siamo solo agli inizi.
Il rapporto con Elly Schlein
Ma che cosa è il “caso Salis”? È la voglia matta – per ora solo immaginata – di far fare alla sindaca un altro trasloco politico: a Roma per diventare, magari, leader del campo largo – l’alleanza di opposizione che va dal PD al Movimento Cinque Stelle – caso mai la sinistra (e il cammino da fare è ancora lungo) vincesse le prossime elezioni politiche. «Ma metti che accada», parlottava un consigliere pochi giorni fa con un collega, «lei sarebbe giusta e noi di nuovo a cercare un sindaco in gamba».
Intanto la sindaca ripete come un mantra la sua risposta diplomatica: «Io devo lavorare per la mia città». Ma, per provare a capire questi primi passi, e questa improvvisa voglia di trasformarla in una leader perché giudicata vincente, bisogna arrivare a Roma. Anzi partire da lì, dove i sussurri sul “caso Salis” sono più concreti. Più frequenti. Però, fa notare chi la conosce bene, Salis mai farebbe uno sgarbo a Elly Schlein, la segretaria del PD che da subito si è schierata al suo fianco in campagna elettorale. Si è schierata in campo aperto, davanti alla gente del PD che prende ancora ferie per andare a cucinare alle Feste dell’Unità, ma sulla politica ha fiuto.
Da sempre, come tradizione della città impone, alla Festa sono arrivate la segretaria e la candidata, sicura ma quasi compassata nel parlare, e proprio alla Festa, in molti hanno deciso che era arrivato il momento di voltare pagina. Di ritrovare un’altra Genova anche se il sindaco in carica in quei mesi era ancora Marco Bucci, “l’uomo del ponte” dopo il tragico crollo del Morandi, che si è autodefinito capo cantiere e ha sorvegliato che l’ultima magia di Renzo Piano – il disegno di un ponte che non ti accorgi di imboccare, magia che tanto si sposa con l’urbanistica della città – si realizzasse subito, al più presto. E così è successo. Lo volevano tutti, il nuovo ponte, e nessuno ha fatto opposizione, perché quella magia non fosse trascurata. Obiettivo raggiunto. Ma poi Bucci, ben prima della scadenza del suo mandato da sindaco, si è candidato per il centrodestra alla guida della Regione Liguria e per poche migliaia di voti ha battuto Andrea Orlando, ex ministro nei governi Renzi, Gentiloni e Draghi. È in quel momento che è nata a sorpresa la candidatura a sindaca di Silvia Salis, che avrebbe poi sconfitto nettamente, fin dal primo turno, lo sfidante Pietro Piciocchi, ex braccio destro di Bucci.
Ma prima di riavvolgere il nastro, per capire il “caso Salis” basta guardarsi indietro di qualche settimana. Basta tornare alla fiaccolata per la Global Sumud Flotilla. È un sabato di metà settembre. La sindaca c’era, ha esortato con parole forti ad andare avanti, ha incalzato: «Noi non solo chiediamo Palestina libera, ma diciamo stop al genocidio, non abbiamo paura a usare queste parole, bisogna chiamare le cose con il loro nome». E poi ha invitato tutti a continuare, avvisando: «Stiamo sempre dalla parte della ragione, no alla violenza, non dobbiamo lasciarci andare, dobbiamo manifestare pacificamente, non dobbiamo dare alibi». Tanto più da Genova dove, con il porto, tutto è in qualche modo incominciato, con il boicottaggio dei portuali alle navi che trasportavano armi dirette a Israele. Ecco perché la sindaca convince: presenza nei momenti topici e chiarezza, in una città come Genova dove perfino l’arcivescovo Marco Tasca ha esortato a non abbandonare la Palestina.

Dalle Olimpiadi alla campagna elettorale
Ma il “caso Salis” in realtà era cominciato prima, il giorno della presentazione ufficiale della sua candidatura: accadde nel cuore dell’Expo, altra opera di Renzo Piano, l’archistar che ha trasformato il vecchio porto in una parte di città completamente nuova e diversa con simboli come il Bigo – l’ascensore panoramico – e l’acquario amatissimo dai bambini e non solo. Lì era arrivata Salis: pantaloni neri, camicia bianca, parlando per non più di venti minuti, mentre intorno Genova veniva raccontata dalla scenografia ideata da Fausto Brizzi, regista di fama e marito di Salis. Lui – autore di film come “Notte prima degli esami” – aveva dichiarato da subito che non avrebbe fatto altro che dare una mano alla moglie. Magari badando a Eugenio, il loro bimbo che porta solo il cognome della mamma, forse per ricordare il padre a cui la sindaca era legatissima, Eugenio senior, che è stato suo compagno di giochi e di sogni sul campo di atletica di Villa Gentile a Sturla, dove Salis senior aveva il compito di custode del complesso sportivo.
Salis aveva scelto una presentazione decisa ma soft e, mentre lei parlava, Genova si mostrava nelle immagini scelte da Brizzi con grande efficacia. Perché sullo schermo la città si distendeva in tutte le sue facce, mostrava pregi e difetti, mentre la candidata faceva intuire che non sarebbe stato facile batterla, che era determinata, gentile ma risoluta. Vinse e convinse e anche adesso in Comune sanno che la gentilezza di modi può cambiare in un attimo se qualcuno sgarra: stile da atleta, e del resto questo era stata la sindaca.
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Aveva scelto il lancio del martello, disciplina che non sembra adatta a questa donna che ora pare più fragile che forzuta. E invece lei aveva rafforzato e modellato i muscoli, si è fatta strada, ha gareggiato, ha vinto: in Italia era la migliore, ha toccato il sogno olimpico ed era in campo nelle grandi manifestazioni internazionali, anche se a volte le sue ambizioni finivano frustrate dall’incubo di tutti i lanciatori: l’eliminazione in qualificazione o addirittura l’onta delle tre prove nulle, quelle che costringono a lasciare la gara senza avere una classifica.
Finita l’era in pedana, Silvia Salis non ha lasciato lo sport. È passata dall’altra parte, è diventata vicepresidente vicario del CONI. Ha imparato a coniugare potere e obiettivi, ampliare le sue conoscenze, acquistare amici, come Evelina Christillin, che si è vista alla festa dei quarant’anni di Salis e che quel connubio l’ha già realizzato. Ed è proprio in questa fase che qualcuno ha pensato a lei come a una possibile candidata per Genova che vuole tornare la superba anche in politica.
Salis ci ha pensato, ha meditato, si è consultata con il marito. Poi ha detto sì, è andata a conoscere Genova quartiere per quartiere. E ha vinto. Del resto, quando un avversario come Giovanni Toti, l’ex potente presidente della Regione caduto per guai giudiziari, conferma quello che Salis sostiene sui rapporti suoi e del marito con la giunta regionale di centrodestra, il gioco è fatto. «Ho lavorato molto con suo marito che ha firmato molti spot importanti per la Regione Liguria – ha detto Toti – e spesso insieme a Silvia ha fatto donazioni al Gaslini con i soldi ricevuti». Così quelli che si erano affannati a insinuare che Salis e marito si vedevano in Regione chissà per quali affari, sono stati messi a tacere. Non che adesso la sindaca sia immune da attacchi velenosi e anonimi, ma le cartoline con insulti e minacce non hanno trovato nessuno a sostenere chi odia nell’ombra: né alleati né avversari.
Intanto lei raduna una decina di sindaci – da Giuseppe Sala (Milano) a Gaetano Manfredi (Napoli) – per discutere e valutare se esistono opere da realizzare insieme, per esempio. Eccolo un altro capitolo del “caso Salis”: il pensare che lei voglia sondare il terreno di una futura alleanza trasversale anche politica. E di nuovo sono smentite, ma i sindaci si presentano tutti. Vedremo.
Le concessioni al glamour
Prima della Flotilla, e della notte in cui è salpata dal porto scortata dai “camalli” in banchina, c’è stata la festa di compleanno che Silvia Salis ha voluto concedersi. Duecento persone, nessun leader politico, solo i consiglieri comunali, tutti nel magnifico palazzo della Borsa in piazza De Ferrari, cuore della città. La festeggiata in un abito blu notte, scollato e a veli, firmato da uno stilista degli Stati Uniti. La scenografia, vagamente felliniana, è opera del marito che l’ha regalata alla moglie per il compleanno. Tutto finisce nella notte, tardi ma senza problemi. Eppure, in questa città ruvida c’è chi storce il naso. Nessuno lo ripete a voce alta – in fondo questi genovesi Salis l’hanno votata – ma lo snobismo incalza.
Forse c’è un perché. Fausto Brizzi aveva partecipato alla prima Leopolda, il convegno del 2010 organizzato da Matteo Renzi quando era ancora sindaco di Firenze. Da allora era diventato amico dell’ex presidente del Consiglio, tanto che anche l’ultima Leopolda, lo scorso 4 ottobre, ha avuto la sua firma. A molti questa scelta non è piaciuta perché a Genova, in epoca di Renzi trionfante, la città aveva concesso a Renzi i voti ma non la simpatia, tantomeno la vicinanza politica, e c’è ancora adesso il timore di ritrovarselo protagonista, sempre che il campo largo regga.
Alla Leopolda 2025, Salis è salita sul palco, presentata come «un’amica», con un discorso incentrato sul «futuro» che ha fatto ripartire le indiscrezioni su un suo possibile impegno nazionale, tanto più che un sondaggio della tv genovese Primocanale l’ha vista stravincere su Elly Schlein nel ruolo di possibile sfidante di Giorgia Meloni alle elezioni politiche del 2027. «Non inseguo carriere romane», ha ribadito la sindaca, che per il momento non ha deluso chi l’ha votata.
Come quella ragazzina che, prima di diventare una campionessa, si divertiva sui campi di atletica che sanno di mare, oggi è tornata a vivere nel suo quartiere, nella sua città che ha a lungo condiviso con Roma. C’è quando la sindaca è nel suo ruolo, come nel caso della Flotilla. C’è, parla chiaro e mostra l’anima, mentre vicino e davanti a lei la sua gente approva. E così quella giovane atleta che voleva vincere medaglie si ritrova in prima fila in ben altre battaglie. E poi si vedrà. Il “caso Salis” per ora sembra in stand by. Con buona pace di chi vorrebbe tramare subito. Non è ancora tempo, se mai arriverà quella scelta.
Questa puntata di L’Unica Genova termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.
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