I trifolau fanno i conti con il clima e un disegno di legge controverso

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Faccelo sapere quiSiamo a luglio, ma il mondo del tartufo è già in subbuglio. Il caldo di queste settimane lascia presagire una nuova stagione difficile, ma quest’anno a preoccupare i trifolau – così si chiamano i cercatori del fungo sotterraneo più prezioso del mondo – ci si è messo anche il Parlamento. «In Senato è in discussione un disegno di legge che vuole equiparare il tartufo a un prodotto agricolo da coltivazione, come le patate o i pomodori snaturandone la sua origine spontanea e limitandone la raccolta alle tartufaie riservate», spiega a L’Unica Luca Bannò, presidente della Federazione italiana liberi cercatori. «Così faranno sparire la libera “cerca”, e con quella una tradizione centenaria».
Che quella che sta per arrivare sia una stagione diversa dalle altre lo dimostra una strana coincidenza. Nel giro di pochi giorni, a Torino, il tartufo è stato protagonista di due eventi diversissimi tra loro: il lancio della più grande manifestazione internazionale e una singolare protesta che ha visto la città attraversata da un corteo dove accanto ai cercatori sfilavano più o meno composti i loro cani da fiuto.
Perché il tartufo è un business
Il 20 giugno scorso, la Fiera internazionale del tartufo bianco di Alba è scesa in campo per presentare in anteprima la nuova edizione dell’evento che si svolgerà dall’11 ottobre all’8 dicembre. Lo ha fatto al Museo regionale delle scienze naturali, approfittando dei riflettori accesi sulle eccellenze enogastronomiche della città e del Piemonte da The world’s 50 best restaurants, la manifestazione che raduna i migliori chef del globo stilando la classifica dei ristoranti e che per la prima volta è stata ospitata a Torino.
Un contesto in cui il tartufo non poteva mancare: la Fiera di Alba, che in autunno taglierà il traguardo della 95esima edizione, rappresenta il momento più atteso nella celebrazione del tuber magnatum pico, la varietà più rara e ricercata del tartufo bianco. I numeri comunicati dagli organizzatori sono pesanti: sono in media 600 mila i visitatori della Fiera che provengono da più di settanta Paesi, si stima che ogni euro investito in questa manifestazione ne generi 55 di fatturato aggiuntivo se si considerano ristorazione, turismo e commercio. Il settore complessivamente vale 250 milioni di euro (e migliaia di posti di lavoro). Per quanto riguarda la comunicazione, la copertura mediatica vale circa 3,65 milioni di euro, cifra 29 volte superiore al budget previsto per la promozione della Fiera, mentre si calcola che sulla provincia di Cuneo l’impatto complessivo dell’economia superi i 42 milioni di euro. Cifre che rendono il tartufo uno dei fulcri dell’economia regionale.
Il disegno di legge della discordia
Pochi giorni prima, il 14 giugno, quattrocento tartufai piemontesi accompagnati dai loro cani avevano attraversato la città con un corteo partito da un luogo a suo modo simbolico, la sede torinese di Eataly nella centralissima via Lagrange, per raggiungere il grattacielo della Regione Piemonte. A organizzare la marcia è stato proprio Luca Bannò che, assieme ai colleghi, ha consegnato un documento all’assessore regionale Marco Gallo, che tra le sue deleghe ha anche quella inedita della Tartuficoltura.
Gallo, poche settimane prima, si era di fatto schierato dalla parte dei manifestanti: «La libera cerca è uno dei pilastri del mondo del tartufo piemontese. Eliminarla equivale a togliere la poesia a questo misterioso prodotto», aveva dichiarato in un’intervista a La Stampa. «Alla Regione abbiamo chiesto una maggiore tutela delle aree di libera cerca con fasce di rispetto tra una riserva e l’altra e un aumento dei contributi ai proprietari di piante tartufigene per evitare che le taglino. Ma soprattutto ci opponiamo al disegno di legge Bergesio», spiega Bannò a L’Unica.
Giorgio Maria Bergesio è un senatore della Lega, cuneese, che lo scorso marzo ha presentato un disegno di legge (DDL) per modificare la normativa che regola la raccolta dei tartufi, vecchia ormai di quarant’anni. Tra i punti più innovativi, una definizione chiara delle diverse specie di tartufo e, soprattutto, la definizione delle regole per la coltivazione, completamente assente nella normativa del 1985. «La nostra proposta – spiega Bergesio – parte dal principio che la cerca e la cavatura del tartufo sono Patrimonio immateriale dell’umanità, come sancito dall’Unesco nel 2021. Per noi il trifolau è una figura importante, identificato come custode dell’ambiente e del territorio».
A provocare proteste, in particolare, i previsti divieti di “cerca” notturna o nell’alveo dei fiumi. «Nel disegno di legge – replica il senatore – l’articolo 15 prevede che le Regioni possano modificare i calendari di raccolta, così come gli eventuali orari in cui è consentita tale attività. Dunque, sarà la Regione a definire come condurre la raccolta notturna e sono convinto che non cambierà nulla su questo: è una tradizione che deve essere conservata».
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Una protesta nazionale
I più oltranzisti ritengono che la normativa del 1985 sia addirittura da preferire alla nuova formulazione perché questa favorirebbe le tartufaie controllate con la possibilità di creare consorzi di pochi “privilegiati”, limitando fortemente tutti gli altri. A sostenere questa tesi non sono solo gli addetti ai lavori piemontesi. «Il provvedimento rappresenta una grave minaccia alla tradizione umbra della libera cerca, che dal 2021 è riconosciuta come patrimonio culturale immateriale Unesco», ha detto il consigliere regionale dell’Umbria Nilo Arcudi (eletto con la lista civica “Tesei presidente”). Secondo Arcudi, «il disegno di legge favorirebbe infatti interessi privati e proprietà recintate, riducendo drasticamente l’accesso collettivo a un bene naturale e storico come il tartufo, con pesanti ricadute economiche, sociali e ambientali per centinaia di tartufai umbri. Stiamo assistendo a una progressiva privatizzazione del sottobosco. Con questo disegno di legge si rischia di trasformare la cerca del tartufo in un’attività elitaria, escludendo i piccoli cercatori e alterando l’equilibrio costruito negli anni sul territorio».
Posizioni identiche a quelle sostenute dai nostri trifolau: «Oltre al danno in questa legge c’è anche la beffa», conferma Pietro Botto, presidente dell’Associazione tartufai astigiani e monferrini. «Con i soldi dei nostri tesseramenti ogni anno doniamo 600 piante tartufigene da piantare nei boschi, quindi siamo proprio noi che ci prendiamo cura dei luoghi abbandonati e incolti. Il paradosso è che sono gli stessi luoghi in cui poi non potremo più andare a cercare i tartufi».
La minaccia del clima
Se i disegni di legge si possono modificare in corso d’opera (al DDL Bergesio sono già stati presentati circa 160 emendamenti), il cambiamento climatico mette i tartufai di fronte a problemi più radicali. Il 2024 è stata un’annata mai così scarsa di materia prima. In realtà, i primi mesi della scorsa stagione sembravano annunciare le condizioni ideali per una “cerca” di successo, grazie alle piogge in quel momento abbondanti. Nel mese di ottobre 2024, non a caso, il prezzo del tartufo si era stabilizzato intorno a 350 euro all’etto, una delle quotazioni più basse degli ultimi anni. Ma da novembre in avanti i tartufi sono diventati introvabili.
Il 2025 rischia di essere peggio, anche se non tutti condividono il pessimismo. «Una situazione critica l’abbiamo vissuta tre anni fa, quando l’80 per cento della produzione è stata bruciata dalla siccità», dice Bannò a L’Unica. «L’anno scorso è andata meglio, le ultime piogge di quest’anno fanno ben sperare. Ma la stagione del tartufo è una sorpresa fino all’ultimo, è impossibile fare previsioni prima».
Qualcosa, comunque, si può fare. In Regione, l’assessore Gallo si è mosso a fine 2024 con una serie di proposte per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici condividendo le preoccupazioni che erano state espresse dal Centro nazionale per gli studi sul tartufo, fondato nel 1996 e presieduto da Antonio Degiacomi. Tra le misure: il posticipo della data di raccolta a inizio ottobre, la tutela di 22 mila piante produttive con indennità fino a 450 euro per ettaro e un piano di recupero per le tartufaie in declino. Il direttore della Fiera internazionale del tartufo bianco di Alba, Stefano Mosca (confermato anche con l’insediamento del nuovo presidente Axel Iberti) aveva sottolineato la necessità per i trifolau di un maggiore impegno nella salvaguardia dei boschi e della biodiversità.
L’obiettivo generale è quello di dare spazio e coinvolgere nella filiera i giovani cercatori, superando diffidenze, barriere e antichi campanilismi. Significativo a questo proposito il mercato estivo del tartufo nero che si è svolto a giugno a Murisengo, in provincia di Alessandria: anche in questo campo vale la regola del fare rete per valorizzare la qualità di un prodotto e di un intero patrimonio culturale e ambientale legato al territorio piemontese.
Questa puntata di L’Unica Cuneo termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.
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