Ad Asti si litiga su tutto, anche sul capitano del Palio

Ad Asti si litiga su tutto, anche sul capitano del Palio
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Alessandria si racconta

Cara lettrice, caro lettore,

ti aspettiamo martedì 18 novembre per il primo evento dal vivo de L’Unica ad Alessandria! Sarà una serata speciale per conoscerci di persona e parlare insieme della città che raccontiamo ogni settimana. Il programma prevede letture tratte dalle newsletter, dialogo con l’ospite e momento conviviale finale. Sul palco ci saranno il coordinatore editoriale di L'Unica Guido Tiberga e il professore di Storia del pensiero politico Giorgio Barberis. Non mancare!

📍 Ore 18 – LaRisto, Ristorazione Sociale (Viale Milite Ignoto 1/a)
🎟️ Ingresso gratuito – i posti sono limitati!

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Guelfi e ghibellini. Ancora una volta, Asti non dimentica la sua storia, il che non sarebbe poi così sbagliato, se non ci fosse la volontà di ripeterla a ogni costo. Questa volta al centro della disputa tra i potentati della città – sempre gli stessi da decenni – c’è finita l’elezione del capitano del Palio, una figura più che centrale all’interno della manifestazione che dal 1967 è tornata a essere il centro del settembre astigiano, fatto di sagre, convivialità, sfilate ma soprattutto sfida tra rioni e comuni.

Il capitano è la persona che, coadiuvata dal suo gruppo di magistrati, cavalieri e scudieri, il giorno del Palio diventa la massima autorità di piazza Alfieri, sede della corsa dal 1988. È lui che, a cavallo e in costume medievale, si avvicina alla tribuna delle autorità per recitare la formula di rito: «Signor Sindaco, il Palio è schierato in campo con uomini, cavalli e insegne. E attende gli ordini!». Ed è a lui che il sindaco risponde: «Signor Capitano, vi do licenza di correre il Palio nell’anno del signore […] E che San Secondo vi assista!».

Ottenuta la “licenza”, comunicata alla piazza con una galoppata lungo la pista al grido di «Si corre il Palio! Si corre il Palio!», il capitano vigila su ogni aspetto della giornata e ha la facoltà di comminare sanzioni o squalifiche ai fantini. Durante l’anno, poi, resta il massimo rappresentante del Palio e deve organizzare eventi e iniziative che tramandino la cultura e la storia della corsa. Nonostante l’apparato scenografico, insomma, il suo è tutt’altro che un titolo onorifico: è un ruolo che dà prestigio, visibilità, in qualche modo “potere”.

Quella del capitano è una carica elettiva. A votarlo deve essere il Consiglio del Palio, di cui fanno parte il sindaco, l’assessore delegato al Palio, il capitano dell’anno precedente e una pletora di personaggi minuziosamente elencati all’articolo 6 del regolamento: «il magistrato del Palio, i rettori dei rioni-borghi-comuni partecipanti, il rappresentante dell’amministrazione provinciale, il rappresentante della Regione Piemonte, il rappresentante dell’Ente turismo Langhe-Monferrato-Roero, il rappresentante della Cassa di Risparmio di Asti». Tutti con diritto di voto.

Inoltre, «con funzione consultiva», entrano nel Consiglio anche «tutti coloro che hanno ricoperto la carica di capitano del Palio nelle precedenti edizioni, il presidente della Commissione tecnica, il rappresentante del Gruppo ASTA sbandieratori del Palio di Asti e coloro che, a giudizio del Consiglio, possono contribuire alla riuscita della manifestazione con apporti di ordine storico, culturale, artistico e organizzativo». Non è finita: «Possono farne parte altresì, con diritto di voto, tutti gli enti e le istituzioni che per meriti specifici vengono proposti e ammessi con apposita e motivata deliberazione del Consiglio comunale, previo parere non vincolante del Consiglio del Palio». In sintesi, un bel po’ di gente – il nucleo del “potere astigiano” – non sempre disponibile a dire di sì senza discutere.

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Un’altra polemica per il sindaco Rasero

Entro il 31 ottobre di ogni anno – recita ancora il Regolamento – chi vuole candidarsi alla carica di capitano del Palio deve inviare il proprio curriculum al Comune. Ma non tutti gli aspiranti parteciperanno al voto del Consiglio, riservato a una terna di nomi che il sindaco dovrà scegliere, nell’elenco delle candidature, entro il 5 dicembre. Con una sola prerogativa da rispettare: «In caso di presentazione della candidatura da parte del capitano del Palio uscente […], il Sindaco deve obbligatoriamente inserirlo nella terna dei nomi da indicare al Consiglio».

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Quest’anno i nomi pervenuti erano cinque, e il sindaco Maurizio Rasero ha fatto la sua scelta il 4 novembre, in netto anticipo sui tempi richiesti. La sua decisione ha riacceso lo spirito combattivo non solo del mondo del Palio – già entrato in collisione con Rasero dopo avergli bocciato la proposta di correre un’edizione straordinaria in maggio – ma anche della politica e della città tutta.

I curricula da esaminare erano quelli del capitano uscente Gianbattista Filippone e di tre uomini che nel 2024 facevano parte della sua squadra: il magistrato Davide Argenta, lo scudiero Giuseppe Vertucci e il cavaliere Giacomo Casale. Alle 17:46 dell’ultimo giorno disponibile, al quartetto si è aggiunto Michele Gandolfo, capitano del Palio dal 2015 al 2022.

Si potrebbe pensare a una spaccatura nel gruppo del capitano uscente, con Argenta, Vertucci e Casale che mirano a fare le scarpe al loro leader. Ma non è così, anzi, è l’esatto opposto. «Con più candidature abbiamo maggiore possibilità che il nuovo capitano venga eletto all’interno del nostro gruppo», ha spiegato Filippone a L’Unica. «Siamo un gruppo coeso, unito e affiatato». In altre parole, gli uomini del capitano si sono compattati per affrontare la minaccia rappresentata da Michele Gandolfo. Una mossa, ha commentato quest’ultimo, «che dimostra una grandissima paura nei miei confronti». «Avevo smesso di essere il Capitano non per mia volontà ma per via di un regolamento creato ad hoc per togliermi l’incarico», ha detto ancora Gandolfo. «All’epoca accettai la decisione senza polemiche, conscio del fatto che non voglio imporre la mia presenza laddove non è gradita. Ho lasciato passare tre anni e dopo aver ricevuto tanto appoggio da parte di numerosi esponenti del mondo del Palio ho deciso di ripresentarmi, per poter dare ancora una mano alla manifestazione».

L’ex capitano si riferisce alla modifica del regolamento che oggi non consente di ricandidarsi dopo cinque mandati consecutivi. Lui è stato alla guida della manifestazione per sette anni (dal 2015 al 2022) ma per un biennio, a causa del COVID, il Palio non si è corso. Un conteggio che fa cinque palii giusti-giusti: difficile non pensare a una decisione mirata.

Gandolfo non è una persona che le manda a dire e di certo tra lui e Rasero non corre buon sangue. «Mi auguro che il sindaco mi permetta di presentarmi all’esame del mondo del Palio – aveva detto prima della definizione della terna dei candidati – se dovessi uscire sconfitto pazienza, farò i miei complimenti al vincitore, ma almeno avremmo un responso chiaro e non la decisione di una sola persona».

La “sola persona”, ovviamente, è Rasero. Che infatti lo ha escluso dalla terna: i tre prescelti dal sindaco il 4 novembre sono stati Filippone, Argenta e Vertucci. «Non ho escluso nessuno», ha detto Rasero. «Quel gruppo è coeso e vuole continuare indipendentemente da chi sarà capitano. Non ci sono prime donne e mai nessuno in questi anni si è lamentato di loro». Il sindaco non si nasconde, non tira in ballo scuse sull’ordine di presentazione delle domande o altro ma, molto chiaramente, lascia capire che non vuole Gandolfo alla guida del Palio. Anche Filippone non si sottrae alla polemica: «Io personalmente non mi ripresenterei più dopo essere stato fuori dal giro per alcuni anni».

D’altro canto nemmeno Gandolfo resta a guardare. «Il Palio non è un uomo solo – ha detto a L’Unica – senza il sindaco si può correre, senza i rettori e i comitati no». L’oppositore chiama a raccolta i suoi: «Se durante le elezioni del nuovo capitano, i rettori si alzassero e facessero mancare il numero legale non si potrebbe procedere con la votazione e così, magari, Rasero, capirebbe che il Palio è di tutti».

Lo scontro continua

Lo scontro è all’arma bianca, gli schieramenti chiari, nessuno si nasconde più. I commenti social sugli articoli che riguardano il caso si sprecano e nei bar e nelle strade astigiane è l’argomento che tiene banco. Forse è proprio questo il risultato migliore di questa bagarre, lo spirito del Palio astigiano vecchio di secoli che sembrava morto nelle stanze chiuse dei decisori sembra essersi riacceso tra le nebbie di novembre.

In città, da sempre, si dice che il Palio è come il piatto principe degli astigiani, la bagna cauda. Entrambi rappresentano l’anima stessa di Asti, uno spirito difficile da digerire, «sporco», che «puzza», ma «tosto» e combattivo come una testa d’aglio, ben lontano dallo stereotipo del “piemontese falso e cortese”, come d’altronde aveva già scritto l’astigiano più illustre – un altro dal carattere difficile come la bagna cauda – Vittorio Alfieri.

Il Palio fa cadere i freni inibitori. Quando, all’inaugurazione della Douja d’Or a settembre un cerimonioso presidente della Regione Alberto Cirio, albese di nascita, aveva chiesto a Rasero le origini del Palio, lui gliele aveva enunciate di fronte a tutti: «Semplice, nel 1275 siamo venuti da voi ad Alba con tutto l’esercito e ve ne abbiamo fatto un gaban [vi abbiamo dato una lezione, ndr] che ve lo ricordate ancora adesso, da allora corriamo il Palio».

Se poi c’è da litigare la politica astigiana non si tira indietro. Prima ancora della scelta di Rasero del 4 novembre, tutti i consiglieri di minoranza avevano chiesto un Consiglio comunale aperto per discutere della questione del capitano e che tutti e cinque i candidati venissero a parlare per consentire «di illustrare il proprio programma e la propria visione per il Palio 2026, favorire il confronto con il Consiglio e la cittadinanza, condividere obiettivi e strategie in un’ottica di collaborazione, trasparenza e partecipazione». Adesso i candidati sono scesi a tre e Gandolfo è fuori, la scelta così rapida di Rasero ha spiazzato l’opposizione, che però non molla. «Un Consiglio comunale aperto non ha assolutamente perso di significato, anzi – ha detto a L’Unica Michele Miravalle, consigliere comunale del Partito Democratico e probabile candidato sindaco per la sinistra nel 2027 – sarà l’occasione per discutere di Palio e della sua democraticità, o della sua assenza».

Gandolfo ha già fatto sapere che, se invitato a parlare, interverrà volentieri a spiegare le sue ragioni al Consiglio comunale riunito. Da una parte la maggioranza di centrodestra, schierata con Filippone e Rasero, e dall’altra la minoranza di centrosinistra, schierata con Gandolfo. Ma questa volta non è una questione politica, è proprio una questione di Palio.

Questa puntata di L’Unica Asti termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

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