Gronda Est, la superstrada che fa litigare la collina

Gronda Est, la superstrada che fa litigare la collina
Cartello lungo la strada della Rezza, che da Chieri arriva a Castiglione Torinese

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«Guardate. Davvero volete rovinare tutto questo? Davvero volete scavare una galleria e devastare la collina?». Sergio Gaiotti, il sindaco di Montaldo Torinese, racconta a L’Unica il giorno in cui sono andati a trovarlo i tecnici incaricati dello studio di fattibilità per la Gronda Est. Erano lì per il sopralluogo, e lui ricorda di averli portati alla panchina gigante, il punto più panoramico del paese. «Giuro che mi hanno dato ragione», dice. «E in ogni caso mi batterò contro questo scempio in ogni sede possibile». La protesta senza limiti non è una novità per Montaldo, piccolo comune con poco più di settecento abitanti sulle colline che l’Unesco ha riconosciuto come “riserve della biosfera”. Qui, sedici anni fa, l’allora sindaco Giancarlo Vidotto scese in strada e si incatenò a un palo della luce.

Della Gronda, da queste parti, si parla dal 2009. In verità all’inizio si chiamava Tangenziale Est, un piano gigantesco che prevedeva tunnel, caselli, cavalcavia e una decina di svincoli, per un costo complessivo di un miliardo e 200 milioni di euro. Il progetto di oggi è un’altra cosa: un intervento leggero rispetto al passato, quando la provincia governata dalla giunta di centrosinistra di Antonio Saitta ipotizzava una vera tangenziale a pedaggio per collegare direttamente la Torino-Piacenza con la Torino-Milano.

La Gronda è un progetto meno costoso (dai 400 ai 500 milioni, un terzo del precedente): una superstrada invece dell’autostrada immaginata a suo tempo e da sempre contestata da residenti, ambientalisti e agricoltori. «Non c’è più spazio per una tangenziale a tre corsie per senso di marcia, quella proposta risulta ormai sovradimensionata rispetto alle attuali esigenze», diceva tre anni fa il vicesindaco della Città metropolitana Jacopo Suppo (Partito Democratico).

Il progetto della Gronda

Una storia contrastata

Era il 2010 quando la CAP – Concessioni Autostradali Piemontesi SpA – una società mista al 50 per cento tra ANAS e Regione Piemonte con la mission di “realizzare in tempi brevi le infrastrutture essenziali per il territorio”, presentò un primo studio di fattibilità, ipotizzando un tracciato che partendo dalla circonvallazione di Chieri, attraverso svincoli e gallerie arrivava a Gassino e San Raffaele Cimena per raccordarsi con la rete autostrade. Quello studio non ebbe poi seguito e nel 2017 la società CAP è stata chiusa e posta in liquidazione.

Con la CAP finisce nel dimenticatoio anche la Tangenziale Est, di cui non si parla più fino al 2021, quando ventisei sindaci della zona scrivono una lettera alla Città metropolitana di Torino. La prima firma è quella di Alessandro Sicchiero, primo cittadino di Chieri, che insieme ai colleghi chiede di riprendere in mano il progetto: «Chiudere l’anello del sistema tangenziale intorno a Torino, collegando le autostrade a Nord con quelle a Sud, è certamente un’idea che ha una sua indiscutibile logica che resta attuale tutt’oggi così come è attuale la necessità di un collegamento tra il Chierese e il Chivassese», si legge nella lettera. «Ma soprattutto, ciò che resta attuale e urgente è il problema del traffico pesante, ovvero i tanti TIR che ogni giorno attraversano i centri storici dei nostri abitati o si infilano nelle stradine anche dei più piccoli dei nostri Comuni, con tutti i conseguenti disagi anche in termini di inquinamento. È, dunque, necessario fare qualcosa».

Ventisei sindaci a favore, molti altri contrari in nome della tutela del paesaggio. L’unica via di uscita era la ricerca di una mediazione. La sintesi fu trovata nell’idea di “allargare” la strada provinciale 122 di Chieri e di creare una galleria e un nuovo viadotto per snellire il traffico nella zona. La Città metropolitana – erede di quella Provincia che dodici anni prima voleva sei corsie a pagamento – decide di stanziare centomila euro per commissionare uno studio di fattibilità, alla società Meta, che aiuti a valutare pro e contro e a mettere in piedi il progetto. «Vogliamo prendere in esame ipotesi più leggere – spiegava ancora Suppo, vicesindaco metropolitano –. Con un potenziamento significativo delle infrastrutture esistenti, anche per evitare gli attuali problemi legati alla circolazione dei Tir sulle strade di collina».

Il progetto di oggi e i timori di una rivolta

La Gronda Est, nell’idea attuale, è una bretella che dovrà collegare il Chierese alla zona di Gassino e all’autostrada A4. Dovrà servire ad alleggerire il traffico sulla provinciale 122, meglio conosciuta come strada della Rezza, che è troppo stretta, soprattutto per i mezzi pesanti e non adeguata all’elevato numero di auto che la percorrono tutti i giorni.

Dal tavolo di progettazione, oltre all’autostrada, è stata cancellata anche l’idea del tunnel sotto il Po tra Moncalieri e Settimo, avanzata a suo tempo dall’allora sindaco Piero Fassino come alternativa alla Tangenziale Est. «Non è più oggetto della discussione», dice Stefano Lo Russo, sindaco di Torino e della Città Metropolitana, con l’intento di rasserenare gli animi degli amministratori locali ed evitare che la collina torinese si trasformi in un’altra Valle di Susa sotto l’insegna “No Tangest”.

«Dagli incontri degli ultimi mesi con i Comuni, gli enti e i cittadini è emerso un punto di partenza comune: il rifiuto di una tangenziale, ferma restando la necessità di intervenire per la diminuzione del traffico pesante», dice a L’Unica Alessandro Sicchiero, il sindaco di Chieri capofila della lettera che quattro anni fa chiedeva di “fare qualcosa”. «Però con un progetto che comporti un impatto il più possibile limitato per la collina e che sfrutti al massimo le strade esistenti. Fermo restando il discorso che, prima di tutto, va implementato il trasporto pubblico. Lo chiediamo da sempre a Regione e governo. È la nostra priorità».

Sicchiero sottolinea l’importanza del lavoro che i sindaci della zona dovrebbero fare insieme: «Ogni Comune sarebbe potuto andare avanti per conto proprio, ma senza confronto e la volontà di superare gli individualismi, si sarebbe corso il rischio di non esprimere in modo forte la voce del territorio. Non serve la somma di interessi singoli, ma un ragionamento sugli interessi generali». Tra i prossimi passaggi da affrontare il disegno delle opzioni tracciate, la stima dei costi, la simulazione dei flussi di traffico, la valutazione ambientale e socio-economica e, infine, l’identificazione dell’alternativa preferibile. «Un percorso di trasparenza e condivisione – conclude –. Nulla sarà fatto cadere dall’alto».

Un dialogo non facile

L’intenzione è quella di confrontarsi con tutti, ma non è facile. L’idea stessa della Gronda non piace agli ambientalisti: «Stiamo andando in una direzione contraria alle vere necessità del nostro territorio investendo ulteriormente sul trasporto su gomma e sulla mobilità automobilistica privata», dice Alice De Marco, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta. «Siamo di fronte a un progetto che nasce vecchio e che non contribuirà in nessun modo al processo di decarbonizzazione necessario e urgente in questo periodo di emergenza climatica ed ecologica. Non solo, il progetto insiste su un’area, quella della collina di Torino, che sarebbe fortemente impattata da un susseguirsi di viadotti e gallerie; un contesto il cui equilibrio idrogeologico – in alcune realtà collinari già estremamente precario – sarebbe messo a forte rischio».

L’idea non piace neppure ai cittadini che si sono riuniti nel comitato “No Tangest – No Gronda”: «Il territorio rischia di diventare una periferia urbana», scrivono in una nota diffusa prima di un corteo di protesta lo scorso 12 aprile. «Quest’opera favorisce l’aumento dell’inquinamento ambientale e acustico. Potrebbe costare fino a 500 milioni di euro, che sarebbe meglio investire in sanità e trasporto pubblico».

Un volantino della protesta del 12 aprile

La superstrada, abbiamo visto, non piace soprattutto al sindaco di Montaldo, Gaiotti: «Cosa ci porterà la Gronda? – dice a L’Unica –. Sicuramente la devastazione del territorio, con un consumo di suolo agricolo che diventerà un ulteriore passo verso il cambiamento climatico che già sta incidendo sul pianeta. Sicuramente, un incredibile spreco di denaro pubblico. Sicuramente, non un aiuto all’economia del territorio, alle imprese, ai giovani che vogliono restare. Sicuramente, un maggiore inquinamento delle aree limitrofe a questa infrastruttura, con inevitabili ricadute sulla salute degli abitanti».

Secondo Gaiotti l’alternativa esiste. «Cosa si può fare, con tutti questi soldi, per la mobilità sostenibile? Ad esempio, si può potenziare la ferrovia Chieri-Torino, ancora in parte a binario unico, o si può riaprire la Asti-Chivasso. Si può dotare questo territorio di un trasporto pubblico degno di questo nome: quanti sanno che non è praticamente possibile raggiungere Chieri con il bus dai paesi vicini? Questo sì che potrebbe aiutare i giovani e le imprese a restare nel territorio». Poi, con un filo di malizia, Gaiotti – politico di lunga data che l’anno prossimo girerà la boa degli ottant’anni – butta lì una frase che suona come una profezia: «Spero che i soldi non li trovino mai e la Gronda resti lettera morta. Come la Tangest».

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