A Torino la musica perde i pezzi

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Da “Todays” a “Nodays”. Una parabola veloce per il festival musicale indie-rock del Comune di Torino. L’undicesima edizione, quella che avrebbe dovuto andare in scena nella prossima estate, non si farà: l’unica proposta arrivata è stata giudicata non idonea. Sarà il tempo a dire se si fermerà qui la sua storia, fa riflettere che il festival più rappresentativo della città, che ne valorizzava quell’anima underground che ha reso Torino un crocevia artistico rock sin dagli anni Novanta, si sia trasformato in una gatta da pelare: per la città ma anche per gli operatori musicali, spaccati davanti alle rivoluzioni gestionali del Comune.
Uno stop che sembra rientrare in un più generale atteggiamento del Comune nei confronti della cultura: sugli eventi più grandi e di massa, lasciar fare ai privati. «Credo che quando succede qualcosa l’amministrazione debba prendersi le responsabilità e riflettere», dice a L’Unica l’assessore torinese ai Grandi Eventi, Mimmo Carretta. «Ho sentito dire addirittura che con il “Todays” si è spenta la musica a Torino, ma non è così, anzi è una colonna sonora continua. Se mettessimo in fila tutti gli eventi musicali in città, non credo che avremmo eguali in Italia». Ora, però, ammette «ci sono domande da farsi: ha senso che la città continui a sostenere un festival indie-rock quando c’è un comparto privato estremamente vivo e dinamico?».
Il business della musica
Che gli spettacoli siano un’area eterogenea, vivace e solida sul piano economico lo spiegano i numeri. Per avere un’idea: a fine settembre 2024, dai dati della Camera di Commercio, il settore dava lavoro a 1.343 imprese piemontesi, 752 nel Torinese. Nel 2023, inoltre, dei 268.405 eventi andati in scena in Piemonte (+17,7 per cento rispetto al 2022) e di cui oltre la metà nel Torinese, il 18 per cento erano concerti o comunque iniziative musicali che hanno accolto quasi 7 milioni di spettatori.
A conti fatti, in Piemonte la spesa per gli spettacoli è stata di 307 milioni di euro (31,3 per cento in più del 2022), e di questi ben il 40 per cento, quindi 123,5 milioni di euro, hanno riguardato eventi musicali, dimostrando la forza culturale del comparto. Numeri che gravitano per lo più intorno a operatori privati. Sono loro i principali organizzatori dei grandi eventi in città – da Jovanotti a Vasco Rossi – che riempiono gli stadi e i palazzetti che oramai hanno sempre più per protagonisti artisti italiani, ma anche i piccoli concerti grazie alla fitta rete di club e locali che costella la città.
Basterebbero quindi i numeri a dire quanto la lungimiranza in questo settore dovrebbe essere una priorità. Ma se non sono abbastanza, basta tornare con la mente all’Eurovision, ospitato a Torino nel 2022, e ricordare il boom di visibilità per la città e l’indotto turistico. O guardare al “Kappa FuturFestival”, la kermesse di musica elettronica che in tre giorni ha raccolto oltre centomila ingressi, guadagnandosi il settimo posto nella classifica stilata dalla rivista internazionale DJ mag. O al “C2C”, il vecchio “Club to Club” che richiama persone da tutta Europa: 41 mila spettatori nell’edizione 2024, con una crescita del pubblico internazionale del 33 per cento.
La parabola di “Todays”
Così come il “Torino Jazz Festival”, “Todays” è una delle poche eccezioni di grandi eventi musicali torinesi a firma pubblica. Realtà che negli anni hanno contribuito a delineare l’identità artistica della città, lasciando centrale il ruolo degli enti. Non ha mai avuto numeri paragonabili al “Kappa” o al “C2C”, ma riusciva a ricreare una comunità che si riuniva da tutta Italia e che racconta anche della storia della città, visto che le prime note le ha fatte sentire nel 2015 in una Torino orfana del tanto rimpianto “Traffic” – l’evento che per dieci anni aveva dominato la scena, toccando punte di 200 mila spettatori – sembra necessario tutelare quel che già suona in città. Senza farselo scappare.

“Todays” fu lanciato come appuntamento “decisamente atipico” in un panorama in cui le iniziative rischiavano già allora di essere sovrapponibili. La sua identità era chiara: era il nuovo festival della Città di Torino. E così è stato, almeno fino al 2023, trovando casa a Spazio 211, un locale ma soprattutto un presidio culturale di Barriera di Milano, tra i più complicati quartieri di Torino. Nel 2024 la rivoluzione: non più assegnazione diretta, ma bando. E quando il bando è stato assegnato alla Fondazione Reverse invece che allo storico direttore artistico Gianluca Gozzi, che aveva presentato una proposta in cordata con altri player, le polemiche erano cotte e servite.
A quel punto l’attenzione sul “nuovo Todays” era concentrata più sulla conta dei presenti per cantare vittoria o sconfitta, che sulla qualità artistica o l’organizzazione. E in un clima così era difficile immaginare di ritrovare l’entusiasmo per il festival: così si spiega l’unica adesione al bando per il 2025, ancora di Reverse. Gli operatori culturali – torinesi e non – hanno deciso di disertare.
In uno scenario in cui il disastro stava diventando inevitabile, “Todays” è rimasto fermo al palo. Nel frattempo Gozzi ha annunciato un nuovo festival estivo a Spazio211, “Monitor”, mentre il Comune ha dato il via a una serie di tavoli, o meglio incontri su invito, con i player musicali del territorio, i club, i direttori artistici e le associazioni di categoria. Per fare il punto e capire come ripartire.
Il futuro
L’idea era di sedersi attorno a un tavolo e vedere quello che ne usciva: «Non abbiamo ricette già pronte, ma sappiamo che abbiamo tante capacità e competenze, ora bisogna fare squadra», spiega l’assessore Carretta. Tra le ricette da preparare si potrebbe riflettere su come rendere il bando più appetibile, considerato che proprio la durata annuale è stata oggetto di critica dagli addetti al settore, ma anche ragionare sulla visione della città, ascoltando le varie voci in campo.
Voci come quella di Fabrizio Gargarone, direttore artistico di “Hiroshima Mon Amour”, il locale-associazione protagonista della vita culturale torinese da oltre trent’anni. «Bisogna fare sistema, potenziando quello che già esiste, così da espanderlo in chiave musicale», dice a L’Unica. Che sia il Salone del Libro, il Torino Film Festival o la settimana dell’Art Week, continua Gargarone, «si potrebbero far intervenire i player musicali della città. Non lottizzando ma aprendo. C’è un’iniziativa, si mette sul tavolo e si selezionano le proposte per valorizzarla. Magari creando anche un ufficio ad hoc».

Maurizio “Juni” Vitale, papà del “Kappa Futurfestival” e dal 2020 presidente di “Turismo Torino” – l’ufficio incaricato di promuovere città e provincia – garantisce che «esiste una profonda consapevolezza condivisa della necessità di proseguire nel percorso, avviato da Comune e Regione, per “patrimonializzare” le imprese sane presenti sul territorio per renderle competitive anche sul piano internazionale». Imprese, precisa, che «svolgono un ruolo di alto valore aggiunto nei settori dell’occupazione, della cultura, dell’innovazione, della promozione, del turismo, della rigenerazione urbana».
I tavoli sono stati anche un’occasione di confronto tra generazioni. Gabriele Sinatra, trent’anni appena compiuti, è tra i più giovani direttori artistici torinesi. «È giusto che la politica si affidi a operatori che hanno visione e competenza – dice – ma serve anche una visione del Comune su un macro obiettivo. Serve un input per fare attecchire le idee: Torino ha qualcosa da dire, ma così si fatica a trovare spazio».
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