Una crema alle nocciole ha fatto litigare Francia e Algeria, ma non è la Nutella

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Faccelo sapere quiLa Ferrero continua il suo shopping internazionale, passando dall’acquisizione di WK Kellogg – il principale produttore di corn flakes e cereali da colazione – a quella delle caramelle francesi Carambar. Ma intanto non si spengono gli echi della battaglia commerciale che si sta combattendo proprio in Francia contro quella che i media hanno ribattezzato la “Nutella algerina”. Uno scontro che l’Unione europea ha chiuso bloccando le importazioni, ma che continua con la diffusione clandestina e “ufficiosa” del prodotto.
Non si fermano neppure le proteste delle autorità commerciali algerine, che sospettano azioni di lobbying dei produttori francesi per tutelare le proprie vendite sul mercato interno. Secondo Mustapha Zebdi, presidente dell’APOCE (l’Associazione algerina per la protezione e l’orientamento dei consumatori), il blocco sembra più un tentativo di proteggere i prodotti europei che una questione di sicurezza alimentare. El Mordjene – questo il nome della crema al cioccolato magrebina – «entrava e circolava liberamente» per tutta la Francia, spiega. «Ma quando è diventata un pericolo per il loro amato prodotto, hanno fatto i test e tirato fuori le norme».
La sede centrale della Ferrero, contattata da L’Unica, ha commentato ribadendo la posizione già espressa da Ferrero France: l’azienda «smentisce le informazioni circolate riguardo a un potenziale coinvolgimento nel divieto di commercializzazione di qualsiasi prodotto in Francia. Solo le regole stabilite dall’Unione europea autorizzano o meno la vendita di prodotti di consumo in Francia, così come altrove nel continente».
La forza dei social
El Mordjene è una crema a base di nocciola, cacao e latte in polvere, prodotta e commercializzata da Cebon, un’azienda algerina con sede nella piccola città di Tipaza, a una settantina di chilometri da Algeri. Nel mercato francese è entrata in sordina: in un primo tempo era distribuita soltanto nei minimarket e nei negozi etnici, come articolo di importazione apprezzato soprattutto dalla comunità nordafricana. Il successo, improvviso, è arrivato grazie alla visibilità ottenuta sui social, dove si sono moltiplicati confronti e comparazioni con la Nutella e altri prodotti Ferrero.
Il fenomeno ha assunto dimensioni tali da attraversare l’oceano e finire sulle pagine del New Yorker, che lo racconta così: «Questa roba è pazzesca!, ha esclamato entusiasta un tiktoker; un altro ha giurato che fosse meglio della Nutella. Un altro ancora ha immerso una baguette intera in un barattolo e se l’è messa direttamente in bocca». Il boom è arrivato presto nei programmi mainstream: i conduttori del programma mattutino su BFM Tv – una delle più seguite reti di informazione francese – hanno fatto una degustazione in diretta, assaggiando El Mordjene direttamente dal vasetto, con un cucchiaio pieno fino all’orlo. A Cholet, una cittadina di medie dimensioni – continua il New Yorker – un commerciante ha detto di aver venduto «mille barattoli di El Mordjene in cinque ore. In molte città, era praticamente introvabile».
La crema algerina ha animato sfide gourmet capaci di imporsi nel dibattito culturale francese non soltanto come alimento, ma anche come occasione e strumento di riscatto sociale di un Paese che un tempo era stato occupato dalla Francia. L’aumento delle vendite e dell’interesse dei consumatori è arrivato all’economia reale e un colosso della grande distribuzione come Carrefour ha annunciato di voler accogliere i vasetti Cebon fra i suoi scaffali.
Una crescita che sembrava inarrestabile, fino a quando è scattato qualcosa. Da qualche mese, in Europa, l’importazione di El Mordjene è diventata illegale. I container sono stati fermati in porto a Marsiglia, in seguito ai controlli doganali perché l’Ue si è inserita in questa storia con un provvedimento: in base a un regolamento risalente al 2022, è vietato l’ingresso nel continente e sul mercato locale di prodotti a base di latte, provenienti da Paesi extracomunitari che non rispettino le normative interne in materia di salute degli animali, residui di farmaci nei loro organismi e impiego di pesticidi. L’Algeria è uno di quelli. Ma Amine Ouzlifi, direttore commerciale di Cebon, ha detto che «il latte in polvere contenuto nella crema spalmabile proviene dalla Francia, non dall’Algeria». «Dobbiamo trovare il modo migliore per superare gli ostacoli», ha aggiunto in un’intervista al quotidiano francofono di Algeri El Watan, riconoscendo il sostegno di vari ministeri algerini, delle dogane e degli operatori di transito per facilitare il processo di esportazione.
Un caso geopolitico
Il già citato New Yorker, nel suo articolo intitolato “Come una crema di nocciole è diventata un punto critico nelle relazioni franco-algerine”, non si è limitato a citare le battute di negozianti e influencer, ma ha allargato l’analisi trasformando una battaglia commerciale in un caso sociologico e geopolitico: un successo travolgente come quello è un esempio significativo dell’evoluzione culturale che non può non integrare il pensiero delle persone immigrate, arrivando anche a ribaltare gli equilibri, nel momento in cui nelle abitudini di consumo si presentano le seconde e terze generazioni. Secondo i dati citati dalla rivista sono 7,3 milioni gli immigrati francesi, pari al 10 per cento circa della popolazione, mentre quasi un terzo dei bambini nati nel Paese nel 2023 ha almeno un genitore nato all’estero. Numeri che possono senz’altro contribuire a spostare il peso, nel senso del gusto e nelle conseguenti scelte di acquisto.
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Storia della Nutella in Francia
Non è una sfida da poco. Nutella è un prodotto globale, che in Francia ha uno dei Paesi storici di riferimento: il marchio nacque nel 1964, e le prime esportazioni oltralpe arrivarono già nel 1966. Qui riscosse subito un enorme successo, che non si è mai fermato: per i trent’anni dall’arrivo, nel 1996, a Parigi venne organizzata una grande mostra al Carrousel du Louvre, con opere di artisti della generazione cresciuta a pane e Nutella, tra cui non mancarono Philippe Decouflé, Paco Rabanne e Georges Wolinski, il fumettista poi rimasto ucciso nella redazione di Charlie Hebdo nel corso dell’attacco terroristico del 7 gennaio 2015.
Il quartier generale delle attività di Ferrero in Francia è Villers-Ecalles, non lontano da Rouen, in Normandia: qui, nel 1959, una vecchia fabbrica tessile fu trasformata per la lavorazione del Mon Chéri e oggi è la prima al mondo per la Nutella, realizzando oltre un quarto della produzione totale. Una realtà importante per la vita economica della zona: la via in cui ha sede l’azienda porta il nome di Pietro Ferrero, i dipendenti in Francia sono più di 1.400, il fatturato è quasi raddoppiato in un decennio, arrivando a sfiorare il miliardo e mezzo di euro. Imponente anche il ruolo dell’indotto: il principale fornitore del tipico barattolo di vetro, dalla forma specifica e familiare, è lo stabilimento Verallia di Lagnieu, a pochi chilometri da Lione. Nel 2019, un settore di eccellenza come la pasticceria francese ha salutato la nascita del concorso Nutella Academy, per sostenere l’apprendimento dei nuovi futuri talenti di quest’arte culinaria: le prime tre edizioni hanno richiamato più di 170 candidati. Tutto questo spiega quale sia il profondo legame, non soltanto simbolico, tra la Nutella e i consumatori francesi.
La battaglia continua
Eppure, prima di diventare introvabile sugli scaffali dei negozi in seguito allo stop arrivato da Bruxelles, El Mordjene aveva registrato un’impennata incredibile. Anche per i prezzi che in seguito ai divieti sono cresciuti nel mercato nero: in base alle informazioni veicolate da fonti stampa, i vasetti da 700 grammi sono arrivati sottobanco fino a 30 euro (mentre prima il prezzo oscillava tra gli 8 e i 13 euro).
Intanto la guerra burocratica continua. La controversia non si è ancora risolta e il blocco alla dogana è stato confermato. «Quando i loro prodotti sono esposti a rischi e minacce gli europei cercano ogni scappatoia per proteggerli», dice ancora Mustapha Zebdi, il presidente dell’associazione dei consumatori algerini. «Impongono tutti i divieti possibili. Noi abbiamo il dovere di mostrare solidarietà e difendere i nostri».
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