Tra promesse e ritardi, forse Asti avrà il suo nuovo palazzetto

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Faccelo sapere quiÈ un po’ come il ponte sullo Stretto: se ne parla da sempre, non si è mai fatto e ora – almeno sulla carta – qualcosa si muove. La costruzione del nuovo palazzetto dello sport ad Asti è una storia che si perde nei decenni. Emblematica quasi quanto la tangenziale Sud Ovest, opera mai partita che dovrebbe collegare il casello Asti Ovest con Asti-Cuneo, o la Asti-Cuneo, collegamento che potrebbe essere completato in questi mesi, ma che è diventato quasi una barzelletta per i tempi di realizzazione che sarebbe un eufemismo definire biblici.
Una situazione paradossale
Il palazzetto è uno degli autogol di una città – la stessa che riuscì a tenere chiuso per oltre un ventennio il Teatro Alfieri – da tempo retrocessa anche nello sport. Dagli splendori della serie A nel basket e nella pallavolo si naviga oggi ai margini dello sport dilettantistico, con eccellenze negli anni dovute più ai cordoni della borsa aperti dai mecenate di turno e impianti di altre epoche. Passano le squadre ma il palazzetto di via Gerbi, oggi riverniciato PalaMakhymo (dal nome dello sponsor), resta lì come monumento al passato, costruito agli albori degli anni Sessanta grazie ai fondi delle Olimpiadi di Roma e balzato agli onori delle cronache ad aprile del 2023, quando un funzionario della Questura di Asti si accorse che l’edificio era privo di agibilità dal 2005.
Da un giorno all’altro l’impianto viene interdetto al pubblico: la semifinale del campionato di serie C tra la Secursat Asti e la Reba Torino, in programma un paio di settimane più tardi, si gioca a porte chiuse, con la rabbia di giocatori e dirigenti che contavano sull’appoggio dei sostenitori. Stessa sorte per i campionati giovanili di pentathlon moderno: «Daremo un pass per ogni squadra, circa una quarantina – commenterà amaro Luigi Giardullo, delegato regionale della Federazione –. Entreranno solo tecnici e atleti, gli altri staranno fuori. Si fermeranno al bar, e si faranno portare un caffè ai tavolini nel dehors esterno».
Diciotto anni trascorsi senza Certificato di prevenzione incendio e cinque giunte comunali che si sono succedute senza accorgersene: Vittorio Voglino sindaco dal 2002 al 2007, Giorgio Galvagno dal 2007 al 2012, Fabrizio Brignolo dal 2012 al 2017 e Maurizio Rasero dal 2017 ad oggi. Vigili del fuoco, ispettorati, dipendenti e dirigenti comunali, forze dell’ordine, donne e uomini che dovevano controllare, nessuno si è mai accorto di nulla. Le partite si sono continuate a giocare, gli spettatori hanno continuato a sedersi. Nemmeno le molte migliaia di bambini, donne e uomini che hanno frequentato in quei diciotto anni il palazzetto dello sport non si sono mai accorte di niente, per fortuna.
Adesso l’impianto è stato messo a norma, dopo l’imbarazzante e precipitosa chiusura di aprile 2023, ma resta piccolo e obsoleto. Della creazione di una nuova struttura sportiva si era iniziato a parlare durante l’epopea Saclà basket dei primi anni Settanta, squadra di serie A costretta a emigrare a Torino dopo un solo campionato proprio per la poca capienza del palazzetto di via Gerbi. Si torna ad avvertire l’esigenza a partire dal 1980 con i fasti della pallavolo Voluntas, a lungo nella massima serie.
Tante idee, nessun cantiere
È in quel periodo che nasce il Consorzio palazzetto, varato nel 1986 e naufragato nel 1989. Formato da Comune e Provincia con soldi anche dal CONI, in tutto 7 miliardi di vecchie lire. L’idea iniziale prevede di realizzare il palasport nel quartiere Tanaro. Parte anche una gara che si incaglia in ricorsi, in quanto l’azienda capogruppo dell’ATI (Associazione temporanea d’impresa), incaricata di gestire i lavori, pare non possedere tutti i requisiti richiesti. Dei 7 miliardi, uno sarebbe stato speso per far funzionare il Consorzio: il resto, anni dopo, si sarebbe tramutato in asfalto per le strade provinciali, vista l’assenza di vincoli per l’uso.
Spunta a questo punto l’ipotesi di costruire il nuovo palazzetto in corso Casale, zona vivai Quirico. Con la staffetta delle giunte di colore diverso – da Florio di Forza Italia a Voglino di una Margherita non ancora confluita nel PD – arrivano i fondi dei Mondiali di Italia ’90: una cifra intorno ai 10 miliardi. Si pensa a un impianto da 4 mila posti, con una gara vincolata a progettazione e gestione, vinta da una ditta novarese. Ma parte un altro contenzioso e la patata passa alla giunta Brignolo, che lancia l’idea di un impianto in piazza d’Armi. Anche questo progetto, con scarso appeal soprattutto per problemi di viabilità, naufraga fra tempi biblici di progettazione, esecuzione e mancanza di risorse. Arriviamo ai giorni nostri e nasce una nuova idea. Più modesta. Anche questa volta ci sono i progetti e ci sono i soldi.
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Il “mini palazzetto”
Anche il nuovo palazzetto dello sport che la città aspetta da tempo immemore, dovrebbe sorgere in piazza Cosma Manera, da tutti conosciuta come piazza d’Armi. Non sarà un progetto faraonico ma che si presenta come “funzionale”. «Sono molto contenta che si possa procedere con questo progetto perché vi stavamo dietro da tempo dal momento che per noi è fondamentale avere strutture sportive per le scuole e le associazioni», commenta agli albori del progetto Stefania Morra, vicesindaca con delega ai Lavori pubblici.
Le cose sembrano progredire: sul tavolo ci sono 6 milioni e 100 mila euro e il disegno di un palazzetto da poco più di 600 posti. Piccolo rispetto a quello preventivato nel 2014, sempre in piazza d’Armi, da tremila posti, ma quasi doppio rispetto a quello attuale in via Gerbi da 337 posti (215 in tribuna e 122 al piano terra). Il progetto iniziale di una decina d’anni fa prevedeva una struttura che doveva essere progettata per ottenere l’omologazione per le partite di serie A1 maschile di pallavolo, quindi con almeno tremila posti a sedere, e doveva prevedere la possibilità di gioco anche di altre discipline: basket e pallamano, non solo pallavolo. Ma sarebbe dovuto servire a tutti quanti, al di fuori delle competizioni ufficiali, per consentire il massimo utilizzo da parte di associazioni sportive o scuole, il campo da gioco doveva potersi suddividere in tre campi trasversali, attraverso l’impiego di barriere mobili automatizzate a discesa dal soffitto, per il gioco delle tre discipline sportive che avrebbero trovato la loro casa in piazza d’Armi. Ma quello che poteva costare 6 milioni e rotti di euro dieci anni fa, soprattutto dopo gli aumenti degli ultimi due anni, ora ne costerebbe tre volte tanto: il costo è lievitato a 18 milioni e 400 mila euro.
Il sindaco Rasero: nessuno come noi
Che fare? Metterlo sull’enorme pila dei progetti naufragati o cercare di utilizzare comunque questi soldi? L’amministrazione comunale opta per la seconda ipotesi e in giunta dà il via libera alla progettazione del “mini palazzetto” affidandone l’incarico all’A.T.P Progeco Engineering Srl con sede operativa a Rocchetta Tanaro, la stessa che si è occupata della progettazione del nuovo stadio Filadelfia di Torino. Il sindaco Rasero gonfia il petto: «Continua la nostra attenzione verso il mondo dello sport. È stato un lavoro che parte da lontano, con la collaborazione dei nostri rappresentanti romani e regionali, per vederci riconosciute risorse che potevano esserci tolte dopo tutto questo tempo», dice. «La struttura si andrà ad aggiungere alle tante che in questi anni abbiamo realizzato o migliorato consentendo alle società sportive di trovare i giusti spazi in una città che, prima di noi, ne era carente».
Tempistiche ancora incerte, ma si procede. Come sarà questo nuovo palazzetto dello sport? I posti, come già detto, saranno 624 ma potrebbero aumentare con un eventuale ampliamento dell’impianto sul lato ovest che permetterebbe un significativo incremento del numero di spettatori. Un altro settore, indicato come B2, potrà essere destinato agli spettatori della squadra ospite, ma non solo. L’impiego sarà improntato alla versatilità grazie a un sistema di cancelletti apribili che potranno garantire il transito degli utenti tra i vari spazi. L’ingresso del palazzetto sarà a est, proprio di fronte alle aree che rimarranno di parcheggio in piazza d’Armi. Che sia la volta buona?
Questa puntata di L’Unica Asti termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.
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