Continuano i lavori sulle rive del Po, ma gli ex alluvionati chiedono più prevenzione

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Il bacino fluviale del Po è uno dei protagonisti della transizione ecologica. Ed è centrale nel progetto di rinaturazione finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR): l’iniziativa mira a tutelare e a promuovere l’ecosistema del fiume, insieme ai territori circostanti e alla risorsa idrica. I traguardi da raggiungere sono due, entrambi importanti: la sicurezza degli argini e la salvaguardia della biodiversità. In pratica, ci si è impegnati a intervenire su 37 chilometri in cui il letto del fiume è stato più pesantemente oggetto di interventi artificiali, con l’obiettivo di ripristinare almeno 337 ettari di aree naturali e “aree ripariali” (le fasce di vegetazione spontanea che crescono lungo le sponde). Gli investimenti per arrivarci sono consistenti: in tutto, 357 milioni di euro per il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia-Romagna e il Veneto.
Gli interventi finanziati sono diversi. Il progetto prevede di intervenire entro marzo 2026 su 56 località nelle quattro regioni coinvolte, per una superficie complessiva di poco meno di 28 mila ettari. In generale, vengono coinvolti i territori di 12 province e 106 comuni. Nell’area alessandrina, due interventi sono già stati portati a termine: il primo a Camino, Morano sul Po, Pontestura e Coniolo; il secondo a Bassignana. Gli esperti che hanno analizzato le caratteristiche ambientali dei luoghi considerano la zona una base importante di sviluppo per questo genere di operazioni. «Il Casalese è un territorio su cui l’Autorità di bacino pone grande attenzione, sia per i temi collegati alla sicurezza idraulica, sia per la tutela della biodiversità», ha detto Alessandro Bratti, segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po. «Siamo inoltre fiduciosi che Casale possa entrare a far parte del programma MAB Unesco al fine di valorizzare sempre di più le qualità del territorio».
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Gli obiettivi dei lavori sul fiume
Il progetto è stato finanziato dall’Unione europea ed è stato affidato all’Agenzia interregionale per il fiume Po (AIPO) come ente attuatore. Il piano dovrà articolarsi in quattro indirizzi dedicati: il primo è, appunto, la rinaturazione dell’area del Po; il secondo prevede di ridurre i diversi rischi di alluvione; altri investimenti sono destinati a infrastrutture idriche; infine, il quarto obiettivo si propone di rafforzare la “viabilità dolce” lungo il fiume, aumentando i percorsi ciclabili. Secondo gli esperti, gli interventi effettuati in Piemonte sul ripristino dell’ambiente fluviale hanno già contenuto le piene della primavera 2025: «Siamo molto soddisfatti degli esiti dei primi due interventi di rinaturazione del Po, conclusi per la parte morfologica, perché con la piena del mese di aprile si sono comportati come previsto dal progetto, quindi non ci sono stati danni particolari», ha dichiarato il direttore dell’AIPO, Gianluca Zanichelli. «Qualche danno, ma comunque minimi, si sono verificati sulla parte di rinaturazione e rimboschimento, però complessivamente l’impressione è completamente positiva».
In Piemonte le piene sono sempre più frequenti: l’ultima in ordine di tempo è stata disastrosa sulla rete idrica secondaria, come ha dimostrato l’ondata di maltempo del 22 settembre, quando una donna di nazionalità tedesca – ospite di un campeggio – è morta dopo essere stata travolta dal torrente Valla che si era improvvisamente ingrossato. È il principale affluente della Bormida di Spigno Monferrato, dove alimenta anche una diga. Dare ai corsi d’acqua gli spazi necessari a esondare in completa sicurezza, in caso di precipitazioni eccezionali e abbondanti, è uno degli obiettivi del progetto di “Rinaturazione”. Di lavoro da fare ce n’è molto, ma la strada intrapresa e l’approccio di gestione danno buone speranze. Come ha spiegato il direttore dell’AIPO, i danni causati dalle piene hanno riportato in primo piano «gli studi che sono stati condotti dal punto di vista della mitigazione del rischio e sulle opportunità e possibilità di miglioramento della sicurezza idraulica».
Per quanto riguarda le piene nel tratto alessandrino, l’impegno dell’AIPO per la riduzione del rischio prevede di innalzare e rafforzare l’argine di Morano: la parte più a valle è già stata progettata e finanziata per 800 mila euro, mentre per la porzione più a monte l’intervento è più complesso e oneroso, pari a circa 5 milioni, pertanto si prosegue con le azioni necessarie per avere i soldi per poterlo realizzare. «Queste attività dovranno essere coperte da risorse economiche che, in gran parte, dovranno essere reperite», ha spiegato ancora Zanichelli. «Confidiamo di avere i finanziamenti necessari per compiere una prima serie di interventi di mitigazione del rischio».
Le perplessità degli ex alluvionati
«La rinaturazione è in sé importante, ma noi contestiamo che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza si siano trovati i soldi per fare quella, invece i fondi per la prevenzione idrogeologica mancano», ha detto a L’Unica Massimo De Bernardi, portavoce del Comitato alluvionati di Casale Monferrato. L’associazione rappresenta all’incirca seimila abitanti lungo le rive del fiume, in quartieri che furono allagati nel 2000: Casale Popolo, Oltreponte e Terranova. «Nel portafoglio del Ministero dell’Ambiente era disponibile un miliardo e 300 milioni – ha continuato De Bernardi – per realizzare 665 progetti per la messa in sicurezza di un milione e trecentomila abitanti in tutta Italia: nel luglio 2023 sono stati dirottati per riparare i danni in Emilia-Romagna. Ma non si possono solo riparare i danni: servono le opere che li impediscano».
Il comitato è un interlocutore riconosciuto dagli enti locali, si interessa del problema fin dall’alluvione di venticinque anni fa. E non è un problema da poco. «Le nostre stime indicano che si dovrebbero rialzare sette chilometri di argini – ha aggiunto De Bernardi –. È una questione di sicurezza: l’evacuazione di alcune aree si è ripetuta la scorsa primavera. Ma ci sono anche i risvolti economici: le case perdono il loro valore immobiliare, le attività si spostano e le assicurazioni chiedono più soldi». La prima parte dei lavori più urgenti, almeno, in questi ultimi giorni è iniziata: «Dopo le sollecitazioni che abbiamo inviato all’AIPO l’appalto è stato affidato, l’area è recintata e l’impresa dovrà ultimare i lavori in 150 giorni. La cosa importante per noi è avere una ditta specializzata, con i mezzi, pronta a intervenire sull’argine se ci fossero criticità». L’autunno infatti è cominciato: la stagione porta la pioggia, le piene occupano il letto e la preoccupazione sale. L’esperienza insegna.
Gli effetti sull’ecosistema locale
Tornando agli interventi di rinaturazione, tra il tratto fluviale che percorre le aree non lontane di Camino, Morano sul Po, Pontestura e Coniolo, le difese spondali sono state adeguate ed è stato costruito un canale principale di collegamento con l’area umida già esistente nelle vicinanze, valorizzata dalla Riserva naturale di Ghiaia Grande. «Sono state così realizzate due aree umide di circa un ettaro e un canale secondario che alimenta la lanca» sulla sponda sinistra, si legge su QuiPo, il periodico dell’Agenzia per il fiume. La “lanca” – lo stagno a forma di mezzaluna che si forma nell’ansa del fiume abbandonata dalla corrente – quando trattiene l’acqua può trasformarsi in una sorta di lago. In questo caso, la costruzione del canale secondario di alimentazione permette alla zona di mantenere condizioni ambientali ottimali permanenti. «Inoltre – continua QuiPo – procedono i lavori di riforestazione diffusa naturalistica, che favorisce il miglioramento ecologico-funzionale degli ecosistemi attraverso il contenimento delle specie vegetali alloctone invasive».
A Bassignana, invece, nell’ambito del secondo intervento realizzato con fondi PNRR, è stata attuata un’altra operazione: è stata abbassata la difesa della sponda, per alimentare la lanca principale già aperta, ed è stato realizzato un canale di collegamento con la lanca secondaria, «affinché questa sia alimentata da monte con maggiore frequenza, quando i livelli del fiume crescono», ha detto l’Agenzia per il Po. Anche in questo caso, la riforestazione diffusa naturalistica è abbondante e realizzata in sinergia con l’ambiente esistente nell’area: i nuovi alberi sono stati integrati con gli impianti di pioppo artificiali già presenti da anni, ma in questo caso l’obiettivo è quello di valorizzare la vegetazione tipica autoctona e, allo stesso tempo, limitare le specie estranee che sono state introdotte ma non fanno parte dell’habitat originario.
Zone da ripristinare, ma soprattutto zone di cui riappropriarsi senza sfruttamento o speculazioni. Secondo il sindaco di Casale Monferrato, Emanuele Capra (Lega), «il rapporto della città con il Po è complesso e talvolta conflittuale, a causa dei fenomeni alluvionali, ma negli ultimi anni gli interventi per incrementare la sicurezza idraulica, come l’arretramento dell’argine di Cascina Consolata, e quelli finalizzati a una fruizione ambientale del fiume – dalla rinaturazione ai percorsi ciclabili – stanno rendendo il Po sempre più un’opportunità positiva per il nostro territorio». Interpellato da L’Unica, un portavoce del Comune spiega che ci sono anche altri progetti per la valorizzazione territoriale della città: «L’area di piazza Venezia, che ora è in corso di riqualificazione, verrà poi completata con nuove aree verdi, sia verso la città che verso il fiume. Una parte è già stata realizzata dal parco del Po. Anche la ciclabile VenTo [il percorso turistico che collega Venezia e Torino, ndr], che è in fase di realizzazione, sarà un’occasione per progettare e riqualificare gli spazi vicini».
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