La Val di Lemme prova a far rinascere i boschi abbandonati

La Val di Lemme prova a far rinascere i boschi abbandonati
Foto: Pexels

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Gli alberi, alle nostre latitudini, devono essere gestiti come facevano i nonni. Sono esseri viventi a tutti gli effetti: nascono, crescono, invecchiano e muoiono. A un certo punto del loro ciclo vitale è giusto tagliarli per consentire all’ecosistema di rinnovarsi. È un argomento delicato che richiede informazione, conoscenza ed etica, proprio in un’epoca come questa in cui da una parte si moltiplicano i reati ambientali e dall’altra l’ecologia finisce a volte per essere una bandiera impugnata da mani di propaganda: non sempre abbattere un albero è un delitto contro la natura.

Le cronache limitano spesso il dibattito a singoli episodi, talvolta tragici, in particolare nei contesti urbani, come è accaduto a Genova, dove a marzo una donna, Francesca Testino, è rimasta uccisa dall’improvviso crollo di una palma. Le campagne, invece, sono caratterizzate da luoghi fragili e complessi come i boschi: la superficie forestale in Italia è aumentata notevolmente negli anni, arrivando a coprire circa 120 mila chilometri quadrati, poco meno del 40 per cento del territorio nazionale. Secondo il report “Transizione ecologica aperta” dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), dal secondo dopoguerra al 2021 l’estensione delle foreste è raddoppiata. È la conseguenza più evidente dei cambiamenti intervenuti nella nostra società, con lo spopolamento della montagna e l’abbandono di molte aree che in precedenza erano coltivate. La natura si è ripresa il suo spazio, si dice.

Quando il bosco diventa un pericolo

Boschi ricchi di biodiversità, ma non figli dell’evoluzione naturale. Molti infatti sono castagneti, che un tempo venivano piantati perché i loro frutti erano la base dell’alimentazione degli abitanti che vivevano del lavoro della terra. Dunque boschi creati, in buona parte, dalla mano dell’uomo. Adesso, a distanza di diversi decenni, la mancanza di cura costituisce un problema cruciale nei territori di collina. I boschi abbandonati hanno alberi morti in piedi che arrivano a collassare, mentre arbusti e vegetazione di ricrescita affollano il sottobosco. Caratteristiche che bastano ad aggravare due generi di rischio: alimentano le fiamme in caso di incendio e accumulano biomassa che, quando le precipitazioni sono abbondanti, innesca più facilmente frane e altri fenomeni idrogeologici. Bisogna considerare che incendi e precipitazioni abbondanti sono sempre più frequenti. C’è poi un altro dato: molti proprietari non si occupano più dei boschi, non sono in grado di gestirli di persona o ignorano cosa devono fare, alcuni li hanno ereditati e non sanno neanche bene come raggiungerli.

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L’Alessandrino e l’Appennino piemontese possono diventare un’area-modello per invertire la tendenza. Il Consorzio forestale Val di Lemme, appositamente istituito, ha avuto l’idea di mettere insieme gli appezzamenti boschivi abbandonati ai fini di una gestione sostenibile. Gli obiettivi di un ampio gruppo di proprietari, pubblici e privati, sono stati condivisi a livello ministeriale al punto da ricevere finanziamenti che aiutano ad avviare un approccio virtuoso: spazi dimenticati da decenni potranno avere nuova vita grazie a tagli adeguati e rispettosi di un equilibrio di conservazione e vitalità dell’ecosistema. Potranno anche creare una piccola economia locale con la produzione di legname certificato a chilometro zero, allo stesso tempo intervenendo per mettere in sicurezza i versanti.

Il progetto si sviluppa all’incirca su mille ettari: i boschi inseriti nell’iniziativa sono di proprietà dei Comuni di Voltaggio, Fraconalto e Carrosio, della Regione Piemonte e di una cinquantina di privati, fra cui cinquanta persone fisiche e quattro imprese già impegnate in questo settore. «In questi mesi stiamo redigendo il piano forestale per programmare le attività, che dovrà essere presentato al MASAF, il Ministero dell’Agricoltura della Sovranità Alimentare e delle Foreste, entro settembre insieme alla valutazione di incidenza ambientale», spiega a L’Unica Fabrizio Masarin, ideatore e coordinatore del progetto. «In generale si tratta di aree che non vengono gestite da molto tempo. Il consorzio non ha scopo di lucro, ma i benefici degli interventi sono di diverso genere e condivisi, anche in funzione di sicurezza. Per esempio, sopra l’abitato di Voltaggio ci sono 6 ettari di bosco che appartengono a dodici proprietari, che non sono in grado di occuparsene. Si tratta di boschi dove un tempo gli uomini lavoravano e vivevano, ma da settant’anni non vengono curati dove ne hanno bisogno: ora diventano pericolosi, oltre che costituire una risorsa sprecata».

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Il progetto della Val di Lemme

Obiettivi diversi trovano così soluzioni incrociate. Secondo il principio del consorzio, si potranno programmare i tagli in modo ottimale così che i boschi possano essere curati come facevano i nonni, riducendo i fattori di rischio che oggi sono preponderanti, ovviando ai problemi della mancata gestione e, allo stesso tempo, producendo legname fornito di certificazione GFS (Gestione forestale sostenibile), che attesta che le foreste sono state gestite in modo sostenibile. Significa che lo sfruttamento delle risorse sarà compatibile con la loro rigenerazione.

«La maggior parte è legno di castagno, che può essere investito e valorizzato per la costruzione di pali. Il castagno si rinnova da solo, perché il ceppo del fusto tagliato sviluppa polloni che lo sostituiscono. Ora quei castagneti sono degradati, presentano tanti morti in piedi, mezzi secchi, con i ceppi che crollano. Il taglio potrà ringiovanirli, con un popolamento più rigoroso e stabile», osserva Masarin. Ci sono anche querceti, che possono produrre legna da ardere. Molta parte dei terreni aderenti al progetto si trova nelle aree protette della zona: nei Calanchi di Rigoroso, Sottovalle e Carrosio, alle Capanne di Marcarolo. «In questo caso troviamo conifere, che non sono invasive ma sono esotiche. Organizzeremo interventi di taglio per poi favorire l’ingresso spontaneo di latifoglie, più rispondenti ai luoghi». Le piante autoctone potranno rispondere meglio anche al cambiamento climatico: «Se naturalmente cresce una roverella, si tratta di una specie che ha avuto secoli di adattamento rispetto a un abete rosso, pertanto è più forte».

I primi tagli nel 2026

Quello della Val di Lemme è un esempio di gestione sostenibile, nel senso ambientale ed economico. Espletate tutte le procedure burocratiche di preparazione, è previsto che i tagli inizino dal 2026 ed è allora che il sistema dovrebbe cominciare a funzionare: «Il progetto è fatto per durare nel tempo, non è soltanto un esperimento. Mettere a servizio una superficie di mille ettari vuol dire definire destinazioni diverse e programmare i periodi di intervento: alcuni castagneti possono essere tagliati subito, altri non sono ancora cresciuti e dovremo aspettare qualche anno», continua Masarin. Questo significa fare un piano forestale, cioè «decidere cosa può essere tagliato e dove, cosa deve essere conservato e per quali obiettivi ecologici. Per adesso il beneficio sarà solo evitare l’abbandono dei boschi e i pericoli derivanti, ma nel tempo la gestione sostenibile li renderà produttivi di legname e creerà un futuro per le aziende e nuove prospettive di lavoro e consumo che non è esterno alla zona».

Una delle contraddizioni più evidenti del mercato italiano è che arriva dall’estero un’enorme quantità di materie prime legnose, pari all’80 per cento del fabbisogno totale dei mobilifici e dell’architettura: se questa merce non è certificata c’è il rischio che provenga da traffici illegali e che sia oggetto della deforestazione nelle aree più esposte del pianeta. Un’economia a chilometro zero è invece destinata a moltiplicare valore. «Essere certificati e avere una pianificazione. Sono questi i criteri premianti per il nostro consorzio, che è l’unico in questa parte di Piemonte», spiega ancora Masarin. «Potremo accedere a bandi successivi e avere le risorse per sistemare la rete viaria o progettare interventi di ingegneria naturalistica, per sostenere i versanti ed evitare le frane».

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🏝️ La prossima settimana L’Unica Alessandria va in vacanza, torneremo martedì 19 agosto. Buon ferragosto alle nostre lettrici e ai nostri lettori!

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