Alessandria è tra le città peggiori d’Italia per il consumo di suolo

Alessandria è tra le città peggiori d’Italia per il consumo di suolo
Foto: Wikimedia commons

Alessandria si racconta

Cara lettrice, caro lettore,

ti aspettiamo martedì 18 novembre per il primo evento dal vivo de L’Unica ad Alessandria! Sarà una serata speciale per conoscerci di persona e parlare insieme della città che raccontiamo ogni settimana. Il programma prevede letture tratte dalle newsletter, dialogo con l’ospite e momento conviviale finale. Sul palco ci saranno il coordinatore editoriale di L'Unica Guido Tiberga e il professore di Storia del pensiero politico Giorgio Barberis. Non mancare!

📍 Ore 18 – LaRisto, Ristorazione Sociale (Viale Milite Ignoto 1/a)
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«Stiamo pagando il prezzo di un modello di città che ha privilegiato l’espansione, la speculazione, la disuguaglianza territoriale e ha lasciato indietro interi quartieri, le periferie, le famiglie più fragili». Non ha dubbi Eugenio Spineto, ambientalista da sempre e da qualche mese segretario di Sinistra Italiana di Alessandria. La sua è l’unica voce che si è levata dopo la pubblicazione di due report tutt’altro che lusinghieri per la città: il rapporto 2025 su “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” dell’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, e il rapporto “Ecosistema urbano” di Legambiente.

Quello dell’ISPRA è un documento aggiornato con dati analizzati «secondo criteri scientifici riconosciuti e in linea con quanto indicato dalle norme europee e nazionali che ne prevedono il monitoraggio», ha dichiarato l’ente. Dalle informazioni che ogni anno vengono raccolte, confrontate e condivise, si dimostra come gli interventi artificiali su terreno diventino in misura crescente un problema globale dalle ricadute spesso sottovalutate. La riduzione delle superfici sfruttate dovrebbe diventare invece uno degli obiettivi della transizione ecologica, proprio perché la naturalità di un ecosistema determina la buona salute dei luoghi, proteggendoli da degradazione e fragilità, e li preserva – per dirne una – dal dissesto idrogeologico. Assicurando biodiversità, sostenibilità, sicurezza alimentare e adattamento climatico.

La quantità di aree sparite per le coperture artificiali ha reso il 2024 un anno record. Gli ultimi dati ci mostrano che «il consumo di suolo continua a crescere e accelera significativamente rispetto all’anno precedente», si legge nel rapporto. «I fenomeni di trasformazione del territorio agricolo e naturale in aree artificiali hanno riguardato 83,7 chilometri quadrati in un solo anno, il 15,6 per cento in più del 2023. Il nostro Paese ha perso suolo al ritmo di 2,7 metri quadrati ogni secondo: 230 mila metri quadrati al giorno».

Un quadro sconfortante, nonostante una porzione venga restituita alla natura in seguito a progetti di rigenerazione e rinaturalizzazione, ancora troppo limitati per tradursi in un miglioramento generale apprezzabile, tanto da far dire all’ISPRA che si tratta di «un valore in calo rispetto a quello del 2023 e ancora del tutto insufficiente per raggiungere l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto [cioè, la differenza tra il suolo artificiale e quello “recuperato”, ndr] , che, negli ultimi dodici mesi, è risultato pari a 78,5 chilometri quadrati, il valore più alto degli ultimi dodici anni».

Un esempio in area alessandrina sono gli interventi di ripristino ambientale sul Po finanziati con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), di cui L’Unica si è occupata qualche settimana fa: un’operazione che si pone l’obiettivo di offrire resilienza in caso di piene e alluvioni, con risultati tangibili su sicurezza e qualità di vita dei residenti. Un paradosso, parlando di persone, riguarda poi il fatto che urbanizzazione e demografia vadano in direzione opposte: anche quando la popolazione residente è stabile, o si riduce, il consumo di suolo risulta incrementato nei valori procapite.

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La situazione nell’Alessandrino

Il bilancio è negativo anche in Piemonte, dove l’anno scorso gli ettari ripristinati sono stati 54 e i “consumati” 557 con infrastrutture, edifici, coperture per cantieri, impermeabilizzazione, strade, impianti fotovoltaici a terra. Ad aumentare è soprattutto lo spazio destinato alla logistica, che nella regione ha occupato 74 ettari in più e in provincia di Alessandria ha uno sviluppo veloce e crescente: l’Alessandrino è ben accessibile, in gran parte pianeggiante, centrale dal punto di vista geografico come collegamento ai grandi centri anche europei, non a caso individuato come retroporto di Genova. A Rivalta Scrivia c’è l’interporto con depositi doganali destinati ad ampliare ancora di più i traffici nei prossimi anni, nel capoluogo è previsto un imponente progetto di trasformazione dell’hub ferroviario di Alessandria Smistamento: la costruzione di spazi attrezzati, con investimenti da 370 milioni di euro, si propone di rigenerare 70 ettari di immobili ferroviari in disuso, allestendo uno scalo merci altamente tecnologico e riqualificando anche dal punto di vista urbanistico la città, con nuovi servizi alla collettività.

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Basta dare un’occhiata ai numeri per capirne l’impatto. Sarà ammodernata un’enorme superficie di un milione di metri quadrati di aree delle società RFI, FS Logistix e Trenitalia, dove la logistica coprirà 300 mila metri quadrati, con oltre 15 mila di servizi per gli autotrasportatori. Altri 160 mila metri quadrati saranno dedicati al polo culturale che sorgerà nelle antiche officine. Ci sarà un nuovo casello autostradale a Sud, con una viabilità specifica che avrà l’obiettivo di alleggerire la circolazione del centro.

Questo è il futuro. Esaminando il rapporto dell’ISPRA, nel 2024 in provincia di Alessandria erano artificiali oltre 25 mila ettari, il 7,15 per cento della superficie: 55 ettari consumati solo nell’ultimo anno. È al quarto posto in regione: la maglia nera è Novara (11,23 per cento), ma non c’è da essere contenti. La città di Alessandria, come capoluogo, è al 16,10 per cento (3.278 ettari), dopo Torino: nel 2024 ha registrato un incremento netto di 7 ettari. Ma c’è anche Tortona (1.736 ettari). Carrega Ligure, con i suoi 74 abitanti, ha uno dei più alti consumi procapite: 6.608,5 metri quadrati ciascuno. Segue Malvicino, con 4.819,2 metri quadrati di suolo consumato per ognuno dei 79 residenti. Novi Ligure ha consumato 10 ettari dal 2023 al 2024.

Il “far west” del fotovoltaico

«Ogni ettaro perso è un ettaro in più di rischio idrogeologico e uno in meno per l’agricoltura di qualità e il verde urbano», ha commentato Eugenio Spineto, che comprende nell’emergenza ambientale anche i cantieri del Terzo valico. «Non possiamo continuare a sacrificare il territorio e la sicurezza dei cittadini per un modello di sviluppo obsoleto. Rigenerare significa proteggere le persone, le colture e l’ambiente, restituendo vita a ciò che già esiste». Se i terreni naturali e coltivati vengono sostituiti da cemento, infrastrutture per la logistica e impianti fotovoltaici a terra è un problema per un’area fragile, soggetta a esondazioni in pianura e frane in collina.

Nel mirino finiscono spesso anche i pannelli per l’energia green. «Ai danni causati dalla cementificazione – ha detto Mauro Bianco, presidente di Coldiretti Alessandria – si stanno aggiungendo quelli del fotovoltaico selvaggio con la copertura di intere aree agricole produttive con distese di ettari di pannelli a terra. Impianti spesso realizzati da fondi di investimento speculativi e resi possibili da un far west normativo che deriva dall’assenza di regole di governo del territorio».

Sul tema, secondo Giulia Giustetto, consigliera provinciale del Partito Democratico, gli amministratori locali possono fare poco in assenza di una normativa nazionale «aggiornata e adeguata che tenga in equilibrio diversi interessi: ambientale, energetico, sociale». Già nel 2023 Legambiente e Pro Natura avevano rilevato come la Regione Piemonte avesse stabilito che gli impianti fotovoltaici a terra, sui terreni di qualsiasi qualità, fino a alla potenza di 1 MW (cioè un’estensione da 20 mila a 30 mila metri quadrati), potessero essere realizzati «con la procedura abilitativa semplificata, quasi solo una comunicazione al Comune che ha ben poche possibilità per intervenire».

Lo scorso anno, la provincia di Alessandria aveva superato i 26 mila ettari di terreno coperti da pannelli fotovoltaici. I Comuni più coinvolti erano Pozzolo Formigaro (77 ettari), Novi Ligure (46) Frugarolo (40) e Sezzadio, con 23 ettari già occupati, ma con nuove richieste che potrebbero toccare il 10 per cento del territorio comunale. Il fenomeno, infatti, è in continua espansione: lo stesso Giorgio Abonante – il sindaco di Alessandria che aveva messo la lotta al consumo di suolo nel suo programma elettorale – qualche mese fa ha ribadito «la propria contrarietà all’installazione non regolamentata di pannelli fotovoltaici su suolo agricolo», rilevando tuttavia che «le istituzioni competenti a limitare gli insediamenti sul territorio sono, invece, la Regione Piemonte, la cui legge in materia è attesa da gennaio, e la Provincia, che ha già espresso la propria contrarietà all’abuso di questi impianti nel Consiglio provinciale aperto del 28 febbraio scorso».

Alessandria tra le peggiori province d’Italia

L’ultimo rapporto “Ecosistema urbano” 2025 di Legambiente colloca Alessandria al 95° posto in Italia per performance ambientale. «Il legame è chiaro – ha detto ancora Spineto – si continua a inseguire un modello che sottrae suolo fertile, aumenta la cementificazione e aggrava i rischi idrogeologici, mentre la città dovrebbe puntare sulla resilienza e sulla transizione ecologica». Nei contesti antropizzati, ha spiegato l’ISPRA, va considerato l’impatto del consumo di suolo sul microclima: «Le analisi sulle isole di calore mostrano differenze di temperatura fra aree urbane e rurali che superano i 10 gradi centigradi, con picchi di +11,3 gradi al Nord Italia». Non a caso, anche per il clima il capoluogo alessandrino è finito in fondo alle classifiche.

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Gli allagamenti, le frane, i danni alle colture e i disagi per cittadini e imprese, in caso di piogge abbondanti, hanno un legame con il consumo di suolo. Il dibattito pubblico e istituzionale sull’argomento è inesistente: già da tempo sono note, invece, conseguenze, gesti efficaci, costi e linee di indirizzo. La vegetazione, nei quartieri delle città dove gli alberi occupano più della metà degli spazi, riduce le temperature fino a 2,2°. I servizi ecosistemici valgono fra 8,66 e 10,59 miliardi di euro persi ogni anno, a causa del consumo di suolo avvenuto dal 2006, stima ISPRA. L’Europa impone di azzerare la perdita netta di aree verdi urbane entro il 2030 e il loro incremento dal 2031.

Come fare? L’ISPRA ha tracciato una via: «Minimizzando gli interventi di artificializzazione e aumentando il ripristino naturale delle aree più compromesse», misure-chiave anche per l’adattamento agli eventi estremi. È un contributo fondamentale per affrontare le grandi sfide poste dai cambiamenti climatici, dal dissesto idrogeologico, dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, dal diffuso degrado del territorio, del paesaggio e dell’ecosistema, dalla perdita di biodiversità.

Questa puntata di L’Unica Alessandria termina qui. Se ti è piaciuta, condividila! E se pensi che ci sia una storia di cui dovremmo occuparci, faccelo sapere: ci trovi a info@lunica.email.

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